28 Febbraio 2013, 06.59
Valsabbia Anfo
Briciole di cultura

S. Antonio di Castèr, lembo di Rinascimento

di Alfredo Bonomi

Il lago d'Idro non mostra solamente la bellezza un po' austera del suo paesaggio con quelle tonalitŕ mai troppo accese che hanno colpito pittori e scrittori, ma riserva molte sorprese storiche ed artistiche.


Sono segni che sfidano l’usura del tempo e che testimoniano una storia non banale che si è mossa in rapporto a contesti più vasti.
Uno di questi segni, per certi versi più eloquente, è la chiesetta di S. Antonio di Castèr posta su un poggio al bivio tra la strada “valleriana”, uno dei più antichi e collaudati percorsi verso il nord, e quella che porta a Bagolino ed al passo di Croce Domini.
 
I corposi lavori eseguiti per sistemare questo bivio nel secolo scorso ed anche ultimamente l’hanno lambita in modo un po’ irriverente, così che da tempio ubicato su un dosso è diventata un’ architettura religiosa che si affaccia, in bilico, su un sistema di rotatorie con qualche problema di statica, oltre che di armonia paesaggistica.
Ma, a parte questo aspetto, la chiesa è una sentinella di storia e di arte.
 
Ha origini antichissime e la sua ubicazione si accompagna al ricordo del “castrum” importante sistema difensivo prima della costruzione della grande rocca veneta, presente già nell’anno mille in questa zona come “guardiano” sul percorso delle valli trentine verso la valle bresciana e padana.
Probabilmente, forse proprio il ricordo della fortificazione (sarebbe interessante uno studio archeologico che mette in luce il rapporto fra la fortezza e la chiesa) giĂ  a metĂ  del sec. XIII in questo luogo sorgeva una chiesetta dedicata al santo anacoreta Antonio. Nel trecento la primitiva chiesetta ospitava sia sulle superfici interne, sia su quelle esterne affreschi di pregio.
 
In concomitanza con l’inizio del dominio veneto, in quegli anni di fervore edilizio che vedono sorgere la rocca d’ Anfo, la chiesetta venne in buona parte demolita e ricostruita più ampia con ritmo architettonico nuovo.
Della primitiva costruzione rimane un’importante reliquia, cioè un frammento di un grande affresco rappresentante l’ultima cena.
Successivamente, verso il 1488-89, la chiesa venne decorata con un ciclo di affreschi eseguiti nel presbiterio con l’illustrazione della vita del santo nelle pareti laterali, la crocifissione in fondo e i quattro evangelisti nella volta.
 
Sul lato verso il lago una cappella dedicata ai martiri cristiani venne decorata sempre per mano della stessa bottega operante nel presbiterio.
Molto è andato perduto, però è ancora visibile la figura del mitico eroe Ercole al quale erano paragonati i santi cristiani.
L’ intensa passione e la professionalità di Romeo Seccamani, dopo un paziente ed accurato restauro, permettono ora una lettura esauriente di questo ciclo.
 
L’emozione che si prova entrando in chiesa è forte.
Le figure hanno perso la fissa linearitĂ  gotica per abbracciare la singola individualitĂ  corporea e spirituale.
Ci troviamo calati in un contesto rinascimentale, certamente il piĂą raffinato e consistente della Valle Sabbia.
 
Osservando gli affreschi di S. Antonio il legame fra questa terra e i mondi artistici più vasti si fa del tutto evidente, così come appare il ruolo svolto dalla rocca d’Anfo che ha favorito l’arrivo in valle di maestranze che, dall’esperienza artistica veronese e del centro Italia, hanno portato in questa chiesa un lembo di Rinascimento.
Gli storici dell’arte ci diranno con precisione il nome o i nomi degli artisti che hanno lavorato ad Anfo, anche se l’attribuzione a Liberale da Verona è condivisibile.
 
A noi, per ora, basta essere certi che sono stati artisti di primo livello venuti in zona probabilmente per il cantiere della rocca e forse anche per un rapporto culturale con i conti Lodron che hanno manifestato attaccamento a questa chiesa tanto che il conte Bernardino, il piĂą legato a Brescia rispetto ad altri suoi parenti del potente casato, si ricorda di S. Antonio nel suo testamento del 1528.
 
Un dato è certo: per tutta l’Alta Valle gli affreschi di S. Antonio sono una potente “carta d’identità artistica” e sono la più chiara testimonianza dei filoni culturali giunti nei secoli passati in Valle Sabbia.
Quando i restauri saranno ultimati (e si spera presto) un autentico “tesoro artistico” arricchirà ulteriormente il nostro patrimonio a vantaggio di quanti amano il bello e l’ingegno e di quanti operano nel settore del turismo e dell’accoglienza.

Alfredo Bonomi


Commenti:
ID29079 - 28/02/2013 10:01:41 - (gioica) - orgogliosa

da ignorante in materia di arte, posso dire che la chiesetta di S.Antonio un gioiello che domina il lago e, SI , anche l'ingombrante rotonda sorta da poco ai suoi piedi.... E' la bellezza che ci salva.

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