La filosofia non č strumento verso un sapere assoluto ma l'umile capacitŕ di essere indirizzati verso un altrove che ha a che fare con l'ignoto dello sguardo. Perché il pensiero si annida in ogni situazione e in ogni luogo. D'altra parte Spinoza era un tornitore di lenti
tautologia) che per me é solo che in questo secondo ambito che si può affermare l'uomo, mentre nell'altro è solo angoscia, é solo alienazione. Mi dia per favore un percorso di lettura più preciso, e cercherò di avvicinarmi alla concatenazione di idee che le hanno fatto scrivere questo suo. Grazie.
Alcune cose dette in questo scritto le ritengo sciocchezze.-il sapere è di per se assoluto e ciò che non si raggiunge mai è esistito-la tecnica è inveramento dell'uomo e non confondere la tecnica con la tecnologia-la filosofia è fondazione della ragione e del mondo che viviamo non è qualche cosa da cui il mondo può prescindere-la finitezza è, appunto come correggi bene dopo tu , l'assurdo.
... filosofia è , al contrario di quello che dici , l'occhio che guarda il mondo e in questo è il sapere assoluto, perchè non c'è sapere nel non-sapere , oltre questa visione non andiamo.
Oltre questa visione non andiamo se si segue uno sbaglio che viene da un'assolutizzazione del pensiero di Aristotele; lo sbaglio sta nell'implicare che il pensato sia a immagine del pensiero, cio che l'essere pensi.
ComplementoQuando parlo di mondo e in particolare di mondo della tecnica, mondo globale della tecnica intendo con questi termini delle concezioni in cui vi l'inganno di un'equivalenza fra pensiero e pensato.Per quanto rigurda l'emarginazione, non credo la si debba cercare e comunque quando si parla di emarginazione si sempre in una condizione di dipendenza da ci dal quale si emarginati. La cesura, la quale del reale (che non la realt), mette in crisi la dialettica emarginazione-inclusione.L'utilit non c'entra nulla vi differenza fra utilit e utilizzabilit.Infine, stato d'animo fonda-mentale, come ci che chiamiamo mondo, non esiste, una supposizione, una presa immaginaria, la quale un passaggio superficiale ma necessario, cio che non cessa di scriversi.
Parla di un inganno dell'identità tra pensiero e pensato e io con questo le sono assolutamente solidale, ci mancherebbe, eccome potrebbe essere che l'apparir dell'essere sé dell essente e del suo non esser altro possa in questo unico caso contraddirsi ed andare in sintesi con l'altro ? Per ciò che concerne ciò che non esiste, e lei lo dice a proposito del mondo come presa fondamentale di uno stato d'animo, beh le posso dire che se esiste non può non esistere e se non esistesse lei ora non lo potrebbe far esistere, nemmeno come negazione.
Non esiste vuol dire che per dire che una cosa esiste bisogna anche poterla costruire, cioè saper trovare dov'è. L'esistenza è una costruzione; una costruzione di cui non si può fare a meno. Fa parte di noi anche la costruzione delle nostre esistenze. Credo sia importante però non ridursi a questo.
Poichè costruire , vuole significare nel suo contraddittorio distruggere. Non si costruisce ciò che non può essere a sua volta distrutto o decostruito, forse è qui che ci allontaniamo, rifletta, è davvero necessario per esistere che ci sia costruzione ? da dove vengono allora gli elementi, i mattoni di questa esistenza e dove vanno poi a finire ?
Con costruzione delle nostre esistenze intendevo una cosa molto pi semplice di quella che lei mi appiccica. Per esempio dire adesso devo andare a lavorare o devo tornare da mio figlio (perch voglio farlo), devo finire l'universit, devo comportarmi in un certo modo gi una costruzione identitaria, la quale ripeto fa parte di noi, non si pu uscire dalla volont; la volont per non potere; credere che volere sia potere distruttivo soprattutto per se stessi. Quello che intendevo sostenere che insieme a questa costruzione c' anche qualcosa d'Altro. C' qualcosa che si sottrae al tempo che mi viene preso.
semplice, ed per questo che parecchio complicato.
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ID23191 - 25/09/2012 10:56:30 - (Leretico) - Un'emarginazione sicura, ma una cesura necessaria
In questo suo mi ritrovo nella sensazione di emarginazione che provoca il pensiero, quando si manifesta in senso filosofico e fa emergere contraddizioni non immediatamente "utili" agli altri. E definirle problematiche é eufemismo per nascondere il disprezzante giudizio di inutilità. Eppure non è solo l'utilità l'essenza di questa che le chiama cesura, che come utilità pure c'è se non per il reale su cui non influisce, almeno per il pensiero in sé che si nutre quasi solo di ciò. Ma qui andremmo fuori discorso e allora della parola utilità prendiamo solo il senso che lei ha voluto dare, a cui mi aggrego senza piega. Mi piace molto il senso differente tra cognizione finalizzata e pensiero non finalizzato, perché mi dà uno strumento in più nella critica alla volontà di potenza della tecnica: cognizione che sta nella scia della tecnica, appunto, pensiero nella scia dell'uomo. E pensare (scusi la