Vestone e i Marziani

Il comune che per storia e geografia, per cultura e economia, è stato il centro della Valle, soffre oggi una crisi d’identità e di prospettiva che solo una miope propaganda può far derivare da questioni urbanistiche o istituzionali.
Un po’ di memoria non guasterebbe e metterebbe in condizione anche i più giovani di conoscere realtà piuttosto vicine che hanno portato, non solo Vestone, ma la nazione intera sull’orlo del fallimento e di cui nessuno intende assumersi la responsabilità.

Le lotte sindacali ai commercianti, ritenuti evasori e sfruttatori hanno attecchito anche nel nostro paese.
L’idea di trasformare un ceto medio autonomo in dipendenti, anche nel settore del commercio, non è stata solo del grande capitalismo, ma ha trovato supporto in una visione operaistica della società.

 

Un contratto di lavoro nella più grossa fabbrica di Vestone, l’AVE, ha avuto come contropartita per la chiusura della vertenza, la nascita di una cooperativa di consumo per gli operai.
La stessa cooperativa s’è trasformata ben presto in una sorta di supermercato.
Non che i commercianti non abbiano fatto lo stesso errore: per battere la concorrenza hanno unito i vari negozi perdendo le specializzazioni e rinunciando al proprio ruolo, da qui la nascita del secondo supermercato.
Il terzo è frutto, più che delle lenzuolate di Bersani, della ricerca del minor costo e forse della peggiore qualità che ci toccherà consumare in futuro.

In questo quadro come potevano resistere i piccoli negozi, con costi più elevati, anche se qualitativamente e professionalmente più qualificati?
Il semplificare le questioni è diventato lo sport nazionale.
Anche le attività industriali e i servizi hanno seguito la stessa strada.
Ciò che sembrava il più conveniente è diventato l’unico elemento per le scelte.

 

Le industrie nate vicino alle fonti energetiche e alle vie di comunicazione si sono integrate nel tempo nel tessuto sociale caratterizzandone cultura e natura.
Hanno resistito alle sirene del trasferimento in luoghi più attrezzati fino a che hanno trovato nel pubblico quel riconoscimento alla loro funzione che le ripagava dei disagi, se ne sono andate nel momento che solo l’interesse economico è diventato prevalente.

I servizi hanno seguito le imprese, forse una più attenta e moderna considerazione delle nuove tecnologie e una meno provinciale propensione alla città per qualificarne l’immagine, potevano giocare a favore del mantenimento della sede nei luoghi di origine, ma sulle scelte dei privati non si può interferire.
Se non veniamo da Marte su questi ed altri problemi ancora più complessi dovremo confrontarci, la ricerca del colpevole, nei parcheggi o nelle attività di mancata promozione, sono palliativi che allontanano dalla realtà.

 

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ID22546 - amo vestone (nonostante tutto) (genpep) ID22547 - Per genpep (Aldo Vaglia)

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