16 Marzo 2010, 07.00
O
Lutti

E' morto Alberto Ronchey

di Davide Mancini

All'etŕ di 83 anni scompare un grande giornalista, nonché ex-ministro dei beni culturali e ambientali.

 
E' stata una delle grandi firme del giornalismo italiano del dopoguerra, autore di diversi saggi sulle superpotenze della Guerra Fredda, setacciate personalmente lungo la sua lunga carriera che lo portò a ricoprire l'incarico di Ministro dei Beni Culturali dal '92 al '94 sotto i governi Amato e Ciampi.
Romano di nascita, scozzese di radici, giornalisticamente attivo giĂ  dal regime fascista, tempo in cui scriveva clandestinamente per la Voce Repubblicana, della quale divenne giovanissimo direttore.
 
Nel 1956 è corrispondente politico per il Corriere dell'Informazione e articolista per il Corriere della Sera.
Nel '59 l'allora direttore Giulio De Benedetti lo chiama a La Stampa dove verrĂ  inviato a Mosca come corrispondente, analizzando il disgelo sovietico negli anni di Krusciov.
La sua vita come corrispondente lo portò poi negli USA di Kennedy, nonché in Africa, Cecoslovacchia, India, Giappone, pur mantenendo sempre un attenzione meticolosa verso ciò che accadeva in Italia.
 
Nel '68 l'avvocato Agnelli lo richiama in patria a dirigere La Stampa, in un'era in cui il giornalismo godeva di una carica democratica mai vista e che non rivide piĂą, dando una sferzata al quotidiano torinese avvalendosi di inviati quali Arrigo Levi, Barbato, Garimberti, Tornabuoni, Piazzesi, Pansa, Zucconi.
Grande europeista, mai schierato con alcun partito e molto critico sia nei confronti della DC sia nei confronti del PC; diffidente verso le ideologie in anni difficilissimi, rimase sempre scrupoloso nel suo lavoro, guardando alla professione giornalistica con un occhio profondamente etico.
 
Inventore di diversi neologismi, dei quali fanno parte “Lottizzazione”, riferendosi al vizio dei partiti di spartirsi le nomine degli enti pubblici, soprattutto in RAI, e del termine “Fattore K” in riferimento alla presenza in Italia del più grande partito comunista d'occidente , che impedì di fatto una valida alternativa di sinistra al potere democristiano.
Nel 1977 fu destinato a sostituire Piero Ottone alla direzione del Corriere della Sera, ma la P2 di Licio Gelli mise il veto ai fratelli Rizzoli riguardo tale decisione, e non diresse piĂą alcun quotidiano.
 
Oltre ad una vita dedita all'alto giornalismo, nel 1992 venne nominato Ministro dei Beni Culturali, e lo ricordiamo qui per la grande rivoluzione legislativa che rivalutò i musei italiani, aprendo di fatto le porte alla partecipazione di privati nella gestione museale, prendendo spunto dal Metropolitan di New York; la legge del 14 gennaio 1993 che porta il suo nome si occupò soprattutto della gestione dei servizi aggiunti, quindi l'introduzione di book-shop, marchandising, bar, ristoranti, visite guidate, audiovisivi e audioguide, rilanciando così l'immenso patrimonio artistico italiano.
 
Questa manovra privatizzante fu però presa con consapevolezza e prudenza nei confronti del capitalismo dilagante, e questo lo si evince dal suo saggio del 1991 intitolato “I limiti del capitalismo”.
Nel 1998, lasciati gli incarichi di governo, lo vediamo direttore del gruppo editoriale RCS, e conseguentemente editorialista sempre nel Corriere della Sera.
Indro Montanelli considerava Ronchey «il giornalista europeo che più a fondo ha scavato nei problemi del mondo, che meno ha concesso al sensazionalismo e al colore»; e ancora «Gli dobbiamo alcuni dei migliori saggi apparsi negli ultimi trenta o quarant'anni nella carta stampata, non soltanto italiana, di politica, economia, sociologia (quella vera): frutto di lunghi soggiorni in tutti i paesi d'Europa, in America, in Cina, in Giappone, d'indagini da 007 nelle loro viscere, di attente e vaste letture».
 


Commenti:
ID1642 - 16/03/2010 09:13:00 - (Gino49) - In Rome consulitur...........

Senza mettere in discussione nessuno dei meriti di Ronchey, è però doveroso anche ricordare che fu lo stesso personaggio, allora ministro della Repubblica, a bloccare il progetto della ancora da completare strada di fondovalle, con la motivazione che la Valle Sabbia non necessitava di una simile deturpante opera di viabilità. Così come Lui la cosa la vedeva risiedendo a Roma.

ID1643 - 16/03/2010 09:33:00 - (ubaldo) -

Vero Gino49. Ricordiamo allora tutto: quel progetto prevedeva di realizzare sul lago d'Idro una impressionante serie di svincoli che avrebbero per davvero deturpato tutta la montagna che accompagna la sponda destra del lago (hai presente che sono già brutti da vedere tutti quei tralicci pitturati di bianco?). Il progetto era unico da Villanuova al Trentino e fu proprio per quel particolare, se non ricordo male, che arrivò lo stop dell'allora ministro Ronkey. Riccardo, tu che sei il nostro esperto, correggimi se sbaglio.

ID1644 - 16/03/2010 10:24:00 - (Gino49) - Vallis Sabbie .............

Grazie Ubaldo per le puntuali precisazioni e benvenute le stesse che vorrĂ  fornirci Riccardo.

ID1647 - 16/03/2010 12:56:00 - (g.v.p@libero.it) - Grazie sig. Ministro

Per come ricordo la vicenda, e per quanto fatto dall'allora Ministro, impedendo uno scempio colossale sul Lago d'Idro, gli sono per sempre grato. Ritengo inoltre che sarebbe doveroso ricordarlo, magari con un omaggio alla memoria. Sta alla sensibilitĂ  dei nostri amministratori, se riterranno opportuno, trovare il modo per porre in essere questa proposta. Gianfranco

ID1649 - 16/03/2010 14:37:00 - (Ricard53) - Così andarono i fatti...

L'allora ministro dei beni culturali Ronchey bocciò il progetto (su parere "vincolante" della soprintendenza bresciana), per due ragioni principali: 1) mancanza di motivazione per gli scarsi traffici in essere nei giorni feriali, con punte solo nei fine settimana; 2) eccessiva presenza di svincoli e di tratti all'aperto che modificavano sostanzialmente la percezione del profilo costiero avvertito dalla sponda opposta, con l'aggravante della motivazione indicata nel punto precedente. Anas e regione ricorsero al Consiglio di Stato che annullò il decreto Ronchey per vizio di competenza; infatti, si legge nella sentenza, il ministero non poteva mettere in discussione un'opera prevista dalla programmazione regionale ma solo valutarne l'impatto dal punto di vista storico, culturale e ambientale ed eventualmente concordare con gli enti preposti modifiche anche sostanziali al progetto iniziale.

ID1650 - 16/03/2010 14:51:00 - (Ricard53) - continua..

Sinceramente il progetto così come formulato era un obbrobrio e prestava il fianco a dure critiche. Il problema era che scontava una decisione presa in precedenza, di limitare i costi dell'opera entro i 300 miliardi di lire (tratto Barghe - Storo), con quei soldi si dovevano costruire tratti in galleria solo per lo stretto necessario. Gli svincoli erano la conseguenza del continuo sovrapporsi alla strada esistente e gli stessi tratti all'aperto, dove rimaneva praticamente una sola arteria, necessitavano di imponenti sbancamenti che sarebbero rimasti come una ferita indelebile nel corpo dell montagna. Comunque in seguito si riprese in mano il progetto e nel 2004 come Comunità Montana presentammo un progetto che, prevedendo lunghi tratti in galleria, tutta la strada in nuova sede e l'eliminazione di 6 svincoli, garantiva un ottimo inserimento ambientale. Adesso la palla è in mano agli attuali amministratori, speriamo bene, ma sono preoccupato.

ID1651 - 16/03/2010 15:49:00 - (Gino49) - Espugnatur

Grazie Ricard per le davvero esaurienti delucidazioni.

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