Le atmosfere di Zibba

Ve lo ricordate Zibba? Era stato ospite presso il locale “La Vigna” di Roè in una serata organizzata dall'Associazione Il Graffio di Vobarno. Ancora prima era stato sul palco dell'Ariston in occasione del Premio Tenco. Qualche giorno fa mi ha spedito il suo nuovo disco, l'ho ascoltato, ed ho deciso di fargli qualche domande.

Come si riesce a sentire il suono dei passi sulla neve?
Il suono dei passi sulla neve quasi non esiste. è quasi un "non suono". Ho scelto questo titolo perchè volevo comunicare il bisogno di silenzio che forse in questo momento abbiamo in molti. Silenzio per ascoltarci di più, per rivalutare i nostri valori. Per decidere come e cosa fare da ora in poi. Il messaggio che è legato a questo titolo è per me una parte importante di questo nuovo lavoro. Come tutti i piccoli messaggi nascosti tra le canzoni.

La prima sensazione che il titolo (“Come il suono dei passi sulla neve”) mi ha evocato è quello delle impronte che anche dopo i passi restano a testimoniare la strada che si ha percorso. Che traiettorie disegnano le tue canzoni?
Tante. Diverse. Anche se poi quasi sempre nella stessa direzione. Prendono bivi, girano largo, ma poi si incontrano tutti lì. Dovremmo forse chiederlo a chi ascolta da tanti anni la nostra musica per vedere se qualcosa resta disegnato sulla neve. Per quanto mi riguarda ogni giorno è una sfida nuova e ogni giorno un passo verso qualcosa che ho sognato e continuo a sognare. La possibilità di parlare al cuore delle persone attraverso la musica. Non voglio essere ricordato da morto, e nemmeno osannato da vivo. Voglio soltanto vivermi al meglio ogni cosa che questo lavoro mi può regalare, e al primo posto c'è sempre la voglia di creare valore, di alimentare l'amore di cui tutti abbiamo bisogno per respirare liberamente. E la musica lo fa. Davvero.

Ho ascoltato più volte il disco e devo dire che mi sembra ben fatto e abbastanza istintivo, sicuramente molto atmosferico e non è facile raggiungere questo obiettivo. C'è un filo che lo unisce o il filo sei semplicemente tu?
Non sono abbastanza critico su me stesso, o forse lo sono troppo. Se c'è un filo ce lo troveranno, e se non c'è non importa. Un disco è come un piatto di ravioli. Se son cucinati bene ne vuoi ancora, se fanno schifo passi al secondo e te ne dimentichi. Per me l'importante è sapere che lo abbiamo cucinato con cura, dedizione e voglia di fare qualcosa di speciale. Fortunatamente non dobbiamo vendere dischi ai critici e nemmeno aspettarci critiche dagli ascoltatori. Tutto molto importante, tutto molto relativo. Quando lavori con sentimento tutto il resto passa in secondo piano.

Cosa ti aspetti da questo lavoro?
Di poter continuare a fare quello che mi piace, e che sia una buona spinta per andare avanti. Tutto quello che viene lo prendo con il sorriso. Tanto non c'è una grande alternativa, no? Perchè mai aspettarsi qualcosa. Preferisco le sorprese! Il bello di questo mondo musicale è che nulla è stato scritto, siamo noi, come nella vita in generale, gli artefici di tutto ciò che ci accade. Quindi continuerò a fare quello che faccio, alzando il culo per quello in cui credo e tendendo la mano a chi non ha ancora qualcosa in cui credere.

L'ultima domanda, come tradizione dello "Spaccadischi" puoi farla tu a me.
Davide, devo portare un po' di mattoni a casa che devo tirare su un muro. Mi vieni a dare una mano?
Guarda, verrei anche subito, ma la mia religione me lo impedisce... però quando inauguri il muro nuovo un bicchiere di vino vengo a berlo molto volentieri.

Un abbraccio fratello, spero tutto alla grande. E spero di vederti presto!
Stammi bene.

Grazie a te ed in bocca al lupo. Ci vediamo presto.

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