Dicono che ogni uomo, prima di spirare, riveda in pochi attimi tutta la sua vita. Quasi come un film, ma ai mille all'ora, riuscendo per a cogliere anche le pi piccole sfumature...
... le gioie e i dolori, la viltà o il coraggio, certe sensazioni in seguito mai più riprovate, le vittorie e le sconfitte… gli amori e le pene…
Non è vero!...
Si tratta invece di Serafino il Cherubino, da tutti chiamato Fino, che da tempo immemorabile ha l'incarico di rivolgere un'ultima domanda a coloro che sono destinati al "passaggio".
Grosso lavoro, quello del Cherubino, poichè deve presentarsi all'appuntamento con circospezione e rendersi riconoscibile ogni volta in modo diverso, secondo le varie sensibilità.
Dopo aver esplorato il soggetto, anche nei meandri più bui e tortuosi, compresi quelli che talvolta si vogliono camuffare per rendere innocui, Serafino ha il compito di chiedere a bruciapelo :
“Vita uguale a? …”.
E le risposte non possono essere meditate a lungo o circostanziate, non si può giustificare o arzigogolare sfruttando la propria oratoria o, peggio, usando doti innate di affabulazione ed istrionismo.
Nel rispondere a Serafino tutti gli uomini, in quel momento, sono sinceri ed autentici, esprimono la loro verità senza nulla nascondere.
Ed il Cherubino, soltanto lui, sentita la risposta, può dare il nullaosta per il trapasso oppure rimandare l'evento in altro tempo.
Quante ne avrebbe da raccontare Fino il Cherubino!
Potrebbe ad esempio narrare la storia di Toldo, un barbone che in gioventù non se l'era passata poi tanto male.
Ma un po' per la timidezza, un po' per la sfortuna, qualche cattiva amicizia ed infine anche a causa di una strana malattia, che lo rendeva abulico, non riusciva a mantenere un posto di lavoro per più di quindici o venti giorni.
La casetta che aveva ereditato dai suoi vecchi era già un ricordo pallido e sbiadito ed ora passava l'inverno in una baracchina sul greto del fiume, a ridosso di un muraglione.
Trovava il combustibile per la stufetta rovistando tra i rifiuti della discarica e sulla riva, mentre con qualche misero espediente riusciva almeno una volta al giorno a riempirsi lo stomaco.
Fu un pomeriggio della fredda stagione, verso l'imbrunire, che Serafino gli si presentò tramutato in placido fiume, senza increspature.
Toldo, che scaldandosi le mani sulla ghisa rovente lo stava rimirando, capì subito tutto e si stupì di non provare sgradevoli sensazioni; solo provava un impellente bisogno di rispondere ad una precisa domanda :
“Vita uguale a ? …”.
La risposta scaturì dalle labbra immediatamente, come una liberazione :
“Vita uguale ad una minestra calda tutti i giorni, un bel vestito e riposare su un sofà davanti al fuoco scoppiettante…”.
A Fulvio invece si presentò sottoforma di televisore.
L'impiegato, dopo anni di duro lavoro ed un ragguardevole mutuo ipotecario, era finalmente riuscito ad acquistare un piccolo appartamento nel quale viveva con la moglie ed una figlioletta, voluta e concepita forse troppo tardi; ma i debiti sono debiti.
Quanti sacrifici e quante privazioni.
Controbilanciate tuttavia dal possedere, oltre all'abitazione, una berlina a cinque porte, ogni genere di elettrodomestico, un computer… ed i corsi di nuoto e pianoforte della piccola non sono forse determinanti per la sua crescita?...
Al quesito del Cherubino, che sopraggiunse tra uno spot e l'altro, Fulvio, che sonnecchiava sulla poltrona, ammise che la vita era un 'altra cosa rispetto alla sua: abitare in una grande villa con molte stanze ed una spaziosa taverna, un bel giardino…magari la piscina… e possedere una Testarossa! che sogno....ed infine avere un lavoro stimolante e remunerativo in misura centupla rispetto all'attuale…questa è vera vita!
La chiamavano ancora Musetta ed era riconosciuta da tutti, quando passeggiava in centro, anche se da una decina d'anni almeno non calcava le scene.
L'ex ballerina ne provava un'intima gioia e senza accorgersi diventava civettuola e vanesia, compiaciuta di come parlava e di come vestiva. Non si pentì mai di aver scelto la solitudine: bastava a se stessa .
Fino il Cherubino si manifestò quale vanità e Musetta non ebbe alcuna difficoltà ad affermare che la sua vita era il palcoscenico, l'arte pura, ma soprattutto l'ammirazione e l'invidia che ancora suscitava.
Una sessantina d'anni, ma ne dimostrava quindici di meno, Mauro dirigeva le sue aziende con grande perizia ed un'insuperabile fiuto degli affari.
Pretendeva il massimo sia da se stesso che da chi gli stava intorno e tutto era finalizzato alla ricerca del guadagno e dell'utile per essere reinvestito, in un asfissiante circolo vizioso senza fine.
Quel mattino, appena sveglio, Mauro ebbe una formidabile intuizione riguardo a certi investimenti, ma immediatamente gli fu chiara la presenza di Serafino, che aveva scelto quella forma per rendersi visibile.
E ripensò, in ciò riponendo una fede assoluta, a quello che aveva creato…alle aziende…ai posti di lavoro, al desiderio di espandersi sempre più… ma si, anche al potere che ne derivava…
La stanzetta mansardata era luminosa ed accogliente e nonno Gino aveva fatto spostare il letto proprio di fronte alla grande finestra, così da vedere il cielo e l'orizzonte.
Da anni il cielo rappresentava il suo unico svago, perchè in quel brutto incidente, parecchi anni prima, si spezzò una vertebra ed ora poteva muovere soltanto il capo e le braccia.
Due bravi figli, che lo avevano anche accontentato nel perlinare tutte le pareti, come piaceva a lui, pensavano proprio a tutto.
Ma per la maggior parte della giornata il vecchio se ne stava solo nel suo letto, di fronte alla finestra, e in tutti quegli anni sviluppò in modo straordinario la capacità di riconoscere i tipi di nuvole ed i venti che ne provocano gli spostamenti.
Se cirri e nembi gli erano familiari, come pure i profumi, ciò in cui raggiungeva una perizia insuperabile consisteva nel riconoscere le tonalità di colore del cielo e classificarle.
Specialmente dopo certe burrasche, verso sera, stava ben attento a cogliere nuovi colori partendo dall'iniziale giallo vivo per arrivare ai blù intensi e pieni, non prima di essere passati per gli arancioni carichi e sfacciati.
Era vento il Cherubino, una fresca serata estiva, e dalla finestra aperta fece arrivare sotto il naso del vecchio odori resinosi di pino.
Fu subito riconosciuto e quando gli pose il quesito nonno Gino rispose:
“Vita uguale a centotre tonalità, dal giallo al blù!”.
“Passando per l'arancio?”, chiese Serafino…
“Passando per l'arancio!”, confermò il nonno .
Non si sa se i Cherubini restino alle volte interdetti, ma quella volta fu così.
“Scusa nonnetto, ma non riesco a capire come mai mi abbiano passato il tuo nominativo!”.
E salutando, per quanto il vento possa salutare, se ne andò, mentre il vecchio chiuse gli occhi e si addormentò felice perchè domani lo aspettavano nuovi colori.
Tratto dal volume: “Tapascio Bombatus e altre storie” – Ed. Liberedizioni –
Il racconto è del 1992