11 Giugno 2010, 07.42
Prevalle
Lettere

Lezioni di calcio a Prevalle

Sport giovanile: scuola di vita o trampolino di lancio per professionisti? Se lo chiede un genitore che ci racconta l'esperienza sua e di suo figlio.

 
Gentile direttore,
chiedo cortesemente spazio sulla sua rubrica per raccontare brevemente quello che accade presso la scuola calcio organizzata dalla Polisportiva Prevalle.
Sono il padre di un bambino di otto anni che frequenta da due anni questa scuola calcio.
Dico subito, e a scanso di equivoci, che il bambino non è sicuramente una promessa calcistica, ma ha passione e soprattutto è stato invogliato dal fatto che i suoi amici di scuola frequentano la stessa scuola calcio.
Il bambino ha giocato quest’anno nella categoria pulcini (vale a dire la categoria dei nati nel 2001) e nel corso dell’anno ha seguito gli allenamenti e partecipato al campionato di categoria.
La squadra ha ottenuto ottimi risultati, anche con il modestissimo contributo del mio bambino.
 
Terminato il campionato, alla fine di uno degli ultimi allenamenti, al bambino è stata consegnata una busta chiusa contenente le date dei due tornei estivi a cui avrebbe dovuto partecipare.
Tuttavia, mia moglie mi faceva notare che, scambiando casualmente le informazioni con gli altri genitori, aveva avuto modo di capire che il nostro bambino avrebbe partecipato a pochi tornei rispetto ai suoi amici.
Naturalmente ho dovuto “parare” non poco il disappunto (è un eufemismo) del bambino quando si è reso conto che non avrebbe condiviso con i suoi amici tutti i tornei a cui avrebbero partecipato i “pulcini” del Prevalle”.
Ho cercato di spiegargli (inventando) che i tornei per i quali era stato convocato erano i più importanti e pertanto doveva ritenersi soddisfatto e mettere da parte il risentimento.
 
In realtà, con mia moglie abbiamo commentato per niente bene l’atteggiamento della società, soprattutto per il fatto che qualcuno (allenatore o dirigenti) avrebbe dovuto mettere al corrente i genitori dei criteri adottati per selezionare la partecipazione dei ragazzi ai tornei estivi. Se non altro per poter i genitori, a loro volta, giustificare le scelte e rincuorare i ragazzi.
Forse si è dimenticato nella circostanza (o forse non si è dimenticato, semplicemente perché è mancata la dovuta sensibilità!) che un’esclusione (qualsiasi essa sia) porta con sé delle criticità (anche psicologiche) che un bambino di otto anni non può superare da solo.
Ho cercato di stemperare il clima dicendo a mio figlio di tenersi pronto e impegnarsi per i tornei a cui avrebbe preso parte, non ritenendo opportuno sollevare alcuna polemica.
 
Ma è proprio in occasione del primo dei due tornei che la vicenda ha assunto caratteri più marcati.
Nel senso che ritrovandomi con gli altri genitori, mi è stata fatta notare l’inspiegabile e ingiustificata scelta della società nei confronti di mio figlio.
Anche in quella circostanza, tuttavia ho fatto presente che non era mia intenzione sollevare polemiche, sebbene uno straccio di chiarimento lo avrei accolto volentieri dall’allenatore, prima o dopo, le partite disputate in quel torneo.
Lo stesso ritornello si è ripetuto ogni qualvolta in questi giorni ho incontrato dei genitori: “perché tuo figlio è stato escluso, perché non ti hanno detto niente”.
Riferisco inoltre che ad un genitore, il quale ha chiesto all’allenatore il motivo della esclusione di mio figlio, questi avrebbe risposto laconicamente: “ai tornei si partecipa per vincere!”.
Che dire! Non discuto la scelta tecnica (ho giocato anch’io a calcio e posso capire certe dinamiche). E’ giusto così, mio figlio è meno bravo degli altri.
Però i genitori devono sapere per cercare di minimizzare l’amarezza della esclusione.
 
La cosa non è finita qui.
Sabato 5 giugno mia moglie mi fa notare, leggendo i manifesti affissi per il paese, che la Polisportiva Prevalle festeggia la chiusura annuale della scuola calcio con la disputa della fase finale dei tornei di tutte le categorie.
A questo punto mi sollecita di chiedere spiegazioni. Perché, anche in questa occasione, l’esclusione del bambino, il quale naturalmente già sapeva che i suoi amici avrebbero giocato, perché la mattina a scuola gli avevano chiesto (i bambini, non l’allenatore!) di andare al campo con loro.
Mi reco presso il campo sportivo e in effetti capisco che si tratta di un evento: la tribuna è completamente piena (immagino di genitori che sono lì per festeggiare con i loro figlioli la fine della stagione calcistica).
Chiedo di un responsabile della scuola calcio e mi fanno parlare con un signore conosciuto di vista. Chiedo dunque a costui spiegazioni circa le modalità con cui sono stati selezionati i ragazzi per i tornei estivi.
 
Il responsabile mi risponde che durante il campionato si fanno giocare tutti, almeno un tempo per partita. Nei tornei estivi invece si fanno scelte tecniche e dunque giocano di più i ragazzi più bravi.
Gli rispondo fermamente che sarebbe stato opportuno spiegare queste cose ai genitori, piuttosto che consegnare a ciascun bambino una busta chiusa contenete l’elenco dei tornei da effettuare.
E soprattutto che sarebbe stato opportuno convocare gli esclusi in occasione della festa di chiusura dell’anno calcistico.
Chiedo al signore di cui sopra di provare a mettersi nei panni di un bambino di otto anni che durante l’anno ha fatto allenamenti e giocato con i suoi amici e che adesso, nell’ultima occasione per stare insieme in un giorno di festa, si vede costretto a restare a casa, non sapendo i genitori come spiegargli tutto ciò. Il signore mi risponde che i genitori sono stati avvisati dei criteri suddetti. Ribatto che dice delle bugie, perché non è vero, altrimenti ne sarei stato informato.
 
A questo punto il tal responsabile alzando il tono della voce e in maniera inopinata mi rivolge frasi volgari, che per decoro non sto qui a ripetere.
Inoltre vuol convincermi del fatto che noi genitori dovremmo essere grati ai dirigenti della scuola calcio per quello che fanno per i bambini (si vede!).
Dopo essermi “complimentato” per il suo impeccabile turpiloquio, tento di spiegargli che la “scuola” calcio dovrebbe innanzitutto “formare” i bambini, spiegando loro il fondamentale rispetto delle regole calcistiche e non, favorendo la socializzazione fra i ragazzi e soprattutto fargli capire che si tratta di un gioco (l’agonismo viene dopo: non a otto anni!).
Inoltre tento di fargli capire che è fondamentale, spiegare ai ragazzi, ma anche ai genitori, determinate scelte (soprattutto quando si tratta di escludere qualcuno).
 
Naturalmente queste elementari regole non sono conosciute dal signore in questione, se è vero come è vero che alla fine (dopo avermi apostrofato con epiteti superlativi) mi ha licenziato “consigliandomi” di mandare il bambino a giocare da un'altra parte o di “mandarlo a tennis”.
Fortunatamente i toni sono stati più civili con un altro responsabile della scuola calcio, il quale se non altro ha riconosciuto il fatto che sarebbe stato giusto invitare tutti i ragazzi della scuola calcio alla festa di chiusura della stagione calcistica, ferme restando le scelte tecniche dell’allenatore.
 
Questo è quanto.
Non mi sorprendo più del dovuto. I tempi sono quelli che sono. Mi rammarica solo il fatto di pensare alle “corse” che io e mia moglie abbiamo fatto durante l’anno per far frequentare al bambino la scuola calcio di Prevalle, pagando, alcune volte, una signora per accompagnare il bambino al campo, essendo noi impegnati con il lavoro.
Senza inoltre considerare l’amarezza di vedere un bambino solo e rattristato, costretto a vivere a distanza le partite dei suoi amici, anche nell’appuntamento finale della stagione calcistica.
Per il prossimo anno dirò a mio figlio di seguire la lezione dell’”ottimo” (ed esperto in turpiloquio) dirigente della scuola calcio di Prevalle (si tratta nientemeno del direttore sportivo (sic!), come ho appreso leggendo l’organigramma della società), e cioè di girare al largo o darsi al tennis o … all’ippica!
 
Salvatore Labianca
Prevalle
 


Commenti:
ID2292 - 11/06/2010 19:53:00 - (GabrieleVate) - e poi ci stupiamo dei bamboccioni....

eh si, perchè noi di una certa età (probabilmente siamo medievali o giù di li) quando ti escludevano mandavi giù il rospo, piangevi (ma da solo senza farlo vedere agli altri) e, incazzato nero, ti mettevi sotto ancor di più per migliorare. Ora no, ci siamo civilizzati e quindi occorre far superare le "critictà psicologiche" attraverso l'onnipresente mamma o babbo che mitiga con bugie la realtà. Ma fateli crescere 'sti figli e fategli sbattere il muso una volta ogni tanto, che mai nessuno è morto per questo!!!!!

ID2322 - 14/06/2010 12:21:00 - (vezzmar) -

Ha tutta la mia solidarietà Signor Labianca. Frequentando da qualche anno il mondo del calcio dei "piccolissimi" mi sono reso conto di quanti pseudo allenatori/dirigenti/tecnici (per non parlare di alcuni genitori) si autoconvincono di essere alla guida di squadre di serie A. Fortunatamente c'è in giro un sacco di gente onesta, che sa di insegnare a dei bambini che devono imparare da zero. Se vuole un consiglio trovi una squadra magari tra quelle che hanno fatto il campionato contro il prevalle e si informi con i genitori di quei bambini. E lasci perdere i commenti di chi non ha figli e parla solo per sentito dire....... Marco

ID2341 - 16/06/2010 13:23:00 - (Nikko) -

Caro GabrieleVate (mai nickname fu meno azzeccato), qui non si tratta di un brutto voto a scuola, ma di divertimento a livello di categoria pulcini! A cui tutti i bambini devono avere il diritto! Probabilmente anche lei da piccolo era un pulcino di qualche squadra di calcio, purtroppo invece di diventare esordiente, giovanissimo e via dicendo è retrocesso alla categoria uovo. Quante parole sparate a caso povero lei!

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