28 Maggio 2012, 14.16
Idro Valsabbia Provincia
Storie

Un momento per vivere o uno per morire

di Sergio Piccerillo, Aldo Vaglia

Come fu che l'avvocato Paroli, socialista, alla fine del 1945 salv la vita a Telesio Interlandi, intellettuale fascista. Forse c'entra anche la quiete valsabbina del lago d'Idro.


Una casa con vista sul lago d'Idro, tante vite intrecciate, sorrisi, urla di bambini che giocano.
La solitudine e la meditazione del pittore Togni, che con la sua pennellata ha scritto nella memoria la malinconia delle acque, le pendici verdi dei nostri monti.

Un luogo, una villa intrisa di spirito che per noi vuol dire il segno di una storia che torna da una mondo lontano.
E proprio noi che viviamo qui ed ora la ascoltiamo, la immaginiamo.
Idro, Villa delle Siepi va oltre la nostra valle, si spinge in un viaggio a ritroso sfiorando leggera le nostre pendici, avvolgendosi e caricandosi come vento dirompente, il vento della storia, quella di destini incrociati, che passa per Desenzano, per Bedizzole e fino a Brescia, in un'altra casa, un'altra bella villa, protezione e rifugio, la villa cittadina della famiglia Paroli.
 
I protagonisti di questa avventura sono un fascista molto in vista durante il ventennio, Telesio Interlandi, direttore, dalla sua fondazione nel 1938, della rivista
La difesa della razza e già direttore del quotidiano fascista Il Tevere, ed Enzo Paroli avvocato penalista, bresciano, socialista come il padre Ercole Paroli, anch'egli avvocato noto e Presidente dell'ordine.
I loro destini si incrociano nell'ottobre del '45, nelle celle della questura di Brescia, dopo che gli Interlandi avevano vissuto due anni a Desenzano e poi si erano nascosti in una cascina a Monteroseo, nel comune di Bedizzole.

In una cella buia e promiscua nel seminterrato della questura scese Enzo Paroli, chiamato dalla moglie di Interlandi alla difesa del marito e del figlio Cesare.
Fu lì che scambiò le prime parole con il siciliano fascista prima di decidere per il patrocinio.
Non sappiamo cosa esattamente si dissero né cosa spinse Enzo Paroli ad accettare la difesa degli Interlandi.
Forse la pressione di Ercole Paroli per evitare, come presidente degli avvocati, il patrocinio obbligatorio di un fascista, forse le parole convincenti della moglie di Interlandi, fatto sta che Enzo Paroli dopo mezzora di colloquio, si mise all'opera per la liberazione prima di tutto di Cesare Interlandi, giovanissimo e non compromesso con i delitti dei repubblichini, e poi per la liberazione del padre.
 
La storia continuò a Canton Mombello dove gli Interlandi furono trasferiti e dove Cesare, vittima di un'infezione alla bocca stava rischiando di morire.
Il trasferimento dal carcere all’ospedale, prima al civile che lo respinse perchè il primario ebreo si rifiutò di curare il figlio del fascista, in seguito alla clinica delle suore tedesche, dove guarì molto velocemente, fu causa dell’equivoco che fece liberare il padre.

In quelle ore, mentre l'odio aveva violentemente preso il posto della pietà, e la sorte in pochi attimi decideva cinicamente il momento per vivere o per morire, a Canton Mombello arrivò l'ordine di scarcerazione per Cesare Interlandi.
Il direttore del carcere di Interlandi ne aveva solo uno, Telesio, e quello liberò, non curante delle proteste del prigioniero che temeva un inganno per ucciderlo.
 
Non fu così, perchè l’intervento dell’unica persona a cui rivolgersi, l’avvocato Enzo Paroli, scongiurò l’evento nascondendo l’intera famiglia per otto mesi negli scantinati della sua casa cittadina fino alla definitiva sentenza di innocenza per Telesio Interlandi a metà del 1946.
 
Questo atto che non riusciamo a inquadrare in una logica razionale, che proprio per questo ci dona la speranza che l'uomo sia molto di più di quanto si possa credere, questo gesto che tanto ci colpisce, e colpì Leonardo Sciascia che progettò di scriverne, ci tocca in profondo e ci riporta senza che possiamo averne percezione alle rive del nostro lago d'Idro, a Villa delle Siepi, la villa valsabbina dei Paroli, ai suoi scorci melanconici, alla poesia che ricorda il trittico di dipinti di Togni realizzati in quei luoghi e che così recita:

                                "SU PE' SENTIERI, OSPITE, CHE SALI,
                                 MIRA TRA IL BOSCO LA CASETTA BIANCA
                                 POGGIA SUL PRATO CON RACCOLTE L'ALI,
                                 E VERSO IL LAGO I VERDI OCCHI SPALANCA"
 
 
di Sergio Piccerillo e Aldo Vaglia
 


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