10 Settembre 2010, 07.00
O
Confronti

Ramadan

Il Ramadan č il mese sacro per i musulmani di tutto il mondo. Mese di digiuno, di preghiera, di meditazione.

 
Ogni Paese però ha tradizioni, usanze, cibi.
E così il Ramadan si riempe di colori, profumi e suoni diversi: dal cous cous alla pasta al ragù, dal tè marocchino alla kunafa egiziana. Io ho sempre vissuto questo mese nella mia terra natia: l’Italia.
Ricordo ancora i primi digiuni passati con mia cugina tra i banchi delle scuole medie, con i compagni incuriositi e il conto dei minuti rimasti prima del tramonto.
Vivere questo mese in Italia significa tante cose: ritrovare cugini vicini e lontani, mangiare insieme nelle moschee, pregare di notte con gli amici e poi andare a fare colazione di fretta nelle caffetterie prima che il sole sorga.
 
Vivere Ramadan in Italia mi fa ricordare le mie origini egiziane, arabe, islamiche.
Ma allo stesso tempo mi ricorda che sono nato in Italia.
Ritrovo la mia italianità nell’iftar, la rottura del digiuno, quando nel piatto trovo le lasagne, la pasta al pesto, la pizza.
Quest’ anno è la prima volta che passo il Ramadan in Egitto, il Paese della famiglia, di mio padre e di mia madre. Gran parte dei parenti vivono al Cairo.
Qui il Ramadan è diverso nei ritmi, nelle tradizioni, nell’aria che si respira.
 
E' un giorno simile al 25 Dicembre a Milano, tutto va a rilento: i negozi aprono alle 11 del mattino per chiudere alle 17 e poi riaprire di sera, mentre i dipendenti pubblici lavorano alle 8 all'una del pomeriggio.
La vera vita inizia dopo il tramonto. Le moschee accolgono i credenti per la preghiera del Tarawih, le strade si riempono, colme di persone tanto da fermare il traffico, gli automobisti parcheggiano in attesa che la preghiera finisca. Il centro cittĂ  viene attraversato da fiumi di gente indaffarata a fare compere o a passeggiare sul Kobri el Nil, il ponte che unisce le due sponde del Nilo.
Durante il Ramadan camminare al Cairo a notte fonda è come fare due passi a mezzogiorno: un inferno di macchine, negozi aperti, mini suq, caffè pieni di anziani e giovani che fumano in narghilè o bevono il tè, il shai, la bevanda più diffusa in Egitto.

Altri invece preferiscono la preghiera e la lettura del Corano nelle moschee.
Tutto questo svanisce al richiamo del muezzin, colui che chiama alla preghiera dell’alba. All’alba tutto tace, tutti riposano.
Digiunare qui è molto piu semplice, perchè gran parte delle persone si astengono dal cibo e dalle bevande.
In Italia però il Ramadan ha tutto un altro gusto. Certo, ci sono maggiori difficoltà, ma forse è proprio per questo che il digiuno è piu sentito e condiviso anche con gli amici di altre fedi: c’è un conoscersi a vicenda, raccontare il digiuno, spiegarne le ragioni, insomma è un'esperienza individuale ma anche collettiva e consapevole, un pilastro religioso su cui riflettere e confrontarsi.
 
Ramadan in Italia significa unirsi ancor di più, invitarsi a vicenda per il tramonto, conoscere nuove persone, è un'esperienza forte che in trenta giorni ti insegna la pazienza del digiuno, il dovere dell’ospitalità, la bellezza dell’aprirsi agli altri e raccontarsi.
Ecco forse cosa manca in Egitto: vivere il digiuno anche come un’esperienza di dialogo con persone di altre fedi, aprirsi alle persone, trovare i punti in comune.
Quel che cerco di fare anche qui è bere un tè con un cristiano copto o con un ebreo arabo e parlare di Ramadan, dello Shabbat, del Natale.
Ho conosciuto un cristiano copto nel mio quartiere. Ha una piccola lavanderia dove vado a lavare i vestiti.
La prima volta che l'ho incontrato mi ha salutato dicendomi "Assalam aleikum!" e mi ha fatto gli auguri di Ramadan.
 
Gli ho parlato dell’Italia e delle mie esperienze.
Siamo diventati amici.
E ora vado sempre da lui.
Questo e’ il bello di Ramadan, viverlo e raccontarlo.
L’anno prossimo il Ramadan lo passerò in Italia.
 
Di Omar Abdelaziz dal Corriere.it
 


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