25 Settembre 2012, 10.00
Filosofia

La radicalitĂ  del filosofare

di Alberto Cartella

La filosofia non č strumento verso un sapere assoluto ma l'umile capacitŕ di essere indirizzati verso un altrove che ha a che fare con l'ignoto dello sguardo. Perché il pensiero si annida in ogni situazione e in ogni luogo. D'altra parte Spinoza era un tornitore di lenti

 
La radicalità del filosofare è il senso proprio di ogni uomo, e solo certi uomini sono attraversati dal desiderio particolare di essere per gli altri l’incontro che li desta alla filosofia.
 
Chi sceglie una laurea in Filosofia non dovrebbe cadere nell’ambiguità che ruota intorno alla filosofia, intendendo questo sapere una scienza assoluta o una visione del mondo. Dovrebbe avere l’umiltà che deriva dalla coscienza che non si raggiunge un sapere assoluto, ma che si pensa e che si cerca mantenendo vivi quegli stati d’animo che aprono alla pericolosità del filosofare.
 
Chi sceglie filosofia sente come suo compito quello di tener desto negli altri uno stato d’animo fondamentale tramite il quale essi possono tener presente la loro finitezza che si muove tra l’essere sempre calati in una situazione e tuttavia l’essere assenti, l’essere sempre spostati altrove, che non vuol dire distratti.
 
Questo altrove ha a che fare con il non realizzato, con l’ignoto dello sguardo. Nello sguardo frontale non ci sono ricostruzioni, non c’è un aggiustamento della visione che tende alla visione giusta, ma vi è una sospensione, un momento di esitazione. Esitare mette in crisi la finalità dell’azione. C’è una cesura, uno scarto, una faglia tra la percezione e l’azione.
 
Si sta parlando qui della forma interrogativa posta all’inizio dell’azione, la quale è costitutiva di ognuno di noi. La filosofia è proprio questo: è un residuo dell’evento nell’evento (Gilles Deleuze). Questo residuo è il non realizzato, è il momento esitante; esso è caratterizzato dalla virtualità, anche se non è dell’ordine del possibile ma del reale. Esso è un virtuale che fa parte del reale pur non essendo nella categoria della realizzabilità.
 
Nell’intreccio tra psicanalisi e filosofia vi è l’ascolto di questa esitazione che genera il fantasma di un’azione che fa parte di ciò che siamo. Il vissuto di ciò è il sogno, la soglia del sogno. Pensiero e cognizione non sono la stessa cosa. La cognizione persegue sempre uno scopo definito, che può essere promosso da considerazioni pratiche come dalla “curiosità oziosa”; ma una volta raggiunto tale scopo, il processo cognitivo è finito.
 
Il pensiero, invece, non ha né una fine né uno scopo fuori di sé e non produce nemmeno risultati. È un inciampo che apre un’interruzione fra la cognizione e l’azione. Può accadere che una conversazione possa avere più densità di pensiero che migliaia di trattati. Il domandare inquietante e pericoloso del pensiero è inutilizzabile per il funzionamento della nostra società, che la filosofia ha contribuito a far nascere.
 
Nel mondo della tecnica dove ogni cosa, anche l’uomo, è un pezzo di riserva, bisogna continuare a correre per lo sviluppo tecnologico e per l’intensificazione delle energie. La ricerca non deve più trascendere i confini delle scienze, ma solo continuare ad andare avanti, dimenticando possibilmente il pensiero, che rischia di inceppare il meccanismo (Gilles Deleuze e Felix Guattari).
 
Il pensiero se non è semplice memoria reverenziale dell’origine, se non è solo il luogo innocuo di raccolta della tradizione occidentale,  non solo è inutilizzabile, ma anche “pericoloso”. Chi è attraversato dal desiderio della filosofia e gli presta ascolto sa questo; chi non cerca di reprimere quei punti di crisi e di indecisione e si assume il compito di renderli presenti agli altri, rischia l’emarginazione.
 
Ciò che è importante è non perdere mai il contatto con le situazioni. È necessario (anche per chi si occupa di filosofia) inserirsi nel mondo globale della tecnica, trovare un lavoro che permetta di collaborare e ricevere sostentamento da questo sistema tecnologico. Per il “pensiero” non c’è una grande differenza tra il ruolo professionale del docente universitario o liceale, che conserva la memoria della tradizione, e qualsiasi altro ruolo della nostra società: ambedue possono contribuire a lasciare celato il nostro domandare profondo.
 
Ci sono uomini della strada che passano per ignoranti sprovveduti e un po’ svaniti che invece portano nella carne i segni di un pensiero autentico e genuino. Quest’ultimo è possibile trovarlo di più in uomini così che nelle maschere tragiche di molti laureati o professori fregiati di tre o quattro titoli professorali.
 
La colpa non è dell’università, ma ognuno è responsabile della propria distrazione. L’università è un invito alla lettura e alla ricerca; se si riducesse alla trasmissione di sapere sarebbe di una sterilità disarmante. Il pensiero e il destare gli stati d’animo fondamentali devono rimanere ai margini.
 
Seguendo quel fanciullo che è in noi, e che non si acquieta nel ritmo della vita di adulti, battendo il passo di un domandare inutilizzabile, accade che tutto può far pensare. Per esempio la pubblicità, che se di fatto mira a ridurci a degli zombi che comprano merci per continuare l’intensificazione della produzione, può nascondere nei suoi margini piccole scene che parlano d’altro.
 
Perché alla fine cos’è il successo? È importante l’umiltà dei lavoratori oscuri e anonimi che non dimenticano il silenzioso lavoro del pensiero. Vi è un legame fecondo fra linguaggio e produzione segreta: la letteratura sotterranea che nasce nelle ore di ozio, spesso dopo una sinistra giornata spesa in negozio, in fabbrica e in ufficio. Spinoza faceva il tornitore di lenti.
 
Questa considerazioni sono state rese possibili anche dal guadagno di pensiero che ho ricevuto da Gilles Deleuze, Patrizia Cipolletta, Ernst Bloch, Martin Heidegger, Hannah Arendt e Riccardo Panattoni (insegna filosofia morale all'Università di Verona e attualmente la sua ricerca è incentrata sul rapporto tra lo sguardo e lo statuto delle immagini).


Commenti:
ID23191 - 25/09/2012 10:56:30 - (Leretico) - Un'emarginazione sicura, ma una cesura necessaria

In questo suo mi ritrovo nella sensazione di emarginazione che provoca il pensiero, quando si manifesta in senso filosofico e fa emergere contraddizioni non immediatamente "utili" agli altri. E definirle problematiche é eufemismo per nascondere il disprezzante giudizio di inutilità. Eppure non è solo l'utilità l'essenza di questa che le chiama cesura, che come utilità pure c'è se non per il reale su cui non influisce, almeno per il pensiero in sé che si nutre quasi solo di ciò. Ma qui andremmo fuori discorso e allora della parola utilità prendiamo solo il senso che lei ha voluto dare, a cui mi aggrego senza piega. Mi piace molto il senso differente tra cognizione finalizzata e pensiero non finalizzato, perché mi dà uno strumento in più nella critica alla volontà di potenza della tecnica: cognizione che sta nella scia della tecnica, appunto, pensiero nella scia dell'uomo. E pensare (scusi la

ID23192 - 25/09/2012 11:06:09 - (Leretico) - Continua

tautologia) che per me é solo che in questo secondo ambito che si può affermare l'uomo, mentre nell'altro è solo angoscia, é solo alienazione. Mi dia per favore un percorso di lettura più preciso, e cercherò di avvicinarmi alla concatenazione di idee che le hanno fatto scrivere questo suo. Grazie.

ID23668 - 11/10/2012 09:47:06 - (Dru) - caro Alberto

Alcune cose dette in questo scritto le ritengo sciocchezze.-il sapere è di per se assoluto e ciò che non si raggiunge mai è esistito-la tecnica è inveramento dell'uomo e non confondere la tecnica con la tecnologia-la filosofia è fondazione della ragione e del mondo che viviamo non è qualche cosa da cui il mondo può prescindere-la finitezza è, appunto come correggi bene dopo tu , l'assurdo.

ID23678 - 11/10/2012 11:00:17 - (Dru) - poichè...

... filosofia è , al contrario di quello che dici , l'occhio che guarda il mondo e in questo è il sapere assoluto, perchè non c'è sapere nel non-sapere , oltre questa visione non andiamo.

ID24967 - 14/11/2012 20:41:40 - (Alberto Cartella) -

Oltre questa visione non andiamo se si segue uno sbaglio che viene da un'assolutizzazione del pensiero di Aristotele; lo sbaglio sta nell'implicare che il pensato sia a immagine del pensiero, cio che l'essere pensi.

ID24970 - 14/11/2012 22:06:53 - (Alberto Cartella) -

ComplementoQuando parlo di mondo e in particolare di mondo della tecnica, mondo globale della tecnica intendo con questi termini delle concezioni in cui vi l'inganno di un'equivalenza fra pensiero e pensato.Per quanto rigurda l'emarginazione, non credo la si debba cercare e comunque quando si parla di emarginazione si sempre in una condizione di dipendenza da ci dal quale si emarginati. La cesura, la quale del reale (che non la realt), mette in crisi la dialettica emarginazione-inclusione.L'utilit non c'entra nulla vi differenza fra utilit e utilizzabilit.Infine, stato d'animo fonda-mentale, come ci che chiamiamo mondo, non esiste, una supposizione, una presa immaginaria, la quale un passaggio superficiale ma necessario, cio che non cessa di scriversi.

ID25121 - 21/11/2012 18:35:17 - (Dru) - Lei Cartella

Parla di un inganno dell'identità tra pensiero e pensato e io con questo le sono assolutamente solidale, ci mancherebbe, eccome potrebbe essere che l'apparir dell'essere sé dell essente e del suo non esser altro possa in questo unico caso contraddirsi ed andare in sintesi con l'altro ? Per ciò che concerne ciò che non esiste, e lei lo dice a proposito del mondo come presa fondamentale di uno stato d'animo, beh le posso dire che se esiste non può non esistere e se non esistesse lei ora non lo potrebbe far esistere, nemmeno come negazione.

ID25195 - 23/11/2012 11:14:40 - (Alberto Cartella) -

Non esiste vuol dire che per dire che una cosa esiste bisogna anche poterla costruire, cioè saper trovare dov'è. L'esistenza è una costruzione; una costruzione di cui non si può fare a meno. Fa parte di noi anche la costruzione delle nostre esistenze. Credo sia importante però non ridursi a questo.

ID25210 - 23/11/2012 13:36:24 - (Dru) - In questo lei Cartella è inscritto in ragione alienante

Poichè costruire , vuole significare nel suo contraddittorio distruggere. Non si costruisce ciò che non può essere a sua volta distrutto o decostruito, forse è qui che ci allontaniamo, rifletta, è davvero necessario per esistere che ci sia costruzione ? da dove vengono allora gli elementi, i mattoni di questa esistenza e dove vanno poi a finire ?

ID25278 - 24/11/2012 14:24:25 - (Alberto Cartella) -

Con costruzione delle nostre esistenze intendevo una cosa molto pi semplice di quella che lei mi appiccica. Per esempio dire adesso devo andare a lavorare o devo tornare da mio figlio (perch voglio farlo), devo finire l'universit, devo comportarmi in un certo modo gi una costruzione identitaria, la quale ripeto fa parte di noi, non si pu uscire dalla volont; la volont per non potere; credere che volere sia potere distruttivo soprattutto per se stessi. Quello che intendevo sostenere che insieme a questa costruzione c' anche qualcosa d'Altro. C' qualcosa che si sottrae al tempo che mi viene preso.

ID25295 - 24/11/2012 19:03:55 - (Alberto Cartella) -

semplice, ed per questo che parecchio complicato.

Aggiungi commento:

Vedi anche
17/02/2013 08:00

L'universitĂ  dev'essere un investimento sulla passione La riflessione settimanale del filosofo Alberto Cartella s'impernia sul ruolo di mero passaggio al mondo lavorativo che spesso viene attribuito al percorso universitario, trascurando quella passione che anima ciascuno di noi e rende la vita degna di essere vissuta

22/01/2013 10:30

La nevrosi dell'incomprensione e dell'interpretazione Partendo dagli articoli scritti negli ultimi mesi e prendendo come esempio anche la visione dei film, il giovane filosofo Alberto Cartella prospetta una lunga e dettagliata analisi sulla capacitŕ di un testo di sedimentare conoscenze, sganciandosi spesso dall'immediatezza

09/05/2013 11:00

La filosofia non è un sapere umanistico Una riflessione del giovane filosofo Alberto Cartella per scardinare l'unilateralitŕ del pensiero in favore di due modi guardare alla filosofia come si legge Aristotele: comprendendo ciň che pensava e ponendo problemi politici in rapporto al presente

24/04/2013 09:00

L'esercizio della stanchezza La riflessione che ci porta questa settimana il filosofo Alberto Cartella riguarda la rappresentazione come riflesso delle nostre paure: un impulso subitaneo a rispondere alle aspettative che la filosofia puň curare con la pazienza di far venire le cose a sé

22/05/2012 11:00

Le vite nello specchio degli altri La riflessione settimanale del 23enne filosofo saretino ci porta a riflettere sull'importanza che diamo alla rappresentazione di noi stessi mediata dall'opinione altrui e al rapporto che viene a crearsi con lo stato di felicitŕ/infelicitŕ




Altre da L'angolo del Filosofo
01/03/2016

ÂŤFo.De.CaÂť

Sempre più complicato per gruppi e musicisti che non siano cover band trovare spazi per poter esibirsi a Brescia e provincia. Ecco allora che spuntano i concerti in “forma domestica”.

01/06/2014

La seria comicitĂ  del rispetto

L’opinione suppone che la gelosia sia la triste conseguenza dell’amore. Ma la gelosia è una finalità, una meta e, se bisogna amare, è per poter essere gelosi

06/05/2014

La competizione degli amanti

Un'acuta riflessione di Alberto Cartella attorno alla muta latente violenza che in ogni rapporto s'insinua e che tutti gli uomini celano con la menzogna del linguaggio

(3)
17/04/2014

Il troppo diventa tossico

Alberto Cartella prende in considerazione quel "troppo" che quando diventa squilibrio estremo mette in crisi ogni aspetto della nostra vita

(1)
13/03/2014

La difficoltĂ  della leggerezza dell'emozione

Il giovane filosofo Alberto Cartella conduce una profonda riflessione sul nostro quotidiano confronto emozionale, sia esso amicizia o amore. Eppure troppo spesso cristallizzato nel 'non detto'

02/03/2014

Vita e pensiero

Una profonda riflessione del giovane filosofo Alberto Cartella sulla vita come creazione e su quel "granello di follia" che contraddistingue il cammino di ciascuno di noi

(116)
30/01/2014

Divenire e realtĂ 

L'analisi di ciň che č divenire, di quell'inquietudine che nasce dall'esperienza e produce coscienza ne post del giovane filosofo Alberto Cartella, pronto a rispondere ai dubbi e alle domande dei lettori appassionati di filosofia

(103)
29/12/2013

Educazione e masochismo

Una riflessione sul contratto masochista come espressione non soltanto della necessitŕ del consenso della vittima, ma anche del dono della persuasione, la spinta pedagogica e giuridica mediante la quale la vittima educa il proprio carnefice

26/11/2013

Il gioco dell'amore e altre sciocchezze

Una riflessione che parte dal gioco del fare l'amore per parlare della leggerezza e della distrazione come inestricabilmente legate in un vincolo di opposizione alla pesantezza della vita quotidiana e usate come strumento protettivo

29/10/2013

La crisi del processo educativo

Una digressione del filosofo Alberto Cartella sul degradarsi del processo educativo, allorché all'aspetto linguistico non sa porre accanto anche il preminente aspetto visivo, quello legato alla necessitŕ dell'incanto, ossia l'infanzia nello sguardo