Lo Spaccadischi intervista Patrizio Fariselli, storico membro degli Area.
L'esperienza degli Area è stata sicuramente una realtà unica in Italia e non solo. Credo che la caratteristica che vi contraddistingueva sia stata il coraggio e un pizzico di follia. Quando vi riunivate in sala prove cosa succedeva? Vi davate un obiettivo o seguivate l'istinto? Insomma... come nasceva la musica degli Area?
I meccanismi della creatività sono complessi da indagare, e le dinamiche di gruppo ancor di più. Posso tentare una sommaria descrizione di quel che avveniva durante le prove. Ogni intuizione individuale, idea tematica o spunto ritmico, doveva sottostare al vaglio del collettivo. Era messa alla prova in tutti i modi possibili ed esplorata in tutte le sue varianti. Se sopravviveva a questa prima durissima fase diveniva patrimonio del gruppo e, da quel momento, l’impegno di tutti era di come far crescere quel seme. Si trattava di dare le risposte giuste ai quesiti che l’idea stessa proponeva, e questo processo era la misura dell’impegno di tutti a trovare un risultato condiviso.
Parallelamente, magari in sedi diverse da dove si svolgevano le prove musicali, si procedeva con una ricerca più concettuale, si individuavano le tematiche da elaborare con i testi, con un titolo, o con un’azione. A volte era il concetto stesso a fare da stimolo all’elaborazione musicale, vedi Lobotomia, Brujo oppure MIRage.
A quel punto in campo c’era un insieme di suoni, situazioni sonore, concetti, parole e azioni che, in un’ultima fase unificatrice, si concretizzavano nella nostra musica.
Un’immagine che mi ha colpito l'ho trovata in un filmato di un festival in cui fate passare un filo elettrico tra il pubblico e la gente, muovendolo, interagiva con la vostra musica. Qual era il vostro rapporto con il pubblico che vi seguiva?
Personalmente sono convinto che la musica sia un fenomeno sociale. Anche quando un musicista è solo in casa a suonare, la sua mente è divisa almeno in due parti, una impegnata a produrre musica e un’altra ad ascoltarla, a valutarla, a metabolizzarla.
Penso che gli Area abbiano sempre tenuto in grande considerazione il proprio pubblico e lavorato per alzare la qualità delle performance dal vivo, occasioni in cui gente che produce suoni incontra gente che si è mossa per ascoltarli in un intenso rito collettivo. Nel caso che tu citi, il pubblico, era collegato a un sintetizzatore, e più persone si toccavano, più la musica reagiva. In quella performance il divario tra audience e musicisti era annullato.
Quelli erano anni in cui si è sviluppato, forse più all'estero che in Italia, il culto della rock star, con tutto ciò che ne seguiva. Come influiva sulla musica questo processo?
Già da Arbeit macht frei, il nostro primo disco, abbiamo espresso il nostro parere nei confronti dello star system proponendo L’abbattimento dello Zeppelin.
Niente di personale, ovviamente, ma in quel pezzo i palloni gonfiati del rock venivano simbolicamente abbattuti. Gli Zeppelin pagavano per tutti gli altri. Per noi musica e vita coincidevano, e il nostro modo di vivere non era certo quello delle rock star. Siamo sempre stati delle personcine… normali.
Veniamo al presente. Hai collaborato con artisti e cantautori valorizzandone l'opera; penso per esempio ad uno splendido tour in cui con Dalla Porta accompagnavi Vecchioni. Che strada sta prendendo oggi la musica? In che artisti trovi la capacità e il coraggio di provare a fare qualche cosa di nuovo?
Io e Paolino Dalla Porta ci siamo molto divertiti con il professor Vecchioni, un poeta, una persona squisita e, dal punto di vista musicale, estremamente disponibile. Lo abbiamo accompagnato nelle sue canzoni senza modificare di una virgola il nostro pensiero musicale (che con il pop ha pochissimo a che vedere).
Ritengo che il risultato sia stato molto interessante e il disco Il Contastorie lo documenta. Per trovare novità però, dal mio punto di vista, bisogna volgere lo sguardo verso ciò che è lontano dagli interessi del mercato (che oggi è particolarmente prepotente) verso la musica contemporanea, il jazz, e non tanto verso il mondo della canzone.
Ultima domanda invece è sul tuo percorso musicale. Progetti per il futuro?
Ho realizzato un disco per piano solo e modulatore ad anello dal titolo Piccolo Atlante Delle Costellazioni Estinte e sto lavorando a un film a cartoni animati sulla vita di Iqbal. Per il resto l’attività dei nuovi Area assorbirà tutte le mie energie. C’è ancora tanta musica da suonare.
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Davide Vedovelli, appassionato di musica, cultura e spettacoli collabora con Vallesabbianews fin dai primi anni della nascita della testata scrivendo recensioni di spettacoli, concerti ed eventi culturali. Esperto di canzone d'autore è giurato e socio del Club Tenco di Sanremo. Ha condotto il programma radiofonico "Ci vuole orecchio" sulle frequenze di Radio Onda d'Urto dedicato alla canzone d'autore italiana. Organizzatore ed ideatore del Premio Musica da Bere che ha diretto per 9 anni, si è poi occupato di organizzazione di eventi di carattere sociale e culturale. Esperto di circo è Editore della testata giornalistica nazionale di settore www.circusnews.it e fa parte della giuria del premio internazionale "Salieri Circus Award". E' responsabile Grandi Eventi dell'Associazione Fabbrica di Nuvole e Direttore Artistico del Festival di circo contemporaneo e magia "Strabilio". |
ID28221 - 13/02/2013 13:07:05 - (demorenis) -
Bella intervista. Notevole rispetto per Fariselli, così come per Tofani e Tavolazzi (i restanti Area in vita) ma avrebbero potuto/dovuto riunirsi sotto un'altra ala. Mancando il compianto Capiozzo e sopratutto senza la voce e lo studio di Demetrio Stratos non è più cosa loro... e forse anche nostra!