21 Febbraio 2013, 08.29
Valsabbia
Marocco

Non è stato un processo politico

di Ali Stati

Sara Baresi, mediatrice linguistico culturale e formatrice, è stata fra gli osservatori internazionali ad un processo celebrato a Rabat contro il gruppo pro-Polisario


Sara Baresi ha parlato di questa sua esperienza ad un incontro organizzato nei giorni scorsi dall'Associazione Brescia Spirito Libero e dall'Associazione Affluenti, in collaborazione con la Federazione Provinciale del PSI di Brescia.
Iniziativa dal titolo “Camminiamo insiemeâ€, sul tema immigrazione e i nuovi cittadini.
 
Per l'occasione, presso la Laba in via Don Vender, oltre a lei sono intervenuti Maria Cipriano, Segretaria provinciale PSI Brescia e Paola Cividati, candidata socialista alle regionali nella lista del PD.
A moderare la serata c'era Ali Stati, collaboratore di Vallesabbianews ed esperto in affari internazionali, soprattutto se riguardano il Marocco, la sua terra d'origine.
(red)
 

 
Non è più un segreto per nessuno il ruolo cruciale che rappresenta il mantenimento di un focolaio di guerra nei Campi di Tinduf, su un vasto territorio nel sud dell'omonima regione algerina, per diffondere la criminalità organizzata nel sud marocchino, non solo ma anche per alimentare i gruppi terroristici con guerrieri addestrati ad hoc per eseguire atti criminali e rapimenti di turisti occidentali in tutto il Nord Africa per ricattare la società internazionale.
 
La società civile internazionale, continua a denunciare la pericolosità che rappresenta il gruppo separatista “fronte polisario“. È evidente il suo dar da fare per essere a tutti i costi una spina nel fianco di una nazione che si è sempre dimostrata disponibile al dialogo e attore per la pace nella regione e nel mondo, qual'è il Marocco, per provocarlo o istigarlo alla violenza.
 
Il processo a carico dei 24 assassini per i delitti commessi a Gdeim Izik, (Sud marocchino) durante lo smantellamento di una tendopoli abusiva, al quale sono stati invitati gli osservatori internazionali per i diritti umani, associazioni e giornalisti da ogni parte del mondo, è stato la prova del nove per le istituzioni marocchine e la giustizia in particolar modo e ha dimostrato a tutto il mondo quanto sono tutelati e garantiti i diritti umani in Marocco.
 
Nei giorni scorsi Vallesabbianews ha incontrato Sara Baresi, una mediatrice Bresciana che faceva parte del gruppo degli osservatori italiani invitati per seguire il processo la quale, dopo averci consegnato coppia del rapporto, ci ha parlato a lungo di come le autorità hanno permesso ai famigliari delle vittime di manifestare in totale libertà permettendo a tutti di esprimere le proprie posizioni sul processo e di come gli imputati godevano di una totale libertà potendo parlare ed esprimersi liberamente anche pronunciando slogan politici e propagandistici tipici del gruppo separatista “fronte polisario“
 
Si legge nel rapporto firmato dai quattro osservatori italiani, Sara Baresi, Massimiliano (Hamza) Boccolini, Francesco De Remigis e Velia Iacovino come hanno vissuto “Tre giorni di processo trasparente e ben organizzato ed, a nostro avviso, equilibratoâ€, in cui “gli imputati hanno avuto possibilità di parlare direttamente al pubblicoâ€.
 
La totale trasparenza è stata rilevata dal gruppo degli osservatori italiani anche dal fatto che gli imputati si erano presentati con l'abbigliamento tradizionale e caratteristico del Sahara e senza manette. Si legge nel rapporto, inoltre, che “tutti - il personale civile internazionale, militare, giornalisti e gli osservatori internazionali, ecc. - hanno avuto la possibilità di assistere al processo all'interno del tribunale militare ed elaborare le proprie idee sugli avvenimenti che hanno avuto luogo a Gdeim Izik, grazie ad una traduzione in quattro lingue diverse, come l'arabo, l'inglese, il francese e lo spagnoloâ€.
 
Gli osservatori hanno ritenuto infine “che non si tratti di un processo politico, infatti i rappresentanti politici ed istituzionali hanno partecipato a titolo personale all'esterno del tribunale, mostrando per esempio la loro solidarietà alle famiglie dei poliziotti uccisi l'otto novembre 2010â€.
I criminali sono responsabili di “costituzione di una banda criminale, violenza contro le forze dell’ordine che ha portato alla morte con l’intento, la mutilazione e la profanazione dei loro cadaveriâ€. Hanno assassinato 11 membri delle forze dell’ordine e uno della Protezione Civile, hanno inoltre ferito altri 70 membri.

Il tribunale di Rabat ha condannato nove dei criminali, tra cui uno latitante, all'ergastolo, quattro di loro a trent'anni di carcere, sette a venticinque anni, tre a vent'anni e due a 2 anni di reclusione.
Si chiude così un capitolo doloroso con la speranza che sia stata fatta giustizia fino in fondo.
 
Ali Stati
 


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