13 Febbraio 2012, 07.00
I racconti del lunedì

L come Lavoro (o Levatacce)

di Ezio Gamberini

Chi dice che non riesce a conciliare corsa e lavoro racconta delle gran balle!


Non ho degli orari “facili”, eppure  da quando ho iniziato non sono mai sceso sotto le tre uscite settimanali (tranne la prima settimana successiva alle tre maratone), allenandomi anche cinque o sei volte in certi periodi estivi.
Le “levatacce” che mi faccio talvolta alle cinque di mattina, però, me le sono volute io.

M come Maratona. Nell’immaginario collettivo questo termine evoca figure epiche ed eroiche, quasi ai limiti umani. Quando mi capita di dire che corro le maratone, gli interlocutori mi guardano come un marziano. Che soddisfazione!

N come New York. E quando mai sarei andato nella “Grande Mela”? La maratona di New York è un’esperienza unica, fantastica, per un maratoneta, come la Mecca per un musulmano o la Città del Vaticano ed il Papa per un cattolico (e mi si passi l’irriverenza, ma il paragone calza perfettamente).

O come Orgoglio. Sono orgoglioso di ciò che ho fatto e sto facendo, per aver accettato la sfida di voler correre una maratona da preparare in pochi mesi.
L’iniziale atteggiamento battagliero e determinato si è poi via via trasformato in stile di vita e di maratone, così,  ne ho corsa un’altra e poi un’altra ancora, ed altre ne correrò.

P come Pollini. Per trent’anni non ho avuto nulla e poi, improvvisamente,  alle prime fioriture di primavera e fino ad estate inoltrata, etci! etcium! Feci le prove antiallergiche: positivo praticamente a tutto (graminacee, cucurbitacee, olivo……).
Tutto ciò fino a due anni fa quando, come per magia, iniziando a correre sono scomparsi tutti i sintomi.

Q come Quando. Quando mi stancherò di correre? Spero fra una cinquantina d’anni, poco prima dei cento.

R come Risultati. “Fatti non foste a viver come Drupi.….”. E cosa c’entra la musica? Ah, no…… “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.
Non riesco a concepire alcuna attività, compreso quindi anche il mio essere “podista”, priva del desiderio di scoprire nuovi orizzonti e, pertanto, di ottenere risultati.
I miglioramenti dei primi tempi sono stati fantastici e mi hanno procurato un entusiasmo eccezionale. In due mesi sono passato dalle prime uscite di due-trecento metri, col fiatone, fino all’ora continua di corsa, anche se lenta. La prima maratonina dopo sei mesi, corsa sotto le due ore, la prima maratona dopo sette mesi, conclusa sotto le cinque ore.
Poi, dopo un anno, una maratona corsa sotto le quattro ore e dopo un anno e mezzo una maratonina terminata in un’ora e quarantatre, sotto i cinque minuti al chilometro. Qualcuno sorriderà leggendo questi tempi, ma, oh, sono il Tapascio Bombatus, mica uno stecchino!

S come Statistiche. In tv e sui quotidiani si apprendono continuamente notizie che parlano di furti, violenze, rapine. Sempre più spesso faccio questo pensiero: se fosse possibile analizzare le fedine penali di tutti gli iscritti alle maratone, son certo che le statistiche parlerebbero di risultati assolutamente negativi. Il maratoneta è un uomo retto, abituato a contare sulle sue forze. Sa che ciò che compie, cioè correre una maratona, è frutto di un impegno che non gli è stato regalato e neppure ha potuto sottrarlo ad altri; corre e termina una maratona soltanto perché si è allenato duramente. T
empo, fatica, sudore versato ed energie sprecate sono sue, soltanto ed esclusivamente sue.

T come Tosse. Mi ritrovavo spesso, specialmente di primo mattino, a sedermi sul letto per eccessi di tosse davvero devastanti. Certamente il mutamento fisico ha interessato anche, e soprattutto, direi, l’apparato respiratorio.
Credo che la frase più ricorrente tra i podisti neofiti, in primis quelli su di età e di peso, sia la seguente: “Non mi sono mai sentito così bene”.
Ed è vero!  Non solo non ho più avuto alcun attacco di tosse, ma neppure influenze, ed i raffreddori sono davvero rarissimi.

U come Umore. Guardandomi allo specchio tutti i giorni ho notato poco i cambiamenti intervenuti nel mio fisico.
Mi accorgo solo quando incontro amici che non vedo più da qualche anno, che mi fanno i complimenti per come sono dimagrito. Altri dicono che sono addirittura ringiovanito.
Ma il cambiamento più sensibile è senz’altro di umore. Forse è per l’autostima, aumentata in modo notevole per aver raggiunto i risultati che mi ero prefissati, forse il rilassamento ed il miglioramento fisico accrescono anche il benessere mentale, sta di fatto che affronto la vita con più ottimismo rispetto a prima che indossassi scarpe, maglietta e pantaloncini.

V come Vestiti. Avevo promesso che un giorno avrei indossato la “M”. Mannaggia! Due taglie in meno. Guardaroba praticamente da rifare!
Con sommo dispiacere di Grazia (ma neanche troppo), che posso continuare a minacciare di sostituzione con due ventenni, mentre lei non può più intimarmi la prospettiva di cambiarmi con due di quarantotto chilogrammi perché ormai il mio peso diviso due è sceso sotto i quaranta.

Z come Zero. Numero zero (Milano Marathon) sarà la mia prossima maratona, la quarta, a soli vent’otto giorni da quella di Atene.
Chissà se Milano assurgerà a dimensioni mondiali, come promesso dagli organizzatori. Vedremo.

Ho già narrato di quello che mi è capitato mentre correvo, in occasioni strane, con la neve o sotto il sole, in montagna o in riva al lago. Anche sul tartan però ho vissuto momenti allegri.
Una sera d’estate incontro, in pista, Issa e Karim, otto e undici anni, del Burkina Faso, da qualche mese immigrati nel mio paese. Issa è un compagno della mia piccola Chiara, sempre col sorriso sulle labbra.
“Mi conosci?”, gli chiedo. “Mmmhh…..” ciondola la testa.
“Sono il papà di Chiara”. “Chiara?…. – gli s’illuminano gli occhi – io sono compagno di classe di Chiara!…. E’ brava Chiara a disegnare!” dice convinto, annuendo col capo.
 
Facciamo una gara sui cento metri. Arrivo in fondo al rettilineo e mi giro: ai cinquanta metri Issa è lungo e disteso, sul tartan, a braccia e gambe larghe mentre Karim dieci metri più avanti è piegato in due  e non smette di sghignazzare: “Mi ha fatto ridere…..” dice indicando il compagno a terra. Non riesco a trattenermi e scoppio anch’io in un riso irrefrenabile.
Nel parco vicino a casa ho visto spesso Issa parlare con gli alberi e rincorrere i merli. Tornando a casa, alla fine dell’orario scolastico, impiega una mezz’oretta per coprire una distanza di cinquecento metri. Non ha fretta.
Ripenso a quelle volte in cui ho atteso i miei figli, alla fine delle lezioni, e talvolta li redarguivo se si fermavano mezzo minuto a parlare con gli amici: “Su, svelti, che ho premura!”.
Povero scemo che ero. Riusciremo mai, pur nelle legittime aspirazioni di migliorarci e senza dover rinunciare al desiderio di crescere, a prendere la vita con meno frenesia e, perché no, a rincorrer merli e a parlare con le piante o, in fondo, con noi stessi?


Tratto dal volume: “Tapascio Bombatus e altre storie” – Ed. Liberedizioni
 


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