17 Ottobre 2013, 07.00
Pertica Bassa Valsabbia
Briciole di Cultura

Spessio di Avenone, la poesia delle antiche pietre

di Alfredo Bonomi

L'attuale situazione sociale ed economica tende ad offuscare la storia degli antichi borghi di montagna "nodi umani" e di percorsi di alta quota densi di viandanti e di commerci per centinaia d'anni


La “Rivoluzione industrialeâ€, specialmente a partire dagli inizi del 1900, con i nuovi ritmi economici, con la concentrazione delle attività a fondo valle, con il collasso dell’economia rurale montana ed il conseguente spopolamento di intere zone, ha inflitto un colpo mortale all’«universo umano» montano, lasciando spesso soltanto le antiche dimore e le loro pietre a colloquiare con i figli o con i nipoti di coloro che erano andati altrove per necessità, figli e nipoti che ritornano ora per brevi periodi spinti dalla nostalgia delle loro radici.
 
Questi ritorni, ultimamente, sono qualche volta accmpagnati da “nuovi abitantiâ€, che abbandonano la frenesia della vita di città per una dimensione più quieta, a contatto con la natura.
Spessio di Avenone, un borgo annegato nel verde rimasto miracolosamente quasi intatto, è in alta Valle Sabbia un po’ l’emblema di questa vicenda più ampia.
I turisti, gli amanti della montagna o della storia che salgono a Pertica Bassa, rimangono affascinati da questo agglomerano urbano con le dimore che sembrano voler proteggere la chiesetta dedicata a S. Antonio e S. Gaetano, che ha faticato a trovare lo spazio per imporsi e le due piazzette.

Il silenzio domina per la maggior parte dell’anno da quando gli abitanti progressivamente, a partire dal secondo dopoguerra, lo hanno abbandonato per essere più vicini ai luoghi di lavoro.
Ora però nei mesi estivi è incredibilmente popolato e sembra voler rivivere la sua storia.
Camminando per le stradette interne, osservando le vaste belle dimore che compongono il paese, si ha subito la sensazione di essere immersi nella storia contadina e nella “civiltà della montagnaâ€.
Queste dimore, piuttosto spaziose, testimoniano non solo un diffuso buon gusto, ma sono anche il segno di una discreta agiatezza goduta dagli abitanti del passato.
A bene riflettere sono state le strade la vera ragione dello sviluppo di Spessio e la causa del suo declino quando sono diventate deserte di transiti umani e commerciali.
Nel borgo, sempre piuttosto vivace e con una certa autonomia economica nel contesto del comune di Avenone, convergevano strade che quasi a raggiera si diramavano verso quei centri della valle, significativi per consistenza economica e per importanza amministrativa.
Un ramo della direttrice Vestone-Valle Trompia, la cosiddetta “via del ferroâ€, che toccava l’operosa terra di Forno d’Ono con il forno fusorio e le fucine, passava proprio per Spessio prima di inoltrarsi verso il “Passo della Santa†e quindi a Livemmo, interessato da un altro forno fusorio.
Le due strade provenienti da Forno e da Vestone si immettevano nell’abitato attraverso due volti che portano ancora i segni dell’esistenza di robuste porte che potevano essere chiuse all’occorrenza.
Dall’abitato poi proseguiva la strada per Livemmo ed anche questa lasciava il cuore del borgo attraverso un volto abbastanza prolungato, come se si uscisse da un fortilizio.
La stessa situazione, con alte dimore incombenti su un tratto parecchio stretto, riguardava anche la strada per la frazione Villa, sede del Comune.
È quindi naturale che da tempo immemorabile ci fossero osterie per i viandanti ed attività artigianali per un commercio minuto.
La memoria di queste, in numero elevato rispetto alla reale consistenza abitativa, è ancora presente in alcune anziane del luogo che vivono altrove.
In questo borgo, un tempo inserito in un contesto di vita attiva (difficile immaginarlo nella sua consistenza quotidiana ora che è silenzioso per parecchi mesi dell’anno e quasi privo di abitanti stabili) per gestire le attività artigianali e quelle rurali prosperarono due dinamiche ed intraprendenti famiglie già a partire dal 1400: i Laffranchi ed i Bonomi.

I Laffranchi, proprietari di fucine a fondovalle, con quote nel forno fusorio, con vasti possedimenti boschivi, hanno dato uomini dediti al commercio, alla gestione della “Compagnia del Fornoâ€, amministratori pubblici, religiosi ed un Sindaco alla “Comunitas Vallis Sabiaeâ€, il signor Nicolino Laffranchi nel 1794.
Diventati benestanti, a partire dal 1500, hanno diversificato le loro attività a Calvagese ed a Salò.
I Bonomi oltre ad essere stati determinanti con i testamenti di Don Giulio e Don Pietro Bonomi nel 1648 e nel 1715 per la costruzione della bella e scenografica chiesetta si sono distinti per gli intagli lignei.
Dalla loro bottega, ubicata al piano terra della vasta dimora di famiglia, sono usciti, a partire dalla metà del 1500 sino a tutto il 1700, mobili, statue di angeli, Santi e Madonne, articolate ed eleganti “ancone†che hanno impreziosito le chiese della Valle Sabbia e della Valle Trompia.
Il connubio tra Giovanni Pietro Bonomi ed il trentino Baldassar Vecchi, nel decennio tra il 1680 ed il 1690, ha prodotto tre capolavori: le “ancone†dell’altare maggiore della chiesa parrocchiale di Avenone, dell’altare di San Giovanni Battista nella Pieve di Bovegno e dell’altare della Madonna di San Luca nella parrocchiale di Bagolino.
Sono “vette†dell’intaglio ligneo locale, una sintesi concettuale ed artistica assai diversa da quella espressa nell’arte dei “Boscaì†ed in qualche modo con quella concorrenziale.
Gli studi sull’argomento hanno già evidenziato il pregio di questa “Bottega†ma un adeguato approfondimento potrebbe riservare piacevoli sorprese.
Il fascino di questa “storia locale†non di poco conto, discreta nell’essenzialità del suo messaggio, parla ancora attraverso le vecchie pietre.
Le dimore non hanno ancora subito quelle radicali manomissioni che hanno già snaturato molti paesi della Valle.
Le case si affacciano sulle due piazzette quasi “corti distinte†per le famiglie più in vista, ma lasciano lo spazio anche a cortili interni.

I portali in pietra locale finemente scolpiti, ora austeri, come quello di casa Laffranchi, ora più gentili, ora fantasiosi ed eleganti, come quello sulla facciata della chiesa, danno la misura di un equilibrio ricercato e del desiderio di avere una “carta d’identità†di qualità.
Le balconate in legno, le finestre rese più nobili dai contorni in pietra, i particolari costruttivi, le colonne rustiche o più eleganti, gli intonaci vissuti compongono una “cartolina storica†veramente notevole, che non solo merita una visita ma invita a riflettere su quanto nella nostra valle è stato dissennatamente distrutto per la “fretta del fare†e per l’â€omologazione del pensiero†e su quanto ancora può essere preservato pur nel rispetto delle esigenze del progresso.
I prati, purtroppo sempre più abbandonati, i boschi “paradiso†dei ricercatori di funghi, sono il degno contorno di questo borgo, testimone muto ma avvincente, di “storie umane†piccole ma significative.
 

 



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