06 Aprile 2012, 12.00
Psicologia

Immedesimarsi fa bene ma...

Si tratta di un atteggiamento solidale che può dare buoni frutti ma può anche aggiungere inutili sofferenze se eccessivo: come

 
Sapersi immedesimare nello stato d’animo altrui è uno strumento psichico di enorme importanza per ogni forma di convivenza e per lo sviluppo individuale e collettivo.
Grazie al suo buon uso si può comprendere l’altro in profondità, aiutarlo, condividere, e anche conoscere di più sé stessi.
Esso si basa su un meccanismo psicologico semplice e complesso al contempo: davanti a una persona che si trova in una situazione particolare - se siamo in buon contatto con la nostra interiorità - attingiamo subito dentro di noi all’esperienza personale che più si avvicina, per vissuto o per analogia, a quella di chi abbiamo di fronte.
 
Cerchiamo la maggiore “affinità di emozione e di situazione†e in tal modo possiamo intuire almeno in parte ciò che l’altro sta provando.
Quando ci sentiamo “capiti†da qualcuno, è proprio perché lui o lei sono riusciti a immedesimarsi in noi, a compiere tale passaggio.
Immedesimarsi è dunque di un’opzione psichica che può essere attivata quando ce n’è bisogno, per aiutare gli altri o per capirne il comportamento.
Alcuni, per la verità, non sono molto dotati in tal senso, altri invece hanno un vero e proprio talento che se ben dosato può fare molte cose buone, ma che se usato in eccesso si rivela un’arma a doppio taglio.
Tale capacità è fortemente soggettiva ed è impregnata del vissuto personale in un modo che spesso è per noi stessi del tutto inconscio.
 
A volte crediamo di immedesimarci e invece stiamo attribuendo all’altro emozioni nostre e i residui irrisolti delle nostre esperienze, traumi, ferite… Se immedesimarci in chi soffre ci fa stare troppo male, è necessario rivedere il nostro approccio alla situazione.
Può accadere che il dramma e la sofferenza di una persona cara e delle persone a lei vicine tocchino, in modo tagliente e preciso, una nostra profonda e lacerante ferita, magari lontana nel tempo ma ancora aperta e fino ad oggi sopita.
Può riguardare diverse esperienze esistenziali: abbandono, annientamento, lutto, umiliazione, insicurezza...
Così noi non viviamo solo il dispiacere per quanto sta accadendo e per il dolore che immaginiamo che queste persone provino - che sarebbe già un carico sufficiente - ma soffriamo a tutti gli effetti, senza accorgercene, per una “riedizione†del nostro vecchio trauma.
È in tal modo che l’immedesimazione si carica di troppa emotività e di proiezioni personali, e si fa insostenibile: diventa pensiero fisso, logorio psichico ed energetico. Ogni incontro con l’altro è una prova estrema che ci lascia svuotati.
 
Il talento di “lettura†dei sentimenti altrui diventa un limite se viene applicato tout court, senza cautela, poiché crea problemi a noi ma anche agli altri, a cui potrebbe nuocere l’eccesso di emotività che non riusciamo a trattenere.
Serve una vicinanza part-time, fornendo supporto quando siamo in forze e non sull’orlo della commozione, per poi tornare alla propria vita e sentirne la stabilità.
Ed è anche utile trasformare la condivisione emotiva, in parte, in aiuto pratico e concreto: “fare†invece di continuare solo  a “sentireâ€. 

Fonte: www.riza.it



Commenti:
ID18541 - 06/04/2012 16:30:55 - (sonia.c) - è propio cosi.. ma è dura..

la conoscenza è una sofferenza ...si vorrebbe sempre evitare se possibile agli altri certe sofferenze che magari ci appartengono!e, come è difficile con con le persone più care...spesso è più facile trovare le parole giuste con gli sconosciuti! probabilmente ,riflettiamo di più su cosa dire e come dirlo...

ID18579 - 08/04/2012 08:29:20 - (Giacomino) - Purchè non ci si lasci andare

troppo nelle lamentazioni che non sono per niente di aiuto ma fanno sprofondare ancora di più chi ci ascolta nello sconforto. In certi casi è molto più di sostegno il silenzio.

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