24 Marzo 2011, 09.18
Odolo Provincia
La storia

Siderurgia bresciana, una continua evoluzione

di Giancarlo Marchesi

Un settore trainante dell’industrializzazione del Bresciano, sempre al passo coi tempi.

La siderurgia ha dato un contributo decisivo all’industrializzazione del Bresciano, permettendo alla nostra terra di essere annoverata, in questo secondo Dopoguerra, tra le prime tre province industriali italiane. Non vi è dubbio, infatti, che questo comparto abbia saputo più di altri settori produttivi adattarsi ai mutamenti che hanno interessato l’economia bresciana dal 1861 a oggi.

All’alba dell’unificazione, nel Bresciano il comparto siderurgico fu segnato da crisi ricorrenti, dovute alla forte concorrenza delle produzioni straniere. Tuttavia, se l’introduzione della tariffa doganale ispirata al libero scambio costrinse molti piccoli operatori a cessare la produzione, non pochi riuscirono a rimanere sul mercato, grazie alla disponibilità di minerale ferroso e di forza motrice a prezzi ancora concorrenziali.

Nel decennio successivo, circostanze politiche ed economiche di carattere straordinario fornirono nuova linfa a questa industria, tanto è vero che si registrò una crescente richiesta di prodotti siderurgici. Questo rese economicamente conveniente la ripresa della produzione locale: si riaccesero i vecchi forni, si potenziarono gli impianti in attività e se ne costruirono di nuovi. Nel 1872 i Gregorini misero in funzione un forno a Lovere, i Glisenti si assicurarono il forno di Tavernole e fu potenziata la Ferriera di Vobarno. Tuttavia, la favorevole congiuntura non venne adeguatamente sfruttata e, dopo una rapida ed effimera crescita, sopravvenne una profonda crisi: i vantaggi competitivi che per secoli il minerale di ferro e il carbone vegetale avevano garantito agli operatori bresciani svanirono per effetto dell’introduzione di sistemi produttivi più convenienti come, ad esempio, il rimpasto dei rottami. Toccati da questi mutamenti, i bresciani si avviarono verso una ridefinizione della propria siderurgia, che finì per favorire le realtà territoriali più facilmente accessibili, a scapito degli antichi centri montani.

Sul finire dell’800 furono promosse iniziative degne di nota: dalla Ceschina e Busi alla Tempini alla Franchi, realtà che potevano contare su impianti tecnologicamente aggiornati e collaboratori qualificati. Ma non solo: la scala dimensionale di altri operatori si incrementò rapidamente. L’irrobustimento dei maggiori protagonisti non cancellò tuttavia il tradizionale tessuto delle valli, fatto di piccole imprese familiari.

La mobilitazione legata alla Grande Guerra fornì un forte impulso alla siderurgia, che vide aumentare i propri addetti di oltre 5 volte. All’espansione produttiva si accompagnò una marcata concentrazione aziendale che vede protagonista la Franchi-Gregorini, che in quella fase toccò i 25.000 addetti. Al termine del confitto, le maggiori imprese furono, tuttavia, chiamate a pagare duramente quella euforia produttiva: la Togni fu ridimensionata e la Franchi-Gregorini smembrata. Tra le due guerre, alla pesante riconversione seguì una fase di ripresa che dovette piegarsi alla crisi del ’29. Toccò attendere il piano di riarmo per la guerra in Etiopia per vedere una nuova espansione.

Con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, la siderurgia locale fu nuovamente sollecitata da una domanda spinta dagli eventi bellici. Con la fine delle ostilità si ripresentò il problema della riconversione produttiva. Ma questa volta la ricostruzione post-bellica e il successivo boom edilizio fecero da volano alla domanda di tondo per cemento armato, che gli operatori bresciani furono pronti a soddisfare. Fino agli anni Settanta, per oltre un ventennio, la siderurgia bresciana beneficiò di una forte crescita, anche in termini occupazionali. In quella fase si consolidarono imprenditori come Lucchini, Leali, Pasini, Stefana e altri che, potendo contare sulla tecnologia del forno elettrico e della colata continua, riuscirono a superare la difficile crisi petrolifera del 1973-74. Negli anni Ottanta, le imprese che furono capaci di lasciarsi alle spalle il secondo oli shock rinnovarono anche il proprio assetto finanziario e gestionale. Nei lustri successivi, i bresciani sono stati tra gli attori più dinamici del settore, in grado di raccogliere le sfide competitive imposte da un mercato globalizzato. Non a caso, infatti, la siderurgia bresciana ha percorso la prima parte del nuovo millennio facendo incetta di record produttivi ed economici, prima confrontarsi con la crisi attuale che - è da scommetterci - potrà superere guardando alla sua ricca e lunga storia.



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