29 Giugno 2011, 08.00
Valsabbia
Persone

L’Alfredo

di Pino Greco

Lo sguardo di Pino Greco sulla Valle Sabbia di quelli capaci di penetrarla fino in fondo. In questi giorni si posato su Alfredo Bonomi, che va in pensione.

Prima al Polivalente dove ha concluso la sua carriera di preside, poi a Vobarno dove a rendergli omaggio per i quarant'anni di servizio alla comunità sono state le istituzioni, non sono mancate le manifestazioni di stima nei confronti di Alfredo Bonomi. Che quest'anno va in pensione.
Un traguardo che certo non sancisce l'abbandono da parte sua dell'impegno attivo nella società cui appartiene e che gli appartiene (ci aspettiamo semmai il contrario ora che se è possibile è ancora più libero di esprimersi), che segna però un passaggio importante.
Sarebbe ora, insomma, di dire e di scrivere quello che Alfredo è stato per la "sua" Valle Sabbia, o almeno di cominciare a farlo.
Compito tutt'altro che semplice.
Abbiamo chiesto una mano (una penna) a Pino Greco, anche lui uomo di scuola e non solo di scuola, che Alfredo l'ha conosciuto a fondo e a lungo.
Pino era presente fra gli altri amici e colleghi di Alfredo a Vobarno.
E ci ha mandato questo scritto.
Ubaldo Vallini

 
Situazioni così ne ho vissute tante.
Convegni, assemblee, celebrazioni. Gente assiepata dalla terza fila in su e lui sempre davanti, in prima fila. La postura poi è sempre quella: assolutamente composta. Forse un po’ rigida.
Look sorvegliato: completo di buon taglio e cravatta a tono. Sguardo assorto. Eppure…ma certo: l’agenda! Manca l’agenda posata sulle ginocchia. E quella stilografica incessante che annotava, sottolineava, riquadrava. Magari  avvicendata da una inconsueta  biro rossa. Ne ho viste passare decine di agende. Forse un centinaio. Una sorta di data-base recondito a supporto di una memoria di per sé prodigiosa. Una sorta di alter ego a cui affidare la codificazione di avvenimenti, osservazioni, proposte e  temporanei attori di incontri e confronti su argomenti proposti dalla politica, dalle agenzie  culturali, dal mondo dell’educazione.
Si fa fatica a immaginare l’allocazione ordinata di tutta quella roba, un po’ meno se si conosce la vocazione archivistica dell’Alfredo. Già, l’Alfredo Bonomi. Protagonista di un serata che ha riunito nella biblioteca di Vobarno mezza valle, fra presidi, docenti, sindaci e manager pubblici e privati. Un commiato istituzionale  per chi va in pensione dopo aver insegnato e diretto in Valsabbia per quarantacinque anni.
Ecco perché non serviva l’agenda. Stasera le parole non sono paragrafi o capitolati normativi. Sono un distillato di emozioni da centellinare in una beatitudine fugace, ma definitiva. Sono la sanzione di un riconoscimento lievitato nel tempo fra la gente delle istituzioni. Fra migliaia di alunni e famiglie. Fra i suoi colleghi presidi.            Mi chiedo quali ragioni  inducano a percepirlo come una specie di capostipite, come un archetipo identitario di una sequela di dirigenti che da Casto e da Vestone è poi rifluita nei centri della valle. Per quanto mi riguarda ne rintraccio due: la stima e l’amicizia.
 
Ci siamo conosciuti una mattina nebbiosa di  ottobre. Nel 1972. Nell’atrio della media di Vestone. Faccia serena da seminarista e mani robuste da montanaro. Rassicurante. Accanto a lui c’era  Aldo. Il Vaglia. Barbaccia cubana e l’Unità piegata nella tasca dell’eskimo. A ripensarci, in pochi metri quadrati avevo stabilito un contatto con i due poli esistenziali e culturali del mio percorso valligiano.
Con l’Aldo, di lì a poco avremmo messo in piedi la sezione comunista, riorganizzato il sindacato e perfino conquistato il Comune nel mitico ’75. Avremmo condiviso,  negli anni, esaltazioni e sconforti, cortei e funerali, ebbrezze conviviali e avversità familiari. Praticamente fratelli.  Di più, compagni.
Con l’Alfredo avrei infranto le barriere che, nella turbinosa militanza giovanile nel paese più rosso d’Abruzzo, mi avevano impedito di conoscere il mondo cattolico al di fuori di schemi e pregiudizi. Generalmente negativi. Diciamo che fu l’incontro di due tolleranze e di due curiosità. Per l’altro. Il diverso.
 
Il mio background aveva le stimmate del paese-fabbrica, delle occupazioni, della celere, dei minorati intossicati dal cloro, dell’yprite, delle discriminazioni per i figli degli operai. Niente pulmino per la scuola. Niente tennis. A Santa Barbara, tiro alla fune e corsa delle carriole, mentre ai figli degli impiegati  paste  alla crema  insieme  al Vescovo e i signori al Circolo. Ecco, diciamo che io mi portavo dentro delle rabbie proletarie e dei radicali  risentimenti per i democristiani di casa mia, invariabilmente ascari delle prepotenze padronali e opportunisti alla rincorsa di una nomina a capoturno,  di un alloggio popolare, di un posto per il figlio diplomato.
Con Alfredo scoprivo che l’elegia paesistica delle Pertiche, con i prati, le corne e gli squarci di cielo, erano un fondale mistificatorio per la dura fatica delle fienagioni su pendii scoscesi, per l’alea dei raccolti affidati alle nubi e alle tempeste. Per la perdurante ingerenza di affanni, ristrettezze, privazioni.
 
Certo non c’erano padroni, ma c’era il dominio dispotico della natura. Dalla frana che precipita al torrente che tracima, al tetto che viene giù per la neve, all’incendio che si propaga maligno, alle pestilenze che sistematicamente riempivano di croci i piccoli cimiteri e di ex-voto le nicchie delle cappelle.
Le famiglie erano piene di braccia, ma nel numero erano comprese  disgrazie, patologie comportamentali e guasti della consanguineità. Tutti  travagli da affrontare con rassegnazione cristiana, contando sulla fede e su un intervento della provvidenza. Impensabile un sindacato, superflue le ideologie, il welfare era assicurato dall’onnipresente partito mamma, la Democrazia Cristiana, e da una rete estesa di piccole mutualità, banche popolari, enti caritatevoli, ricoveri misericordiosi. La generosità sostituiva il diritto e, delle lotte, neanche a parlarne. Tuttavia l’Alfredo non mostrava sconcerto quando io rivendicavo decine di imputazioni raccattate nelle lotte  fra il ’68 e l’autunno caldo. Per adunanze sediziose, blocchi stradali e ferroviari, cortei non autorizzati, resistenze a pubblici ufficiali… Mostrava comprensione. Forse anche un tacito apprezzamento per quei gesti che a lui erano preclusi dall’educazione alla mitezza e dai convincimenti religiosi.
 
In fondo anche lui aveva patito le discriminazioni del montagnì, supposto come inadeguato a competere negli studi e nella professione con quelli di città. Obbligato a centuplicare gli sforzi per risalire la china della diffidenza e dell’alterigia altrui. Intelligenza e volontà lo avevano sospinto in cima, ma quel graffio è rimasto. Lo rivelano certe sottolineature di affermazioni e successi, enfatizzati con puntiglio e un sottinteso risentimento per la varia compagnia di scettici e denigratori.
Anche a scuola ci teneva a marcare il territorio delle sue competenze. Per la verità cospicue. Ma da colleghi si collaborava. Anzi, non mi dispiaceva  attingere alla sua esperienza già maturata sul campo. Ci accomunava la predilezione per le buone letture e per le più diverse espressioni dell’arte, per la funzione formativa di storia e geografia e per un approccio non assillante con i garbugli morfologici e sintattici. In ogni caso gli alunni, proprio come oggi prescrive la pedagogia più avveduta, erano delle persone e le loro famiglie un sussidio confortante per l’azione educativa.
Certo, qualche volta occorreva distinguersi. Spesso nell’adozione, che so, di un’antologia, quando io brigavo per quella dove, tra fischi del vento e urla della bufera, bisognava andare a “conquistare una rossa primavera”. Mentre lui inclinava per la conquista di “una bella primavera". Ma erano schermaglie, non conflitti. E poi lui a un certo punto mollava. Magari solo per stupire il conformismo bigotto che allignava nei collegi docenti. O forse perché la solidità monolitica del contesto poteva pur tollerare una concessione marginale alle smanie di indottrinamento di qualche insegnante comunista.
 
Nel giro di tre o quattro anni ha avuto l’incarico di preside. Non è cambiato nulla. Anzi gregarismo ed emulazione ci spingevano a dare il meglio per non creare problemi all’amico che aveva la responsabilità della baracca. Anni di entusiasmo, di impegno e di sperimentazioni inusitate. Laboratori sui quotidiani, sul fumetto, sulle vecchie fucine, sul teatro dialettale, ma anche sciamannati tornei di calcetto alunni- professori, senza limiti di tempo e di fair play. Escursioni verso ogni meta che fosse raggiungibile scarpinando di lena. Ristori senza merendine e succhi di frutta, ma a base di tostissime carbonare. Sbaraccate per soli adulti da Luciano, in val Duppo, benedette dall’immancabile vin santo di don Ottorino.
Poi c’erano le gite. Tre, quattro, cinque giorni. In tutte le città d’arte del centro e del meridione, a conoscere realtà ignorate dall’immaginario dei popoli che più tardi qualcuno avrebbe chiamato padani. Si preparava a puntino su testi, guide turistiche, semplici depliants. E così, oltrepassato il Po, ogni poco recuperava il microfono per un lezioncina estemporanea. Sui frutteti ordinati della Romagna. Sulle gobbe arrotondate degli Appennini. Sui borghi delle marche spartiti fra un costone eminente e il bagnasciuga adriatico. Sui casolari toscani incastonati fra vigneti e cipressi. Sugli sconfinati  uliveti della Puglia.
 
Nelle città dilagava. Un profluvio di dati e riferimenti su artisti, monumenti, signorie e personaggi illustri . Ma senza iattanza. Con quella modulazione didascalica che andava bene per primini e per professori moderatamente acculturati. Un riguardo particolare quando nel gruppo erano compresi i genitori. Non gli pareva vero di ostentare quel patrimonio di conoscenze al popolo terra-terra  dei capannoni, dei SUV, e delle ville al lago.
Fuori della scuola ci si vedeva poco. C’erano il Comune, la Comunità, i Lions, le fondazioni prestigiose di città. Non era un esagitato, ma aveva un cursus honorum già tracciato da percorrere sistematicamente, attento ad allacciare le relazioni giuste  e scansando le trappole della politica. Una predestinazione scontata per appartenenza partitica, per probità familiare, per studi, cultura e sapienza comunicativa.
Ma certi pomeriggi sciolti si perlustrava la valle, in lungo e in largo. Si girava per pievi, parrocchiali e sagrestie, ma non erano raid devozionali. Le chiese erano un deposito di eccellenze. Nelle arditezze architettoniche, nel fascino lussureggiante di quadri ed affreschi, negli altari cesellati, negli stucchi dorati. Perfino nel carisma garbato di certi parroci di comunità esigue, ma di insospettati orizzonti culturali. Come il mitico Don Giovanni di Auro.
Si girava anche per santelle. Comprese  le più derelitte. Ognuna con dietro una storia intrigante. E un auspicio di interventi restauratori. Capitammo anche  a profanare la quiete stagnante e ammonitrice del santuario di Barbaine .
 
Poi c’erano le dimore signorili, i balconi trompe  l’oeil  di Bione, i ruderi di Levrange, il leone di San Marco sotto un tetto di Alone. C’erano le fontane di Bagolino, i silenzi stranianti di Bisenzio, il maglio del rame a Lavenone, la cascata dell’Acqua Bianca sotto la maestà della Corna Blacca.
In ogni caso in tutte queste ricognizione lo stupore più grande era per la scoperta delle convalli. Ecco, le convalli. Piramidi rovesciate appiccicate al fondovalle da un torrente, da una strada, da un fenditura nella roccia. Poi orizzonti che si aprono alla luce e alle opere degli uomini man mano che si risalgono pendii e tornanti. Fino a impattare nella strepitosa prominenza delle corne. Cattedrali impressioniste che catturano e rifrangono il sole tra creste, pinnacoli e valloni.
Le Pertiche sono due convalli. Una guarda a sud est, l’altra è rivolta a nord est. Quella dell’Alfredo si chiama Pertica Bassa. Un comune. Cinque paesi. Seicentonovantotto abitanti.
Un giorno, forse vincendo una ritrosia recondita, mi invitò nel suo sancta sanctorum. La sua casa  di Avenone. Oli, acquerelli, stampe di ogni epoca, affreschi staccati da qualche sagrestia, sculture in metallo, legno e terracotta, diplomi e attestati, attrezzi contadini, cartoline da ogni parte del mondo, una inquietante esposizione di chiavi, di ogni foggia e misura. E libri. Libri allineati, libri accatastati, libri sparsi su sedie e sgabelli.  Libri aperti e sottolineati fittamente in rosso e blu.
 
Ma, soprattutto, il centro di gravità del suo universo affettivo. Una madre anziana, ma viva. Levigata dal gelo e dal sole. Ma dallo sguardo fermo e morbido. Una madre premurosa, ma risoluta. Discreta, ma arguta. Una madre che aveva cresciuto uno stuolo di figli. Avviandoli agli studi e alle professioni . Una donna devota e timorata, ma pronta ad accogliere sbandati e partigiani di altre fedi, confini e ideologie. Una madre che non dissimulava una predilezione per il suo fragile settimino, cresciuto fra la polvere dei libri piuttosto che fra i boschi di larici e castagni.
Dall’incontro di quel giorno, mi sembrò di recuperare il codice per penetrare la cortina del riserbo di Alfredo. Per conoscere l’essenza di un temperamento che era la cifra stilistica dell’amico, del preside, del politico. Una volontà di acciaio rivestito di morbido burro. Il burro dell’accondiscendenza, della comprensione, dell’humor, dell’indulgenza e della illimitata disponibilità.
A metà degli anni ottanta, trasferimento a Vestone. Non fu più la stessa cosa. Avevamo imparato a cavarcela, ma il susseguirsi di Presidi da fuori ci convinse a cambiare aria. Nel giro di qualche anno io, Rino, Valerio e Andus partimmo per altrettanti incarichi in valle e altrove.
Diradarono le occasioni di incontro. Ci si trovava più facilmente  a Brescia in mega adunanze per dirigenti. Certe telefonate estemporanee per capire l’ultima circolare si allargavano fatalmente ad una ricognizione su figli, salute, viaggi, acquisti di quadri e tappeti, nozze e separazioni nel giro degli amici. Provvidenziali capitavano perfino i funerali. Qualche matrimonio. E poco più. Ma non ci si è persi mai di vista.
 
Del resto Alfredo aveva raggiunto importanti incarichi istituzionali, con il corredo di una insistente e intrusiva esposizione mediatica. In fondo di lui si sapeva tutto. L’avvicendarsi di presidenze. Il destreggiarsi fra gli schieramenti. Il black aut del ’92 con lo sgretolarsi della DC e l’esaurirsi di quel percorso che tutti si pronosticava arrivasse prima o poi a Roma.
Gli anni che seguirono furono la tenace riconquista di una preminenza che, negata dalle urne, fu conclamata in decine e decine di convegni, simposi, mostre, inaugurazioni di musei e restauri di opere d’arte. Il Bonomi come relatore enciclopedico per ogni aspetto rimarchevole della storia culturale e artistica della valle.
E poi  non c’è artista, scrittore, pittore, scultore, che non sia passato dal Bonomi per una presentazione, una recensione, una segnalazione su pubblicazioni e bollettini comunali . Credo che non si sia mai negato. E non per una mania presenzialista. Semplicemente perché il mondo dell’arte è sempre stato un richiamo irresistibile. Sia quello alto, sia quello popolato dai mille epigoni che, deragliando dall’opacità e dal piattume, cercano di cogliere una favilla di creatività impiegando una laboriosa e onesta manualità.
L’ultimo approdo è stato il Polivalente. Il Polivalente è una sua creatura. Conosco bene la storia. Una vicenda che risale a una trentina d’anni fa e che vedeva la valle spaccata. Alfredo su e tutto il resto giù. Alla fine ha vinto lui.
 
In fondo il Polivalente rimane una stupenda anomalia, concepita più per soddisfare un’utopia che per dare corpo a un progetto strategico e funzionale. Fin troppo facile, all’epoca, preconizzarne il fallimento. L’hanno fatto in molti. Non è avvenuto. Si resta stupefatti, oggi, nell’osservare l’assortimento delle attività e quello degli interessi suscitati tutt’intorno, fra i giacimenti e i fermenti culturali della valle. Il merito va a quei presidi che nell’ultimo decennio sono arrivati al Polivalente per lasciare una segno. In particolare all’Alfredo.
Metabolizzati gli insuccessi elettorali ci voleva una scuola complessa, impegnativa, per restituirgli il gusto della dirigenza. Nella dimensione umana, con la gestione di un personale numeroso e variegato. Sotto l’aspetto tecnico-professionale, con l’amministrazioni di risorse  non sempre adeguate, per realizzare progetti e interagire con il territorio. Come dire: pane per i suoi denti. Senza contare una complessiva serenità che offriva tempi più agevoli per far rivivere antiche frequentazioni.
Negli ultimi anni, purtroppo, m’è capitato di rado di sedere nel suo mega ufficio di Idro Le occasioni non sono state sprecate . Fascicoli richiusi, interni avvertiti e cellulari spenti. Mezz’ora. Magari un’ora intera. Comunque proficua. E non per l’elevatezza degli argomenti, bensì per le suggestioni che scaturivano anche dal più banale dei “ti ricordi?”. Alfredo aveva quella particolare attitudine all’ascolto che disarma ritegni e diffidenze, assecondando la confidenza che aiuta a vuotare il sacco. In pratica un confessore laico alieno da biasimi e censure. L’opportunità di ricevere pareri e ammonimenti da una persona fidata. Da un amico.
 
Ci pensavo giovedì quando, tenendo il microfono tra le mani giunte, gli occhi rivolti in alto, Alfredo ha salutato e ringraziato i presenti.
Quarant’anni fa ci si scherzava su quell’aplomb da monsignore.
L’altra sera, il viso asciugato e intenso, le mani più affilate, l’intonazione pacata e allusiva, gli conferivano una ieraticità squisitamente cardinalizia.
 
S.Felice d.B.  Pino Greco
 
 


Commenti:
ID10901 - 29/06/2011 10:24:41 - (Aldo Vaglia) - Ciao Pino

Caro Pino, quanta inutile acqua e' passata sotto i ponti. I vecchi vivono di ricordi, i giovani di speranze. I nostri ricordi sono i Berlinguer e i Moro col loro "compromesso storico". L'aristocratico sardo, possessore di un'isola, che voleva un mondo fatto di persone con uguali opportunita' e che metteva a fondamento della politica legge e moralita' e' stato sostituito dai D'Alema e dai Rutelli che per farsi la barca sono disposti a tutti i compromessi. ( anche a quelli antistorici). L'eredita' dei democristiani raccolta da fascisti, leghisti e filibustieri ci lascia nella piu' totale desolazione.Solo opportunisti e faccendieri ne hanno ricavato vantaggi.Anche se al fondo non c'e' mai limite i giovani hanno speranze: migliorare in queste condizioni non puo' essere molto difficile.

ID10902 - 29/06/2011 10:42:33 - (Aldo Vaglia) - Ciao Alfredo

Dimenticavo di salutare l'Alfredo e dargli il benvenuto fra noi pensionati. L'abbiamo atteso con impazienza, ma anche per lui il giorno fatidico e' arrivato. Caro Alfredo, non preoccuparti non e' la fine, e' il meritato riposo, e' la possibilita' di fare cio' che si e' tralasciato, per ipotetiche cose piu' importanti o anche di oziare senza che qualcuno abbia a rimproverarci.

ID10904 - 29/06/2011 11:58:59 - (Super Giovane) -

meglio oziare in pensione che tra i banchi di scuola...................

ID10908 - 29/06/2011 12:54:03 - (Aldo Vaglia) -

Super Giovane, hai perfettamente ragione. Una sana autocritica non fa mai male.

ID10910 - 29/06/2011 14:14:54 - (gufetta) - Magnifica penna

Uno stralcio di storia vissuta che guida e passa. Adesso scuotersi e andare oltre. Grazie.

ID10911 - 29/06/2011 14:20:33 - (max weber) - ...il valzer del vecchio che avanza....

il vero problema è che la pensione dovrebbe trasformare l'uomo in un pozzo di ricordi da esternare al giovane curioso...qui, invece, temo che la pensione venga scambiata per la promozione al soglio pontificio...sono curioso di sapere, pur con tutta la stima, quali altre chicche potrà dare il papà della cultura sabbina, che da sempre (45 anni sono tanti, sapete?) tiene le redini di una valle ignota ai più e vuota di sapere...spero solo che ora che veste la papalina anagrafica, Alfredo possa liberarsi dalla necessità di dimostrare che "anche i montagnini hanno cultura" e riesca ad acquisire una nuova oggettività, magri anche autocritica...

ID10914 - 29/06/2011 16:06:11 - (Aldo Vaglia) - Per Max weber

Caro weber, vedo e concordo con le tue osservazioni, per la verita' le avevo gia' anticipate. A noi i ricordi, a voi la costruzione del futuro. Anche se non saranno tutte perle di saggezza(come tu affermi), quali lasciti avra' la Valle, se non l'impegno e il lavoro di ignoti valsabbini e la memoria di alcuni noti tra cui spicca il prof. Alfredo, che certo avra' i suoi punti di vista, le sue opinioni, i suoi limiti, ma e' stato capace di un racconto, che partendo dagli scritti del Comparoni, del Riccobelli, del Vaglia e' giunto fino ai giorni nostri descrivendo la Valle, nelle sue bellezze e nelle sue virtu', con un linguaggio piacevole e erudito? Altri potranno migliorare e completare il racconto, per il momento e' quanto di piu' attuale e completo abbiamo a disposizione. Facciamone tesoro.

ID10915 - 29/06/2011 16:23:59 - (max weber) - scusa, sai, Aldo, ma stavolta no, non è cosi

Dice Sherlock Holmes: il lavoro dello storico parte dai dati per arrivare alla ricostruzione della storia, come l'investigatore...la teoria preconfezionata che cerca le prove della propria validità è un'altra cosa...forse è cara al giornalismo d'assalto, alla volontà di indottrinamento cui fa riferimento Pino nell'articolo, forse anche alla celebrazione di mitiche quanto infondate radici...ma quella non è storia...è un punto di vista. E allora diciamo pure che Alfredo è stato un maestro del suo punto di vista, la storia è altro, anche e soprattutto quella della valle sabbia...ciò che hanno scritto i dilettanti alla Comparoni, Riccobelli, Vaglia e Bonomi (e non lo dico in senso dispregiativo, tutt'altro, in maniera schopenaueriana ossia coloro che si dilettano di fare storia) non è proprio la verità...forse saranno sempre fonti, parzialmente attendibili, troppo innamorate di se e della propria valle per

ID10916 - 29/06/2011 16:25:10 - (max weber) - essere oggettive...

Comunque, auguri al professore per la sua Pensione, e speriamo che prima o poi qualcun altro possa finalmente vedere il suo archivio

ID10921 - 29/06/2011 18:29:39 - (Ricard53) - Non sono distante da Max.

Decidere cosa sia storico o meno riferendoci, nel presente, a soggetti e e avvenimenti ancora in svolgimento è un azzardo. Altra cosa è valutare la storia di un uomo e gli effetti dei suoi pensieri, delle sue opere e delle sue azioni. Ho conosciuto Alfredo Bonomi sul terreno della politica, eravamo su fronti opposti e credo che non ci siamo risparmiati nulla. Lui colpiva di fioretto, ma poteva fare anche più male di chi usava la clava, andava fronteggiato con arguzia. Come politico era un accentratore e forse non ha ottenuto tutto quello a cui poteva aspirare, ma così è la vita, altri sono stati più abili nel trovarsi al posto giusto nel momento giusto. Dobbiamo riconoscergli una grande competenza se parliamo delle tracce che la cultura di molti conterranei ha lasciato in valle. In questo è il vero e moderno storico della Valle Sabbia, ma se parliamo di storia dobbiamo attendere, altrimenti, come dice max, è solo un punto di

ID10922 - 29/06/2011 18:38:42 - (Ricard53) - continua.

vista. Una cosa però mi è sempre rimasta impressa, l'aspetto mite, quasi inoffensivo, che contrastava apertamente con la sua risolutezza. Per chiunque lo fronteggiasse era un grave errore sottovalutarlo. Di lui penso che sentiremo ancora parlare.

ID10923 - 29/06/2011 22:04:49 - (delirio) - TUTTA COLPA D'ALFREDO

CANTAVA IL VASCO

ID10933 - 30/06/2011 17:06:00 - (lz) - Complimenti a Pino Greco- LZ48-

Un ritratto eccellente di Alfredo, denso ed affettuoso che ne mette in risalto con misura ed equilibrio il profilo umano, culturale, professionale e politico. Uno scritto che rappresenta uno spaccato di vita valsabbina, una possibile chiave di lettura di tanta storia della valle degli ultimi 40 anni. Non ho la competenza per addentrarmi nel dibattito di Vaglia, Max Weber e Ricard53 ma mi pare riduttivo e forse prematuro valutare sopratutto il ruolo del Bonomi "storico", per cui mi limito a considerare importante e significativo il contributo di Alfredo alla crescita della Valle Sabbia e sono certo che non finirà qua. Se poi la nostra amata valle registra ancora gap e carenze di varia natura questo lo si deve anche al disinteresse, alla disattenzione di tanta gente che si dedica quasi esclusivamente ai propri legittimi interessi, trascurando altri elementi utili per una crescita complessiva. La domanda è cosa possiamo fare per migliorare in questa direzione.

ID10941 - 30/06/2011 22:00:10 - (Giacomino) - Vorrei

avere per la Valle Sabbia la stessa considerazione che aveva, e tuttora spero che abbia Alfredo Bonomi.

ID10981 - 03/07/2011 13:02:18 - (Morrissey) -

L'unica cosa buona della vecchiaia è che la gente prima o poi viene mandata in pensione.

ID10991 - 03/07/2011 20:43:36 - (Morrissey) - @ aldo vaglia

sentire il prof Aldo Vaglia (che nemmeno si presentava in classe) che fa ironia sull'oziare a scuola è una delle cose più belle di questo sito!

ID10996 - 03/07/2011 23:34:28 - (ubaldo) - per Morrissey

Per favore Morrissey, visto che continui a prendertela con persone che hanno un nome ed un cognome, abbi la cortesia di firmarti con nome e cognome anche tu. Altrimenti astieniti. L'anonimato è accettato a patto che si esprimano opinioni in merito alle questioni sollevate dagli articoli. Ora sai anche questo.

ID11011 - 04/07/2011 13:55:23 - (Aldo Vaglia) - Per Ubaldo

Ubaldo grazie, ma lascialo perdere e lascialo scrivere. Il mondo e' pieno di questi personaggi e Vestone non fa eccezione.

ID11040 - 05/07/2011 13:10:28 - (Aldo Vaglia) - Continua

Gli inetti hanno sempre qualcuno da accusare per la loro miserevole esistenza, per essi non vale il motto " chi e' causa del suo mal pianga se stesso". La colpa e' sempre di altri, la famiglia, la scuola, la societa'. Per il nostro e' il suo ipotetico insegnante di Educazione Tecnica delle medie.

ID11165 - 13/07/2011 12:48:10 - (parcifes) - ho ascoltato Bonomi

Il sig Vaglia non so chi sia, ma ho avuto modo di seguire una lezione di Bonomi, personalmente non mi ha annoiato (anche perch la storia il mio hobby) per mi dava l'impressione che anche per lui, la storia fosse un suo hobby, pi che avere un approccio da studioso intendo, per forse parlava a gente ignorante e si era adeguato.

ID11166 - 13/07/2011 14:28:28 - (Dru) - Hobby o professione ?

Di Fermat dicevano che fosse un eccellente dilettante e che praticasse la matematica per hobby, ma sappiamo tutti che genio fu per la matematica quest'uomo. Sinceramente non capisco questa scissione o spartitraffico celebrale e vedo molto dell'ambiente scolastico nel definire Bonomi esperto o dilettante storico, che vuol dire ? C'è un esame specifico per cui si diventa professionisti della storia , come c'è un momento in cui si diventa maggiorenni davvero e non per anagrafica ? Capisco che l'ambiente è di quelli che non si emanciperà mai e dalla forma per entrare nella sostanza, sempre e condizionatamente sotto esame. Ma un poco di umiltà , c'è chi vi ascolta e l'esame lo fa a voi, mai realmente abituati a farvene anche fosse solo di coscienza.

ID11219 - 15/07/2011 18:25:30 - (Aristofane) - eppure...

Eppure mi sembrava che il commento di Super Giovane fosse una bella botta di ironia mirata a qualcuno in particolare. Allora forse ho capito male io. Quanto all'anonimato, io su queste pagine ci ho visto commenti ben peggiori nascosti dietro alla tendina del nickname. Entrando nel merito, può darsi pure che max webber abbia ragione, ma attualmente non vedo persone del calibro di Alfredo Bonomi in grado di "ereditare" la sua posizione. Un saluto pieno di rispetto va a lui che è un pozzo di conoscenza dal quale tutti dovremmo attingere. Un saluto anche a Pino Greco, che è stato mio insegnante, una grande penna e soprattutto un grande cuore.

ID11230 - 16/07/2011 10:47:00 - (Aldo Vaglia) -

Ironia per ironia, caro Aristofane, ai servetti menestrelli si addice di piu' De Andre' col suo "nano" che Battiato.

ID11317 - 18/07/2011 10:48:32 - (max weber) - aristofane e dru, difensori dell'occulto

per dru: non c'è un esame, ma c'è l'onestà intellettuale...forse nell'800 o fino alla prima metà del 900 o in alcuni posti, se vogliamo, arretrati, fino a qualche anno fa il dilettante poteva essere il migliore. Ma io ti chiedo: ti faresti operare da un chirurgo cardiaco dilettante dal momento che non esiste esame di stato per diventare medico??per aristofane: l'erede non lo vedi perchè nessuno vuole che lo si veda. La valle parla solo la lingua della comodità politica e del lignaggio famigliare....questo è il problema, con buona pace di tutti i soloni che anche qui si rincorrono...scienziati e studiosi, anche valligiani, ce ne sono, io per quanto riguarda storia dell'arte, storia e archeologia ne conosco almeno due che da anni pubblicano in Italia e all'estero, sono stimati, uno ha addirittura un ruolo nazionale....me ora vi sfido: chi mi sa dire chi è??

ID11333 - 18/07/2011 14:21:14 - (Dru) - Per Max Weber

Forse mi sono spiegato male, ma non credo che siamo in una dittatura del pensiero e Bonomi, che io per altro non conosco né direttamente né indirettamente, non fa il chirurgo ma l'insegnante e il preside e come suggerisce il buon Aristotele nell'etica Nicomachea, il modo di procedere della storia non è scientifico allo stesso modo in cui sono scientifiche la fisica e la matematica (le quali procedono attraverso sillogismi che partono da premesse vere ed evidenti), me è scientifica quanto lo consente il suo oggetto, ossia «cose solo per lo più costanti». La “storia” può pertanto essere detta ‘scienza’ in quanto il suo grado di scientificità è adeguato alla natura del proprio oggetto. Essa procede cercando di riconoscere la parte di verità contenuta nelle concezioni comuni.

ID11336 - 18/07/2011 15:04:19 - (max weber) - e questa, però, caro dru è la base della ditattura

forse fino a Gentile la storia altro non era che individuazioni delle costanti....e loro interpretazione alla luce delle singole interpretazioni.Poi, però, grazie alla diffusione della cultura anglosassone, anche l'Italia ha dovuto aprire il proprio orizzonte a chi ha oggettivizzato la storia, codificando il principio dell'evoluzionismo...e allora la storia diventa scienza, che si serve di scienze che la fanno crescere in quanto si basa su sillogismi dimostrabili e non solo intepretabili...il resto è politica, è dominio delle masse di un'oligarchia che pensa di essere depositaria della verità....atteggiamento tipico di tutte (tutte) le religioni e dei partiti a vocazione religiosa come i Taleban o la Democrazia Cristiana o il materialsimo marxista....e qui viene meno la celebrazione della massima espressione della vecchia storia, che io celebrerò quando saprò che ciò significa poter finalmente voltare pagine

ID11338 - 18/07/2011 16:10:30 - (Dru) - Questa è la base della libertà.

Immagina un mondo in cui a parlare sono solo quelli qualificati a farlo. Non parlerebbe più nessuno, forse sarebbe un bel mondo in cui vivere , ma certo è il mondo del determinato , determinato all'eccesso della qualifica, il mondo che neanche tu , se ti sforzi un attimo a pensare, vorresti. Il vostro esortare alla professione con qualifica mi ricorda tanto il Savonarola .....io sono per un mondo diverso, il mondo è per un mondo diverso, dove tutti parlano liberamente e da questa libertà di parola scaturiscono le più belle trasformazioni e operazioni.Le nuove tecnologie dovrebbero averti già chiarito questi aspetti: go and down, vai e torna , apri e chiudi. Quello che esortate voi, censori del Bonomi, è un ritorno al medioevo, dove vige il rispetto e la devozione , un mondo fermo, forse silenzioso, ma fermo. Adesso il mondo è molto chiassoso e rumoroso, ma che produzione ragazzi che produzione.

ID11340 - 18/07/2011 17:13:11 - (max weber) - non sono un censore del Bonomi...

sono solo uno che ritiene che il Bonomi non sia questo grande storico...certo, nel paese dei ciechi....ma qualcuno abbia il coraggio di dirgli che lui ha un occhio solo...e a volte un po' pure miope....poi, parlino tutti, ma allora siano tutti! non solo i soliti! perchè (citazione dotta) tutti non sono troppi....ma per voi estimatori di Bonomi solo uno è tutti...e chi non la pensa come lui è perchè è geloso.....sicuri?? Io non credo nella qualifica come lasciapassare, ma nella verità come fine e nella storia come scienza, non come mezzo di celebrazione di sè e di finte e mitiche radici....perchè è dai bonomi di scuola leghista che è nata la balla dei celti come radici della padania, o l'idea che 2000 anni di religione possano essere considerate radici di un continente le cui culture nascono almeno con la fine del mesolitico (10000 anni da oggi)....chi è il censore quindi??

ID11341 - 18/07/2011 17:42:19 - (Aldo Vaglia) - Per max weber con solidarieta'

Caro Max, per fortuna che una volta mi hai dato del don Chisciotte, mi sembra che i mulini a vento li hai trovati anche tu.

ID11351 - 19/07/2011 07:44:39 - (Dru) - Non conosco Bonomi - Punto -

Alt , io di Bonomi non ne conosco e se debbo essere sincero la casta dei professori non mi è particolarmente simpatica, perchè autoreferenziale e poco incline all'approfondimento, ripetitiva per natura e cicli scolastici. Se le parole hanno un senso tu Max hai palesemente cercato di censurare questo Bonomi e le sue storie dipingendole di un manto di ipocrisia. Poco male , assumetene la responsabilità, ma non ribaltare i termini del contendere altrimenti diventa impossibile qualsiasi discussione, perchè contraddittoria. Aldo , mi devi spiegare cosa significa questo tuo epigramma, non lo capisco e dire che il Don Chisciotte è stata la mia prima lettura seria, sei certo di averne capito il significato? :-)Sono altresi incline a ritenere un pensiero mio quanto dice Max sopra . "...qui, invece, temo che la pensione venga scambiata per la promozione al soglio pontificio..." la lettura di Pino e gli auguri di Aldo mi hanno fatto pensare la stessa cosa.

ID11359 - 19/07/2011 13:17:05 - (Dru) - Oltre il tutto, complimenti alla penna di Pino

Devo comunque inchinarmi al fraseggio narrativo di Pino che , sciolto da retorica, giusto per parafrasi, è gustosissimo.Sono immerso nella scrittura di John Fante e la polvere di Kerouach, degli stivali consumati dai giovani americani, all'aperto, giusto per crescere e diventare uomini, o solo per essere eternamente giovani, così mi sembrano queste generazioni di professori cresciuti all'ombra di ideologie e "pomeriggi sciolti".

ID11363 - 19/07/2011 14:18:18 - (Aldo Vaglia) - L'inutile lotta dei visionari

Per Dru. Il tuo intento pedagogico come quello di weber trovano un muro di gomma fatto di omuncoli che per compiacere qualcuno devono denigrare altri. Sperano in questo modo di ottenere vantaggi che li favoriscono nella loro scalata alle funzioni dirigenti. In genere ottengono risultati solo in politica. Questi sono i vostri avversari non i vecchi che se ne andranno per conto loro. La lotta e' comunque impari e il risultato scontato, i piu' intelligenti in genere si ritirano.

ID11449 - 21/07/2011 10:42:47 - (max weber) - scusate, ma forse state travisando

io non censuro chi scrive, dico solo che va letto per quel che vale. Se così non fosse, e se non ci fosse stata una lettura oggettiva dei fatti, saremmo ancora qui a dire che discendiamo da Adamo ed Eva, che il mondo nacque poco prima del Diluvio di Noè o che i dinosauri erano bestie che vivevano insieme agli uomini....per dirla breve, se vogliamo parlare delle cose della valle, se dessimo tutta questa fiducia cieca alla lettura emotivamente coinvolta di Alfredo (che peraltro io stimo come "storico locale" nella piena accezione del termine) dovremmo pensare che la valle per i Veneziani fosse fondamentale (per fare cosa??) che i Boscaì possano quasi quasi essere gli omologhi del Piranesi che però operano su legno (ma chi li conosce oltre la valle?? e non è solo marketing...) o che la chiesa parrocchiale di Vobarno sia sempre stata girata in questo modo (quando le prove dicono il contrario)....

ID11450 - 21/07/2011 10:46:50 - (max weber) - e questo è solo ciò che mi viene ora in mente

anche perchè non passo il tempo a leggere o studiare i suoi tanti scritti. Potremmo però pensare a quei cervelli che si occupano di arte e storia che dalla valle se ne sono andati (e sono un po', sapete?) e che in valle non tornano nemmeno di riflesso, perchè quando ci trovano si trovano davanti al giudizio tranciante di questi "storici locali" fuori tempo massimo (perchè la celebrazione di Alfredo ne ha creati molti altri)...forse, se un appunto gli si può fare dal punto di vista culturale è di non aver fatto quello che poteva fare, ossia quel Mecenatismo culturale utile a far crescere in zona i giovani che si occupano di arte e cultura senza temerli se più preparati, accreditati o bravi di lui...e non faccio nomi, per non tirare in mezzo gente che probabilmente non legge nemmeno questi blog, ma se volessi almeno 4 o 5 li potrei fare sicuramente...e, vi assicuro, lui troverebbe da ridire

ID11451 - 21/07/2011 10:48:15 - (max weber) - mentre i suoi estimatori e seguaci

chiederebbero "Carneade, chi sono costoro? perchè in valle non li conosce nessuno se non i famigliari? perchè non vengono qui, che troverebbero porte aperte?" e allora basterebbe rispondere: ma ne siete proprio sicuri????

ID11454 - 21/07/2011 11:17:37 - (Dru) - ...è io ribadisco che il valore di una persona e il suo lavoro non si misurano solo in qualifiche o premi Nobel

Ma accetto di aver travisato un improbabile pregiudizio nel leggerti , per il resto sono d'accordo con te Max,e concludo con una frase di uno storico insigne , Jacob Burckhardt : " La storia tramanda molte cose degne di essere note ma è la più non scientifica delle scienze, non raggiunge conclusioni indiscutibili, ma solo rispondenti a certi intenti che si possono discutere, correggere, integrare". Ma questa è una delle opinioni a riguardo , non certo la verità. Fine.

ID11459 - 21/07/2011 12:09:09 - (Ricard53) - Per max e Dru.

Pur riconoscendo all'Alfredo indubbi meriti in quanto attiene alla sua azione politico/culturale, il suo limite, se vogliamo, è sempre stato il ripiegarsi su se stesso, quasi con un bisogno di autodifesa o centralità che ne hanno limitato i confini. In fondo è un problema comune dei protagonisti in valle.

ID11469 - 21/07/2011 14:41:29 - (Aldo Vaglia) - Per max weber

Le tue fondate critiche sul modo di fare storia mi trovano d'accordo. La storia, pur non facendo parte delle cosi dette scienze esatte, deve avere caratteristiche di scietificita' per essere considerata tale. Non e' una raccolta di francobolli. Dove dissento e' nelle conclusioni e nelle responsabilita'. Sembra, seguendo il tuo ragionamento, che qualcuno occupi posti che non gli competono e il solo lasciarli liberi fa in modo che vengano presi da persone piu' capaci. Ti riporto alcune frasi del Comparoni su cui vorrei una tua riflessione. In fondo il tema non e' dissimile da quello che tu proponi. ......... "Una storia che abbraccia piu' secoli, e descrive il nascimento la durazione de' regni, di repubbliche e d'imperi puo' con la sua ampiezza e varieta' somministrare un numero grande di fatti e persone che si segnalarono; ma la storia particolare delle terre e popolazioni, in cui si vive, se non presta una si ampia materia, e' di lunga mano piu' efficace a

ID11471 - 21/07/2011 15:04:22 - (Aldo Vaglia) - continua

eccitare l'emulazione........ le storie particolari furono percio' scritte, e vennero avidamente lette, massime nell'Italia, e quasi che le storie delle citta' fussero ancora troppo generali........non mancarono ingegni che scrissero le storie de' luoghi particolari...................e' vero pero'che parecchi di questi scrittori vissero ne' tempi, nei quali era poco conosciuta la critica e la cronologia, e percio' scrivendo cose avvenute nei' secoli rimoti andarono soggetti a popolari pregiudizi ed errori talvolta madornali; ma le opere loro conservano a noi molte preziose memorie, massime de' secoli a noi piu' vicini, le quali sarebbero state sepolte nell'oblio, e distrutte dal tempo consumator d'ogni cosa.............. Le sole valli trompia e sabbia vissero prive di si' bella sorte, ne' ebbero mai alcuno che si prendesse il pensiero di scriverne la storia. Ne' certamente questo avvenne, o perche' tra i cittadini di queste non vi fossero ingegni capaci di

ID11474 - 21/07/2011 15:26:44 - (Aldo Vaglia) - fine

farlo, o perche' mancasse una degna e ampia materia......le valli furono sempre feconde di svegliati e penetranti ingegni i quali nella repubblica letteraria si meritarono un nome grande in tutte le arti ........" e cita il matematico triumplino Nicolo' Tartaglia, i filosofi e medici Glisenti di Vestone Buccio, Butturini Benadusi Geografo naturalista e continua..... e racconta poi con tristezza di non aver potuto approfondire altri parti molto importanti che riguardavano il lavoro perch privo di documentazione. Forse al Comparoni sara' mancata la professionalita' dello storico, lo ammette lui stesso, certo non era privo di motivazioni.

ID11475 - 21/07/2011 15:29:47 - (max weber) - per Aldo

Ciò che scrive il Comparoni altro non è che l'accezione che io condivido di "storico locale", ossia colui che non può essere considerato uno scienziato ma un dilettante...e come diceva Schopenauer chi si occupa di qualcosa per diletto spesso raggiunge risultati ottimi proprio perchè prova felicità nel fare ciò che ha scelto....il problema sorge quando, nel XXI secolo, a questi storici locali si continua a dare peso di auctoritas, negandone gli errori madornali...Che poi le cose, se non le avesse narrate Alfredo sarebbero andate perdute...beh, non tutte....altre, invece, lo saranno perchè nessuno saprà mai o vedrà mai le sue fonti....ma questi sono altri discorsi.

ID11476 - 21/07/2011 15:34:26 - (max weber) - solo un ultimo appunto

Aldo, non è un problema di posti! Non tutti la pensano così. Non è un problema di visibilità. E' un problema di verità e possibilità. Non penso che ci siano posti che lasciati liberi sarebbero di certo occupati da persone migliori, dico solo che ci sono inetti in alcuni posti. Ma il problema non è nemmeno questo. E' che questi inetti sono gli unici cui viene prestato ascolto....E' un problema di politica (sic!) Ovunque, in Italia, vige l'idea che sia meglio un inetto che sta al suo posto, piuttosto che un dotato incontrollabile. Allora dico: se volete che sia così bene, non c'è problema, ma non mettete chi è dotato e non chiede posti in un angolo, coperto, chiuso, nascosto a tutti, solo perchè non chiede posti e non può essere comprato. Ascoltate ciò che dice. Lasciate che lo dica...anche se non è "dei vostri" può dire molto per voi...questo è ciò che è

ID11477 - 21/07/2011 15:35:12 - (max weber) - sempre mancato ad alfredo e agli altri adepti del localismo

portato a sistema. Ma si sa, nemo profeta in patria...e a questo forse siamo destinati

ID11482 - 21/07/2011 17:12:54 - (Ricard53) - Esatto nemo profeta in patria.

Aggiungiamo che l'Italia (ma non solo quella) è il paradiso degli inetti e hai dipinto un quadro fedele della situazione. Fino a quando il potere non rinuncerà alla mediocrità, le cose non cambieranno. Credo, però che le cose cambieranno solo attraverso uno squilibrio che porterà a una rivoluzione culturale e delle coscienze, forte a tal punto da rovesciare gli attuali pilastri del sistema. In fondo vivere o morire.

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