Una profonda riflessione del giovane filosofo Alberto Cartella sulla vita come creazione e su quel "granello di follia" che contraddistingue il cammino di ciascuno di noi
La creazione non l'andare e venire delle cose dal nulla ma il movimento del pensiero; il pensiero diviene."Il pensiero che diviene non ti sembra che contraddica il principio appena esposto della creazione?" Non si tratta di un principio ma di una costellazione di problemi. "Come il Pensiero diviene dunque se le cose non possono andare nel nulla?" Il divenire non landare e venire delle cose dal nulla, ma un incremento creativo della novit. Si tratta di essere visitati dalle cose. Non siamo autori di alcunch, non siamo autori delle cose. Il pensiero non sono le cose. Per questo non c contraddizione. Non si tratta dell'eternit delle cose ma del desiderio che ci attraversa e che non dell'ordine della volont, si tratta di una deposizione dell'io; c' un potere pi grande dell'io. Le caratteristiche mentali del sistema sono immanenti non in qualche sua parte, ma nel sistema come totalit.
Ma il movimento è un divenire che la casa in costruzione non è la casa costruita si che la casa costruita, quando è in costruzione, cosa è ? e la casa in costruzione, quando la casa costruita è, è o non è ? perché è facile dire che la creazione non è il venire e l'andare delle cose dall'essere al nulla, ma poi va giustificato.Il nichilista, che ormai è il pensiero occidentale e della tecnica, pensiero che nel linguaggio trova le fondamenta del suo procedere, "in actu signato" (scritto come lo scrivi tu) afferma appunto che la creazione non è il divenire delle cose dal nulla, ma "in actu exercito", se non è abbastanza "potente" da "produrre" una efficace tesi che mostri un divenire che non contempla il passaggio dell'assurdo e folle pensiero nichilista che vuole il possibile impossibile, lo afferma, afferma la follia che vuole a parole, quando messo di fronte all'evidenza, sotrarre.
Non vi separazione fra io e mondo, ma si tratta di considerare le relazioni sottraendosi alla pericolosit dell'orgoglio e dell'isolamento del proprio io. Si tratta di un cambiamento epistemologico.
chi l'ha scritto, l'ha scritto il pensiero o le cose ?
Non si tratta dell'essere o del non essere ma del non realizzato. Non dia per scontato il linguaggio e il pensiero. Le cose non coincidono con ci che noi pensiamo sulle cose. E noi pensiamo nel linguaggio: quando pensiamo a qualcosa, ce lo diciamo mentalmente. Niente se non nella misura in cui si dice che . Il linguaggio non esiste. Il linguaggio quel che si cerca di sapere circa la funzione di ci che non riducibile nel linguaggio. Il linguaggio non una nostra propriet, noi nasciamo nel linguaggio, il linguaggio ci precede.
C qualcosa che sfugge nel discorso. Il discorso non appartiene allessere parlante, non lessere parlante. Il riferimento agli effetti di ci che non riducibile nel linguaggio. Essi sono degli effetti che sono affetti. Il linguaggio non soltanto comunicazione. Anche se il linguaggio tutto ci che abbiamo questo non vuol dire che il linguaggio sia tutto.
"le cose non sono il pensiero" L'ha scritto lei, ma non solo lei, lei non astratto dal contesto. Il sistema di relazioni implicate complesso. Ma il sistema di relazioni implicato nella scrittura dei suoi commenti in questo momento non mi interessa, mi interessa la filosofia.
"Il pensiero non sono le cose" non "le cose non sono il pensiero". L'ho scritto rispondendo a questa domanda che mi ha posto "Come il Pensiero diviene dunque se le cose non possono andare nel nulla?" e ho risposto "Il divenire non landare e venire delle cose dal nulla, ma un incremento creativo della novit. Si tratta di essere visitati dalle cose. Non siamo autori di alcunch, non siamo autori delle cose. Il pensiero non sono le cose. Per questo non c contraddizione. Non si tratta dell'eternit delle cose ma del desiderio che ci attraversa e che non dell'ordine della volont, si tratta di una deposizione dell'io; c' un potere pi grande dell'io. Le caratteristiche mentali del sistema sono immanenti non in qualche sua parte, ma nel sistema come totalit. Non vi separazione fra io e mondo, ma si tratta di considerare le relazioni sottraendosi alla pericolosit dell'orgoglio e dell'isolamento del proprio io. Si tratta di un cambiamento epistemologico".
ma se ci attacchiamo ai non sensi e ci arrampichiamo sui vetri allora altro che fare filosofia. che le cose non siano il pensiero o il pensiero non sia le cose non cambia nulla della proposizione esposta. insisto il pensiero non sono le cose l'ha scritto il pen siero o le cose ?
Conducendola per mano, quando non potrà che convenire che il pensiero sono le cose che appaiono, se non vorrà contraddirsi continuamente, dovrà rispondersi intorno a quel realizzato o del desiderio che ci attraversa e che non è dell'ordine della volontà mentre le cose ci visitano. Quell'ordine è proprio la volontà di trasformare le cose.
"insisto il pensiero non sono le cose l'ha scritto il pensiero o le cose?" Le cose non sono dell'ordine del linguaggio, non si tratta del realizzato ma del non realizzato. Il desiderio ci attraversa e non dell'ordine della volont. Quell'ordine proprio la volont di trasformare le cose senza accorgersi che siamo sempre e solo trasformati dalle cose. Si tratta di essere visitati dalle cose. Il pensiero legato al mettere in relazione, non si tratta dell'apparire delle cose. "il pensiero non sono le cose l'ha scritto il pensiero o le cose?" Nessuno dei due, si tratta di un complesso di relazioni in cui rientra anche il computer, la tastiera, ed altri elementi in relazione. Non si tratta dell'astrazione di un elemento isolato, ma della considerazione del complesso di relazioni che implicato nella scrittura.
Questo non significa che noi col pensiero possiamo cogliere sempre soltanto le relazioni fra gli elementi dellessere concependoli come un nucleo oscuro in s esistente, bens che noi solo attraverso la categoria di relazione possiamo giungere alla categoria di cosa. Lessere non pensa. La Cosa impensabile.
Il desiderio non la volont. Il desiderio costruttivismo, non qualcosa di astratto. Desidero far l'amore con la mia compagna con questo paesaggio. Vi un concatenamento costruttivo, un mettere insieme pi cose, un metterle in relazione. Tentare di ridurre il desiderio alla volont del proprio io, voglio quella cosa li e far di tutto per averla, la condizione della disperazione, perch sarebbe unastrazione pura che porta ad un vuoto totale senza passione e senza gioia.
...che, dunque,attraversa tutti noi nichilisti che vogliamo, delle novità che appaiono, come cose eterne che sopraggiungono, trasformarle, si definisce il divenire altro da sé o l'essere che diventa nulla. Questa volontà è la volontà di vita, è, del primo respiro, il decidere, che è uccidere le cose tutte, che non possono essere uccise e decise. l'Io è questo, è appunto l'intelletto astratto descritto così bene da Hegel e che lei in qualche modo riferisce nelle sue ultime righe.Ma Hegel, come lei, è inscritto nel nichilismo, in quanto quel movimento, o dialettica delle cose tutte, ha inizio come contraddizione del ciò che non è il tutto, il ciò a cui manca il tutto e come tale è il contraddittorio, come parte è inesistente, come finito e che si completa nel suo infinito, è il manchevole.
Ancora una volta siamo nel contesto della metafisica che giustifica il diventare altro , che così sapientemente Hegel, come ultimo e più grande, cerca invano di mostrare.
Hegel cerca invano di mostrare a chi supera la metafisica o meta-metafisica, per chi questo discorso lo intravede e lo concretizza.
il linguaggio è una parte dell'apparire di tutte le cose e sopraggiunge con il carattere proprio del sopraggiungente, ci viene incontro un poco alla volta. Ma nel cerchio dell'Apparire l'apparire dell'apparire è un eterno che si mostra come sfondo per ogni sopraggiungere degli eterni, come di ogni linguaggio.
"Ma Hegel, come lei, inscritto nel nichilismo, in quanto quel movimento, o dialettica delle cose tutte, ha inizio come contraddizione del ci che non il tutto, il ci a cui manca il tutto e come tale il contraddittorio, come parte inesistente, come finito e che si completa nel suo infinito, il manchevole". Non so a cosa si riferisce, si tratta di una critica a qualcosa che ho scritto? Mi dia i riferimenti, sia pi preciso. Si sta allontanando molto dall'articolo che sta commentando.
"il linguaggio una parte dell'apparire di tutte le cose e sopraggiunge con il carattere proprio del sopraggiungente, ci viene incontro un poco alla volta. Ma nel cerchio dell'Apparire l'apparire dell'apparire un eterno che si mostra come sfondo per ogni sopraggiungere degli eterni, come di ogni linguaggio". Si tratta dell'evidente postulato che nel commento precedente sembrava mi stesse criticando, o forse si sta criticando da solo e trova le contraddizioni in quello che scrive lei. L'evidente postulato fondamentale costituito dalla supposizione che vi siano degli oggetti come compendi di singole note e che i gruppi complessivi di siffatte note siano ordinati in parti e in sotto-parti, le quali possono essere comuni a diversi di essi.
dice che "il pensiero sono le cose" e lei dice che "il pensiero non sono le cose". Hegel in questa proposizione è idealista e il pensiero e le cose sono lo stesso mentre lei è realista,il pensiero e le cose non sono lo stesso, mentre Hegel identifica i diversi, lei diversifica gli identici, ma, sia l'idealista, che così profondamente ha analizzato il diventare altro di ogni cosa, come l'identificarsi delle diversità o il realista che così profondamente ha analizzato il diventare altro delle cose come il differenziarsi degli identici, non si avvedono del profondo nichilismo del loro dire, della follia come base di ogni loro discutere.
Inoltre non si tratta della dialettica ma del punto di cedimento di questa dialettica. Si tratta dell'aspetto visivo che sta insieme all'aspetto linguistico ma che non risolvibile in esso. I concetti di tutto e di parte, di cosa e delle sue propriet sono vuote astrazioni se non vengono riferiti a un sistema di categorie logiche che essi non esauriscono. Ma insieme a questo si tratta anche di ci che non sta alla logica nella logica stessa. Nei nostri processi di realizzazione qualcosa scivola di piano in piano e rimane eluso.
Riguardo al suo ultimo commento non so davvero di cosa sta parlando, mi dia i rifermenti, sia pi preciso. Diversificare gli identici, si tratta di qualcosa che ha scritto lei, non so di che cosa parla, non ho mai scritto una cosa del genere, a cosa si riferisce? Nichilista chi dice che ci che abbiamo in comune la morte, a me interessa la nascita.
Inoltre bisognerebbe intendersi intorno al realismo, non basta appiccicare delle etichette, si tratta proprio di quello che le dicevo riguardo all'insufficienza del giudizio. Dicendo che sono un realista non credo lei pensi di aver detto qualcosa. C' qualcosa che non risolvibile nelle etichette, si tratta dello spazio della discussione, di essere disposti all'ascolto.
Il pensiero non sono le cose è espressione realista che vuole mostrare, invano d'altronde, di diversificare ciò che è identico, è proprio l'espressione dell'intelletto astratto, è ciò che lei ha scritto ma forse che non si rende nemmeno conto d'averlo fatto.
...perché dice che il pensiero non sono le cose e dice appunto: c'è un pensiero e oltre ci sono le cose che il pensiero non comprende, quel non sono le cose. Guardi Cartella che bisogna essere quantomeno coerenti con ciò che si scrive e soprattutto, quando si fa filosofia sapere da dove derivano le cose che pensiamo appunto e che pensandole scriviamo come la sua "il pensiero non sono le cose".
Non si tratta di voler mostrare ma si tratta di far vedere lasciando anche emergere una sottrazione del visivo, c qualcosa che nel visivo viene sottratto. Far vedere anche ci che non si pu semplicemente mostrare. Si tratta del desiderio che ci attraversa e che non dell'ordine della volont. Per lei il pensiero sono le cose? Il pensiero coincide con le cose? Se penso a cento euro li ho in tasca? Davvero basta che lei pensi a 100 euro perch li abbia in tasca? Inoltre lei arriva a livelli di astrazione molto alti dicendo che ho scritto delle cose che non ho mai scritto e che non mi rendo conto di averle scritte. Mi dia i riferimenti, sia pi preciso, non so a cosa si riferisce. Diversificare ci che identico qualcosa che ha scritto lei, lei sta criticando qualcosa che ha scritto lei, non ho mai scritto una cosa del genere.
Il pensiero non sono le cose vuol dire che vi una non coincidenza fra pensiero e cose, si tratta del non realizzato dello sguardo, della schisi fra l'occhio e lo sguardo. Lo sguardo assorbe di pi di ci che si ha coscienza di vedere e questo di pi non indifferente nell'agire. Si tratta del punto di cedimento della coerenza. Chi coerente non cambia mai, sempre uguale a se stesso e vive nell'inganno che si possa dire tutto risolvendo ci che non riducibile alle nostre concettualizzazioni, il non realizzato. A me interessa la fedelt a se stessi. Si tratta di lasciar agire il cambiamento costitutivo della nostra soggettivit. Le persone coerenti sono le pi pericolose.
Se il pensiero fosse solo ciò che penso io, allora le dovrei dar ragione, ma allora ad aver torto sarebbe appunto il Pensiero, in quanto il mio pensiero è solo una parte del pensiero, è proprio qui che agisce l'intelletto astratto che, astraendo del Pensiero o dell'Apparire trascendentale quel pensiero "mio", lo fa diventare quel tutto che in realtà è parte, producendo la contraddizione della parte "identica" (che si identifica) al Tutto. Ma il pensiero non è ciò che penso io (non solamente),ma ciò che è il trascendentale, l'Apparire di ogni cosa, altrimenti è il mio pensiero e non il Pensiero. Confondendo, come fa ingenuamente lei, la parte come tutto, del pensiero astratto,l'intelletto opera nichilisticamente, annichilendo la parte nel tutto.
...riduce a tal punto il Tutto alla parte ? si che non riconoscendo appunto più il tutto crede che quei 100 talleri che sono in tasca siano altro dal tutto che è l'apparire (il pensiero) appunto ? E' questa la domanda che si deve fare lei, altrimenti credendo che ci siano là in quella tasca i cento talleri e che quelli siano poi pensati nella testa identicamente come anamnesi o riflessione mentale del posseduto ( i cento talleri), crede che pensandoli o non pensandoli quei cento talleri esistono ed esistono indipendentemente il "nostro" pensari, il realismo appunto.
...che il tutto , essendo quella parte (quel "mio pensiero") crede "diversamente" come intelletto astratto, che il tutto non è il tutto, ma tutto che è una sua parte dunque contraddizione, quando lei mi dice appunto "davvero basta che lei pensa 100 talleri perché li abbia in tasca?" identifica il pensiero con il "mio pensiero" (nichilismo) e crede che esistano i 100 talleri anche se questo non apparisse si che se ciò che non appare non esiste lei lo fa esistere comunque, come prodotto di che cosa? Eppure nelle ultime tre righe del suo articolo (contraddicendo quello che dice poco sopra) dà nuovamente spazio alla manifestazione dell'"esser comune". (senza in)
Lei parla di tutto il pensiero e poi mi parla di astrazione? Tutto il pensiero astrazione pura. Quando si parla di pensiero credo che bisogna chiedersi: chi che pensa? Il tutto una costruzione, il tutto non qualcosa di gi dat, di gi stabilito, il tutto in costruzione. I concetti di tutto e di parte, di cosa e delle sue propriet sono vuote astrazioni se non vengono riferiti a un sistema di categorie logiche che essi non esauriscono. Ma insieme a questo si tratta anche di ci che non sta alla logica nella logica stessa. Nei nostri processi di realizzazione qualcosa scivola di piano in piano e rimane eluso. La filosofia ci che vi di pi lontano dalla tuttologia. La filosofia il rapporto a ci che non filosofico e questo non vuol dire che ci che non filosofico venga ricondotto alla filosofia, ma si sta parlando dellirrisoluzione dellalterit di ci che non filosofico.
Poi lei va a livelli sempre pi alti di astrazione dicendomi anche che cosa credo senza darmi i riferimenti. Non ho mai sostenuto delle cose del genere. Per quanto riguarda l'esistenza, si tratta di una costruzione, per dire che qualcosa esiste bisogna anche poterlo costruire, ovvero saper trovare dov questa esistenza.
Inoltre si trattava di euro, non di talleri. Grazie per i suoi interventi.
...interrogarsi su chi pensa(individuo) non sia "abissalmente' astratto come tutto il pensiero (l'universale) ? O gli stessi 100 talleri che sono molto più significativi dei suoi cento euro se non altro per la rilevanza filosofica del significato che Kant dà a queste monete e che lui tenne in tasca ? Considero, allora, che lei è più vicino a dirci quale sia la verità di come appaia di non sapere. spero che, comunque, oltre a nascondersi sempre dietro a pieghe e veli, cominci a riflettere davvero su quanto le scrivo.
Che se fosse come dice lei basterebbe concentrarsi su ciò che vediamo e quella sarebbe la realtà, eppure i filosofi cominciano proprio quando si mette in discussione ciò che si vede e la filosofia è più potente là dove ciò che all'evidenza appare come acquisito la filosofia ivi mostra la crepa, mettendo in discussione l'indiscusso.
se dovesse finire la manifestazione del mondo, e per alcuni questa fine combacia con la fine dell'uomo, il mondo permarrebbe, sopravviverebbe a questa fine ? in parole povere, alla fine dell'umanità, predetta in vari modi dalla scienza, sopravviverà il mondo ?
...mostra quanto sia invece definitivo il discorso filosofico intorno alle evidenze che l'uomo ha dell'esistenza del mondo e concede una proiezione chiara di queste forme del pensare. Se il mondo esiste indipendentemente il pensiero che se ne ha, il mondo non è il pensiero del mondo, ma il pensiero, che ne è indipendente o dipendente, è una parte di questo mondo, parte che al morire del soggetto del pensiero(l'uomo), muore con lui. Ecco la prima "categoria" di questo discorso: "il pensiero può morire", come ogni cosa, anche quella cosa che è parte del tutto, identificato in questo con l'esistenza del mondo, muore, e morendo va nel nulla, perchè se non ci andasse sarebbe eterno e non morrebbe. Il pensiero che muore, come ogni cosa o parte, implica quindi la seconda categoria, "l'essere (come esistenza e come essenza) può diventare nulla"come ciò che è infinitamente altro dall'esistenza e dall'essenza.
deducendo che le parti possono dall'essere (esistere) andare nel nulla (non esistere), come la coscienza che muore in quanto parte del tutto che non sopravvive al tutto, questo abbiamo definito nella tesi, che le parti muoiano, essendo le parti ciò che il tutto è, anche il tutto o il mondo può morire e perire con la coscienza o subito dopo o perché no, anche prima di essa, si che a restare è la coscienza e a perire sia il mondo. Spero di cominciare a far riflettere, poi continuo su questa strada...
Le parti che costituiscono il Tutto periscono: la coscienza, la mente, il cervello,il corpo, il Mondo,la Terra, il Sole, le idee periscono e con loro perisce il Tutto. Se non c'è relazione tra le cose e il loro esistere allora le cose possono esistere come non esistere. Terza categoria: "le cose non esistono quando non esistono. Il pensiero non ammette il contraddittorio come esistente , due non possono essere uno, tanto che il principio dei principi di ogni logica e di ogni scienza è il principio di non contraddizione. Ora si ammetterà, l'obiezione al principio ammetterà, che come principio , il principio di non contraddizione può perire come periscono tutte le cose e ci sarà un tempo in cui il contraddittorio esisterà, potrà esistere. Questo pensiero, pensiero che ora definisco come nichilista, pur non ammettendo in linea di principio il contraddittorio come esistente
Credo che interrogarsi intorno a chi pensa non abbia nulla a che vedere con il pensiero in generale perch sempre qualcuno che pensa e il pensiero sempre insieme. Non sono mai io che penso da solo qualcosa isolatamente. Sia il pensiero in generale sia io che penso qualcosa isolatamente sono astrazioni pure che tendono ad assolutizzare qualcosa che invece inserito in un complesso di relazioni che non esaurito dalle categorie di tutto e di parte. I concetti di tutto e di parte, di cosa e delle sue propriet sono vuote astrazioni se non vengono riferiti a un sistema di categorie logiche che essi non esauriscono. Ma insieme a questo si tratta anche di ci che non sta alla logica nella logica stessa. Nei nostri processi di realizzazione qualcosa scivola di piano in piano e rimane eluso.
Il problema, chi pensa, extra-proposizionale, differisce essenzialmente da ogni proposizione. I problemi non sono dati gi pronti e non scompaiono nelle risposte o nella soluzione. Il problema lo sento, mi attraversa. La riflessione successiva. Le supposizioni riguardo alla fine del mondo senza interrogarsi intorno al mondo, all'uomo e alla fine in questo momento non mi interessano. L'uomo, il mondo, la fine non sono scontati per me.
Noi pensiamo nel linguaggio: quando pensiamo a qualcosa, ce lo diciamo mentalmente. Niente se non nella misura in cui si dice che . Il linguaggio non esiste. Il linguaggio quel che si cerca di sapere circa la funzione di ci che non riducibile nel linguaggio. Il linguaggio non una nostra propriet, noi nasciamo nel linguaggio, il linguaggio ci precede.C qualcosa che sfugge nel discorso. Il discorso non appartiene allessere parlante, non lessere parlante. Il riferimento agli effetti di ci che non riducibile nel linguaggio. Essi sono degli effetti che sono affetti.
La verit c. Essa non ha contenuto, non rappresentazione, non una verit oggettiva o oggettivata, ma c. Essa uno spostamento di posizione, un effetto di spostamento ed legata al niente di rappresentabile. La verit la si pu dire solo a met. Non si pu entrare a piedi pari nella verit, la verit non come stanno le cose; essa si vela e si disvela. La verit qualcosa che sentiamo come vero ma che non riusciamo a dire o a rappresentarci, ma orienta i nostri tentativi di significazione. La significazione ci che ha effetto di significato. Il rapporto tra il significato e ci che si trova l come terzo indispensabile, vale a dire il referente, precisamente il fatto che il significato lo manca. Il significato manca la cosa. Non si pu dire tutto.
,si convince che potrà pur sempre esistere, che l'essere non è, tanto è vero che crede addirittura che un uomo o l'ultimo uomo sulla terra nel perire manterrà inalterata la coscienza del mondo, anzi il mondo senza la coscienza. Allora siamo convinti dell'esistenza del mondo, talmente convinti che chi lo negasse sarebbe preso per matto, ma realisticamente e nichilisticamente questa coscienza del mondo può essere il mondo senza la coscienza o la coscienza senza il mondo, cioè siamo realisticamente (come lei Cartella) convinti che le cose possano essere senza esistere e esistere senza essere o senza la loro essenza.In conclusione siamo convinti che le parti non debbano necessariamente essere le parti di un tutto e che con o senza le parti è il tutto e con o senza il tutto sono le parti.
Per quanto mi riguarda non si tratta del discorso filosofico definitivo, ma si tratta della filosofia, la quale apertura, creazione di risposte a dei problemi concreti e non chiusura definitiva. A me interessa l'innocenza dell'insufficienza del giudizio, si tratta del punto della filosofia, se a lei non interessa, rispetto la sua scelta, faccia pure il suo discorso solitario e definitivo.
vedo con piacere che ora non è più sicuro dell'esistenza dei 100 Talleri come dell'esistenza del Pensiero, e questo è un passo avanti rispetto alla sua posizione precedente che dava una priorità ai Talleri sul Pensiero. Al fatto che lei eluda sempre le domande non posso farci niente. Sulla definitività del discorso filosofico, non essendo io un'ipocrita che pensa contraddittoriamente di non pensare, penso e quando penso penso alla definizione o determinazione di ciò che penso, ecco la definitività del discorso filosofico, è il definire l'ambito del pensiero appunto, soprattutto del pensiero acritico e che il senso comune decide come definitorio.
" Al fatto che lei eluda sempre le domande non posso farci niente" Non so davvero di che cosa parla, Non ho eluso nessuna domanda, ho risposto alle domande che mi ha posto. Comunque si trattava di euro e non di talleri. L'esistenza una costruzione, per porre un "esiste" bisogna anche poterlo costruire, cio saper trovare dov' questa esistenza. "ora non pi sicuro dell'esistenza dei 100 Talleri come dell'esistenza del Pensiero, e questo un passo avanti rispetto alla sua posizione precedente che dava una priorit ai Talleri sul Pensiero" Questo quello che sostiene lei, non ho mai scritto delle cose del genere, lei critica qualcosa che ha introdotto lei, l'esistenza del pensiero l'ha introdotta lei.
Noi pensiamo nel linguaggio: quando pensiamo a qualcosa, ce lo diciamo mentalmente. Niente se non nella misura in cui si dice che . Il linguaggio non esiste. Il linguaggio quel che si cerca di sapere circa la funzione di ci che non riducibile nel linguaggio. Il linguaggio non una nostra propriet, noi nasciamo nel linguaggio, il linguaggio ci precede. C qualcosa che sfugge nel discorso. Il discorso non appartiene allessere parlante, non lessere parlante. Il riferimento agli effetti di ci che non riducibile nel linguaggio. Essi sono degli effetti che sono affetti.
Sulla definitivit del discorso filosofico, non essendo io un'ipocrita che pensa contraddittoriamente di non pensare, penso e quando penso alla definizione o determinazione di ci che penso, ecco la definitivit del discorso filosofico, il definire l'ambito del pensiero appunto, soprattutto del pensiero acritico e che il senso comune decide come definitorio. Faccia pure, continui pure con la definitivit del discorso filosofico, poi mi far sapere come andata e che soluzione finale ha trovato. Per quanto mi riguarda non si tratta di definire ma dellinsufficienza della definizione. Si tratta di problemi, i quali sono extra-proposizionali, differiscono essenzialmente da ogni proposizione. I problemi non sono dati gi pronti e non scompaiono nelle risposte o nella soluzione. Si tratta del punto della filosofia, se a lei non interessa rispetto la sua scelta, continui pure con il suo discorso filosofico definitivo e solitario.
Non ho mai avuto come posizione il dare una priorit agli euro sul pensiero. Quando ho scritto "Davvero basta che lei pensi a 100 euro perch li abbia in tasca?" questo non vuol dire che se qualcuno ha in tasca cento euro e non pensa di averli allora questo ha la priorit rispetto a qualcuno che crede che basti pensare a 100 euro per averli in tasca.
Credo che la logica sia molto importante ma anche che sia altrettanto importante ci che non sta alla logica nella logica stessa. Si tratta della sensazione di una perdita in quanto tale. Ci che si perso non ritorna, il non realizzato che non torna in maniera cosciente, ma rimane perdita. Il riferimento a ci che resta di ci che si perde. Ci che perso non torna e il senso di perdita vago. In ci che noi selezioniamo e a ci a cui noi diamo significato per la nostra vita c qualcosa che viene perso irrimediabilmente e che non fa parte di ci che funzionale alla nostra identit.
All'ID42468 mi ha risposto? Scusi, ma allora non l'ho capita.
"se dovesse finire la manifestazione del mondo, e per alcuni questa fine combacia con la fine dell'uomo, il mondo permarrebbe, sopravviverebbe a questa fine ? in parole povere, alla fine dell'umanit, predetta in vari modi dalla scienza, sopravviver il mondo ?" Le ho risposto cos "Il problema, chi pensa, extra-proposizionale, differisce essenzialmente da ogni proposizione. I problemi non sono dati gi pronti e non scompaiono nelle risposte o nella soluzione. Il problema lo sento, mi attraversa. La riflessione successiva. Le supposizioni riguardo alla fine del mondo senza interrogarsi intorno al mondo, all'uomo e alla fine in questo momento non mi interessano. L'uomo, il mondo, la fine non sono scontati per me.
Rimango irrealizzato perché penso extra-proposizionale che differisce da ogni proposizione, e siccome i problemi non sono dati già pronti e non scompaiono nelle risposte (?) o nella soluzione (?) allora rimango anche definitivo e solitario.
Più corretto sopra il Titolo se scritto così: "Non capisco." Che poi se non capisco dove sia il problema che non si può ridurre alla sua soluzione perché c'é quell'irrealizzato lo capisco, o no ?
In quanto il mondo, la fine, l'uomo non lo sono per lei cosa è scontato? Immagino che mi risponderà nulla e immagino che la mia reazione sarà un grosso sbadiglio. Forse i due piani che scivolano e qualcosa rimane eluso ? Cosa sono questi due piani? Cosa rimane eluso? Se lo è chiesto ? Cosa è il punto della filosofia ? Se lo è chiesto ? Proviamo a vedere cosa c'é e non ad indicare continuamente cosa non c'é ?
Quali la scienza, se la filosofia non è la risoluzione di problemi, perché la scienza ha invece la giusta pretesa di farlo. Se l'uomo filosofico deve ridursi ad un accumulo di sensazioni e di illusioni che lo riportano irrimediabilmente allo stato animale e sensoriale, preferisco l'uomo scientifico, non saremo al mio Uomo Filosofico, ma qualche passo lo avremo fatto. Io ho della Filosofia un valore diverso, direi sacro, di quella sacralità che fa dio più vicino all'Uomo moderno (e quindi non l'uomo a Dio) di quanto il suo uomo dell'irrealizzato possa solo immaginare.
Socrate "Sa di non Sapere" e Platone "Sa di Sapere", che lei "non Sappia di non Sapere" mi sconcerta, come lo sconcerto di ogni filosofo di fronte al Sofista e Scettico che ingannevolmente si inganna per sé. E sa perchè? Perché a non sapere di non sapere è contraddizione, che la prima parte della proposizione "il non sapere" è affermazione che pretende di essere base di quel non sapere che non si sa, ma come può il non sapere sapere di non sapere? a lei di riflettere su questo irrealizzato.
tutte queste cose sopra sono cose che ho scritto io non cose che ha scritto lei, mi dia i riferimenti più precisi se vuole essere costruttivo per quanto riguarda le cose che ha scritto lei.
cosa è l'incremento? cosa è il creativo ? cosa è la novità ?
Credo che lei nel suo sfogo in molti punti sia stato molto preciso. Si avvicinato molto allarticolo che sta commentando. Per esempio quando ha introdotto il SACRO. Vi uno stretto legame con il problema dellarticolo, il quale riguardava la vita e il pensiero. Credo che le categorie di sacro e di profano in relazione alla filosofia e al pensiero vadano ripensate. Immagino che mi risponder nulla e immagino che la mia reazione sar un grosso sbadiglio Se si apre uno spazio di riflessione insieme si tratta di cogliere visivamente il cambiamento, non solo immaginarlo, immaginazione e realt sono legate dallimmaginale, dalla trasformazione reciproca nel discutere insieme.
Ci che sacro perch deve essere separato, deve essere separato dal libero uso. Qualcosa che pu essere liberamente usato, se a un certo punto assume un valore particolare, sacrale, deve essere separato, deve essere messo in esposizione ma non deve essere usato. Ci che lo connota il poterlo osservare ma non il poterlo toccare. La sacralit sottrazione alluso. Mentre invece il profanare ha la connotazione della restituzione alluso, non dissacrare. Non il non aver pi rispetto. Profanare lesigenza, la necessit di una restituzione alluso. La filosofia legata proprio a questa restituzione. La profanazione mantiene un atteggiamento di attenzione, ovvero senza la pretesa di dominare, di aggredire, di violare e di dissacrare. Vi una tensione importante fra SACRO e PROFANO dove luno non negazione dellaltro. Lattenzione e il rispetto stanno insieme alluso e al toccare. La profanazione un ritorno alluso e questo ritorno carico di attenzione.
Ci che tiene insieme il sacro e il profano senza confonderli il gioco. Il gioco non abolisce le regole ma contemporaneamente connotato dalla semplicit delluso, del contatto. Non si tratta di contemplare e basta. La filosofia non contemplazione, perch le contemplazioni sono le cose stesse in quanto viste nella creazione dei propri concetti. La restituzione al gioco dello spazio sacrale un luogo di incanto dellocchio. Lo spazio della filosofia insieme alla conoscenza, al riconoscimento e alla lettura anche lo spazio dove vado a ritrovare il mio incanto. Lincanto linfanzia della sguardo, che non lo sguardo infantile.
"a lei di riflettere su questo irrealizzato" Per quanto mi riguarda non si tratta dell'irrealizzato ma del non realizzato. L'irrealizzato rimanda a qualcosa che non ancora realizzato e che da realizzare. A me interessa il non realizzato in relazione al problema di ci che non sta alla logica nella logica stessa, a ci che non torna in maniera cosciente ma rimane perdita. Per quanto mi riguarda questo non indifferente perch incide sull'agire. C' differenza fra chi si risolve nel proprio giudizio e chi esita nel dare un giudizio. Si tratta dell'insufficienza del giudizio. L'INCONTRO non riducibile al giudizio che ci si d. Si tratta del granello di follia al quale ho fatto riferimento nell'articolo; quel granello di follia che fonte di fascino.
"Il divenire non landare e venire delle cose dal nulla, ma un incremento creativo della novit" Vuol dire che i concetti, i quali sono atti di pensiero (La creazione non l'andare e venire delle cose dal nulla ma il movimento del pensiero; il pensiero diviene) ed essendo creati, non sono mai creati dal nulla. Ogni concetto rinvia ad altri concetti. Ogni concetto composto da elementi che possono essere a loro volta presi come concetti. Il punto concettuale non cessa di percorrere le sue componenti, di salire e scendere attraversandole (il movimento del pensiero). L'incremento creativo della novit l'atto di pensiero, il quale in movimento, in divenire. Il pensiero diviene.
Il concetto al tempo stesso assoluto e relativo: relativo rispetto alle proprie componenti, agli altri concetti, al piano sul quale si delimita, ai problemi che chiamato a risolvere, ma assoluto rispetto alla condensazione che opera, al luogo che occupa sul piano, alle condizioni che assegna al problema. Il concetto assoluto se considerato come un tutto, ma relativo in quanto frammentario. infinito per la sua velocit, ma finito per il suo MOVIMENTO che traccia il contorno delle componenti. Grazie per i suoi interventi.
I concetti non sono gi fatti, non stanno ad aspettarci come fossero corpi celesti. Non c' un cielo per i concetti; devono essere inventati, fabbricati o piuttosto creati e non sarebbero nulla senza la firma di coloro che li creano. Grazie ancora per i suoi interventi.
La suddetta creazione di concetti per connotare il pensiero per non basta. Insieme alla creazione di concetti, con la quale la filosofia comincia, altrettanto importante il piano di immanenza occupato dai concetti. Il piano di immanenza pre-filosofico. il presupposto della filosofia non come un concetto che rinvierebbe ad altri concetti, ma nel senso di una comprensione non concettuale cui i concetti stessi rinviano.
Pre-filosofico non significa qualcosa che preesiste, ma qualcosa che non esiste al di fuori della filosofia, bench questa lo presupponga. Si tratta allora di due condizioni interne. Il non filosofico si trova nel cuore della filosoia forse pi della filosofia stessa, il che significa che la filosofia non pu limitarsi a essere compresa soltanto in maniera filosofica o concettuale, ma si rivolge nella sua essenza, anche ai non-filosofi.
la creazione o azione del creare se non è dal nulla che avviene da cosa è che avviene, cosa è ciò che è creato prima di essere creato? se è già non vi è alcuna creazione, mentre se ciò che è prima non era, era nulla allora è creato. risolva lei adesso la proposizione "essendo creati non sono mai creati dal nulla."
che la creazione presume il nulla prima del crato, altrimenti che creazione 'è? altrimenti non è creato ma è eterno. Mi capisce Cartella, spero, che senza i fondamenti e senza la radicalità con cui certe categorie del pensiero vanno ad esporsi nel linguaggio e nel pensiero dire che "essendo crati non sono creati dal nulla" è come dire che "due sono uno". Al massimo uno si aspetta che mi voglia giustificare del soggetto "due" quel predicato che gli si contrappone, che lo nega appunto, si che la contraddizione proposta venga risolta o per ciò che concerne la voce del soggetto o per ciò che concerne la voce del predicato. Allora se lei dice che i concetti sono creati, ma non sono creati dal nulla dice ciò che vorrebbe dire, ma che non riesce a dire. Dice il nulla e, se non riesce a risolvere l'aporia, dice ciò che è sempre esposto alla negazione, perchè non riesce a tenersi ferma come affermazione.
I concetti sono creati, cio costruiti con unintuizione che loro propria. Il costruttivismo esige che ogni creazione sia una costruzione su un piano che le conferisce unesistenza autonoma. Altrimenti i concetti sarebbero gi belli e pronti, starebbero ad aspettarci come fossero corpi celesti, ci sarebbe un cielo per i concetti. Credo invece che debbano essere inventati, fabbricati o piuttosto creati e non sarebbero nulla senza la firma di coloro che li creano. Per esempio il concetto di idea di Platone stato creato da Platone per rispondere al problema concreto della selezione fra dei rivali per il governo della citt.
Se si d una definizione del concetto di idea di Platone essa pu risultare molto astratta. Infatti, si pu dire che per Platone lIdea qualcosa che non pu essere qualcosaltro, qualcosa che pu solo essere ci che . Ma cercando di non essere astratti si deve notare che Platone crea il concetto di idea per indicare ci che permette la selezione fra dei rivali che pretendono una determinata cosa. Si pu fare lesempio dei politici e ci si pu chiedere che cosa devono avere i politici per svolgere al meglio il loro ruolo. Questa cosa alla quale un politico si deve avvicinare il pi possibile per essere selezionato costituisce lidea. Il filosofo crea dei concetti e ogni concetto rimanda a un problema (per esempio la selezione dei pretendenti che ambiscono a una determinata cosa). Se facciamo filosofia astrattamente non percepiamo assolutamente il problema. La filosofia creazione di concetti e creazione di concetti in funzione di problemi.
Un secondo prima che Platone formulasse il "suo" concetto di Idea, quel concetto non esisteva " non era", cioè "era nulla". I concetti, prima di essere non sono, sono nulla. I concetti sono nulla. Creare, inventare, fabbricare, sono tutte categorie che hanno origine nel pensiero del nichilista, di colui ( tutti) che pensa che le cose divengano altro da sé, il pensiero del divenire altro delle cose, che pensano che l'essere divenga nulla. Qui mi preme però mostrarne appunto la contraddizione che ha scritto sopra, lei ha scritto: "i concetti, essendo creati, non sono mai creati dal nulla."
I concetti, essendo creati, vengono e vanno nel nulla o, i concetti, essendo eterni come ogni altra cosa, non sono mai creati dal nulla.
Salve.Ho da poco scoperto questo angolo filosofico.Mi piace questo scambio di opinioni che oso definire "esercizio teoretico". Anche se, perdonatemi il giudizio, ogni tanto mi pare che si viaggi su due vie, a volte anche parallele, separate da una muraglia che non permette di com-prendere davvero l'altro.Posso aggiungere carne sul fuoco?Una cosa non mi chiara, dottor Cantarella.Lei dice che . Io credo che il divenire, per sua definizione, avvenga necessariamente nel tempo (si pu discutere su che tipologia di tempo, se circolare, lineare... ma comunque dimensione temporale rimane). Dunque, cosa intende quando parla di < forme atemporali create dal soggetto>. Da che facolt umana sarebbero dunque create queste forme? Non dal pensiero, evidentemente, se si vuole rimanere coerenti.
Chiedo scusa, mi si cancellata una frase a met.lei dice che < il pensiero diviene >.
Questo pensiero, il pensiero che nell'inconscio del nichilista vede l'identificarsi degli assolutamente differenti, è la "vera violenza", è la zona tellurica che produce tutti i problemi irrisolvibili o aporie che non hanno via d'uscita. Se Eraclito diceva:"La Guerra è madre di tutte le cose", concetto che sta alla base di tutta la metafisica del "divenire altro" dell'essente, fin giù ad Hegel, Hegel che dirà "non vi è proposizione di Eraclito che non sia compresa nella mia Logica", è ora il caso di dire che "sono le cose la madre di tutte le guerre". Perché se non si guarda all'origine del pensiero delle cose allora alla domanda "perché non uccidere se si può uccidere?", il pensiero che non sa guardare all'inconscio dell'inconscio, non può che rimanere sordo.
Benvenuto.
Speriamo che qualche traversino si possa posare sul binario.
"per chi pensa al divenire altro delle cose" qualcosa che ha inserito lei, non ho mai sostenuto il diventar altro delle cose. Altrimenti concetto e cosa coinciderebbero. Le cose non sono dellordine del linguaggio, sono ci che non emerge a livello di linguaggio. Le cose o la Cosa (perch la differenza gi unidea) non sono una realt ineffabile o noumenica. Essa patisce dellazione del dire, il quale rende la Cosa nientaltro che un vuoto, un oggetto perduto. A me interessa insistere sul resto, cio ci che resta di ci che si perde. Ci che si perso non ritorna, il non realizzato che non torna in maniera cosciente, ma rimane perdita. Ci che perso non torna e il senso di perdita aleatorio. In ci che noi selezioniamo e a ci a cui noi diamo significato per la nostra vita c qualcosa che viene perso irrimediabilmente e che non fa parte di ci che funzionale alla costruzione della nostra identit.
Le cose non coincidono con ci che noi pensiamo sulle cose. E noi pensiamo nel linguaggio: quando pensiamo a qualcosa, ce lo diciamo mentalmente. Niente se non nella misura in cui si dice che . Il linguaggio non esiste. Il linguaggio quel che si cerca di sapere circa la funzione di ci che non riducibile nel linguaggio. Il linguaggio non una nostra propriet, noi nasciamo nel linguaggio, il linguaggio ci precede. C qualcosa che sfugge nel discorso. Il discorso non appartiene allessere parlante, non lessere parlante. Il riferimento agli effetti di ci che non riducibile nel linguaggio. Essi sono degli effetti che sono affetti. Il linguaggio non soltanto comunicazione. Anche se il linguaggio tutto ci che abbiamo questo non vuol dire che il linguaggio sia tutto.
Come possono quelle essere create e fabbricate e nate? Sta qui ciò che lei non sostiene ma sostiene contraddittoriamente. Dice lei dei concetti che non sarebbero nulla senza la firma di coloro che li "creano". Quindi lei dice appunto che i concetti vengono dal nulla e quindi dice che i concetti divengono altro, il nulla diviene concetto e il concetto diviene nulla, altrimenti, se non sostiene il diventare altro dei concetti dovrebbe dire che i concetti sono eterni e nessun Platone li può creare per come è la creazione che lei stesso ha sostenuto.
...al luogo che è ma non è ancora apparso e Platone è colui che ci mostra il luogo ancora nascosto delle cose che stanno per l'idea plaonica. Quell'"atemporale", a cui Bliss rimanda del suo articolo, potrebbe essere quel tentativo di salvare le cose (i concetti) dal nulla, della sua filosofia. Ma è troppo poco.
Cosa sono quelle forme a temporali ?
Lei dice che le cose non sono dell'ordine del linguaggio, sono ciò ( ndr. Quindi quella cosa) che non emerge a livello di linguaggio. Ma lo dice nella forma del linguaggio che come ogni cosa è sé e non il suo altro da sé, ma ha, di identico all'altro, proprio l'esser sé. Questa l'intuizione della grande filosofia che nasce con i greci. La luce è insieme i colori e i colori sono insieme la luce, ma la luce non è i colori e i colori non sono la luce.
...Che lei non sostenga appunto il divenire altro esplicitamente è vero e anzi, si altera pure se qualcuno osa dire che è lei a dirlo, eppure lo dice, questo è il discorso che sta sotto il suo discorso. Il realismo che continua a sostenere, dicendo di non sostenere, è nel discorso che ,sotto il suo dire, le dice cosa del suo discorso non va, quando cerca di negare ciò che afferma. (dire qui fa le veci dell'affermare, di ciò che vuole tener ferma la cosa, affermare appunto)
"Come possono quelle essere create e fabbricate e nate?" Non ho mai scritto che le cose sono create e fabbricate e nate. Non so di che cosa parla. Non siamo autori delle cose. Si tratta di una consapevolezza differente rispetto alla concatenazione linguistica. Si tratta dellaspetto visivo che sta insieme allaspetto linguistico ma non riducibile in esso. Davvero per lei vi coincidenza fra parole e cose? Quel corpo che ho davanti coincide con il mio giudizio ed l soltanto a comandare segretamente la visione per soddisfare lesigenza di una coscienza? Credo che risolvendo il punto di crisi di questo sistema del giudizio non si faccia altro che giudicare chiudendosi nellorgoglio e nellaggressivit del proprio io senza spazio per lo stare insieme, ascoltandosi, parlando, discutendo.
Il concetto non discorsivo e la filosofia non una formazione discorsiva, perch essa non concatena delle proposizioni.Il concetto non affatto una proposizione, non proposizionale. Le proposizioni si definiscono a partire dalla loro referenza e la referenza riguarda un rapporto con lo stato delle cose o dei corpi, come anche le condizioni di tale rapporto. I concetti entrano liberamente in rapporti di risonanza non discorsiva.
Con Kant il movimento a dipendere dal tempo. Con lui il tempo cambia natura. Non pi circolare perch quando il tempo subordinato al movimento, il grande movimento il movimento periodico, il movimento periodico degli astri e il movimento circolare. Quando il tempo si libera del movimento ed il movimento a dipendere dal tempo allora il tempo una linea retta. Un labirinto pi terribile di ogni labirinto circolare un labirinto a linea retta (Borges).
La circolarit o la linearit del tempo non sono altro che rappresentazioni del tempo nello spazio, si tratta di una spazializzazione del tempo. Richiamarsi allaspetto atemporale del tempo, sta ad indicare lirriducibilit del tempo alla sua spazializzazione.
Per quanto riguarda le facolt, misurare le facolt in funzione di un certo scopo in questo momento non ci che mi preme. Le facolt hanno relazioni disordinate le une con le altre, si scontrano, si riconciliano. Fra le facolt c battaglia, viene meno la misura. Le facolt entrano in discordanza, in accordi discordanti. Si tratta del pensiero, il quale non una facolt. Il pensiero un accordo discordante fra le facolt.
Per quanto riguarda la comprensione, credo sia importante Partire dallidea che non si sta comprendendo il testo. Il malintendere fondamentale. Non aver capito il testo porta allinterrogazione e il malinteso fondamentale porta ad una ricchezza. Lerrore apre il testo, la comprensione intellettuale invece statica.
Chi coerente non cambia mai, sempre uguale a se stesso e vive nell'inganno che si possa dire tutto risolvendo ci che non riducibile alle nostre concettualizzazioni.
Un filosofo mediocre non inventa alcun concetto, usa idee gi pronte e ha delle opinioni, ma non fa filosofia.
lei insiste a dire che ciò che dice non lo dice, è un buon modo di confondere chi si accontenta di ciò che dicendo dice di non dire. ma i "concetti" sono o non sono ? sono qualcosa ( la cosa che si determina affermando) o sono il niente (il ciò che non è essendo contraddittorio?) ? che se i concetti li creiamo, sono creature e come tali vengono dal nulla (mentre lei dice che non vengono dal nulla), che altrimenti non si creerebbero ma sarebbero eterne (mentre lei dice che sono create).
anche tante scoperte scientifiche sono frutto dell'errore o del caso..un pizico di folia non è un"errore" ? non è una cosa imprevedibile e qiundi,non statica" ma,in continua evoluzione...è vero che amiamo i folli! è l'unica folia che possiamo amare perchè crediamo non ci appartenga.non ci riguardi..la follia che ha il sapore della libertà,la invidiamo negli altri senza sospettare che potrebbe essere nostra. ho un amica d'infanzia che "grazie" all'errore di un corpo sofferente di una malattia cronica,ha vissuto.ha vissuto tutto ciò che poteva e voleva..è stata anche folle.follemente viva e saggia..saluti e grazie!
lei insiste a dire che ci che dice non lo dice, un buon modo di confondere chi si accontenta di ci che dicendo dice di non dire Non so davvero a cosa si riferisce, mi dia i riferimenti, sia pi preciso. Lillusione delleterno subentra quando si dimentica che i concetti devono essere creati. I concetti essendo creati non sono mai creati dal nulla vuol dire che il concetto ha dei presupposti. Non per nel senso che un concetto presuppone altri concetti, giacch si tratta piuttosto di presupposti impliciti, soggettivi, preconcettuali, che formano unimmagine del pensiero. Si tratta della restituzione di quanto andato perduto, dellincomprensibile, di quello che nellarticolo indicavo e che anche Sonia ha indicato precisamente; si tratta dellaspetto folle del pensiero, della parte pi intima del pensiero e al tempo stesso il suo fuori assoluto.
Il gesto della filosofia, non tanto pensare laspetto folle, quanto mostrare che esso l, non pensato in ogni piano, pensarlo come il fuori e il dentro del pensiero, il fuori non esterno o il dentro non interno.Se i concetti preesistessero belli e fatti, dovrebbero rispettare dei limiti; ma anche il piano prefilosofico chiamato cos soltanto perch lo si traccia come presupposto, e non perch esso preesisterebbe senza essere tracciato. La creazione dei concetti non ha altro limite allinfuori del piano che questi vengono a popolare; ma il piano stesso illimitato e il suo tracciato si conforma solo ai concetti da creare, in quanto deve collegarli. Grazie sia a Dru sia a Bliss sia a Sonia per gli interventi.
REALISMO. O neorealismo. Il sapere è riflesso dell'esperienza Ma le chiedo, il sapere ènuovamente esperienza ? O la presuppone solamentè. E quel "presuppone" è frutto dell'esperienza mentale o dell'esperienza che presupposta produce il mentale ?
io non posso argomentare come voi ma,rispondo ai sentimenti e emozioni che mi suscitano le sue riflessioni filosofiche...grazie.
I concetti non sono il pensiero. Il pensiero creazione. La creazione dei concetti non sono i concetti. Il pensiero non solo la coscienza. La coscienza presuppone l'esperienza vuol dire che la coscienza di ci che ci accaduto successiva a ci che ci accaduto ma presente fin dall'inizio nella forma dell'esperienza la quale non risolvibile nella realizzazione.
Se la coscienza di ciò che ci è accaduto è successiva a ciò che ci è accaduto allora ciò che ci è accaduto che coscienza ha ? Una coscienza incosciente in quanto non cosciente.È l'esperienza che non è la coscienza ad essere presente. Mi chiedo e le chiedo, come è il chiedere che sa già dove può la risposta arrivare, questa presenza dell' esperienza che anticipa la coscienza è prodotto del pensiero o anticipa il pensiero creativo ? Se anticipa il pensiero le chiedo come ulteriore domanda, anticipandolo il pensiero, questa presenza dell'esperienza è base per il pensiero che è creativo, no? Allora ciò che è creativo è creato, creato a sua volta da questa presenza dell'esperienza, principio della coscienza, o la coscienza è sorda e la presente esperienza è muta?
Se fosse così nessuna "presente esperienza" direbbe nulla alla coscienza, e si formerebbe un problema ancora più arduo da risolvere, che si risolve appunto sostenendo che la coscienza presente è l'esperienza. Ma una presente esperienza che sa parlare ad una coscienza non essendo muta è cosciente e sa relazionare con questa coscienza che non è sorda. Voglio portarla a comprendere che ogni presente esperienza è insieme coscienza, o relazione ad essa, che se non lo fosse allora non potrebbe essere ascoltata da alcuna coscienza.
Ogni cosa non è che se stessa ma è anche insieme alle altre e con le altre si relaziona nei modi che gli conviene.
ma qualche volta fa finta di non sentire..non è questa la follia-errore-ispirazione-creazione non è questo che odiamo,amiamo e che ci affascina? la vita non affascina proprio in virtù della sua imperfezione? e si ricrea sempre per questo? mi viene un esempio :senza la nostra imperfezione ,la pillola contraccettiva funzionerebbe anche troppo bene..invece ,ogni tanto ,capita di dimenticarsela..nonstante l'esperienza..ihih e voilà! un'altra possibilità di vita..(scusate le corbelerie...)
"La convergenza delle forme materiali del mondo fisico di cui fa parte l'organismo e delle forme atemporali costruite dal soggetto sembra in linea di principio comprensibile." " Richiamarsi all'aspetto atemporale del tempo, sta ad indicare l'irriducibilità del tempo alla sua spazializzazione." Queste due frasi scritte da Cartella, se ho capito bene, indicherebbero, delle forme a temporali, quelle forme che si liberano dal tempo. Il soggetto costruisce forme a temporali, cioè forme spaziali senza tempo. Poiché l'irriducibilità del tempo allo spazio è irriducibilità dello spazio al tempo. Allora chiedo come può avvenire la "costruzione" senza un prima e senza un poi?
Non si tratta di un tempo che esclude il prima e il dopo ma di un grandioso tempo di coesistenza che li sovrappone in un ordine stratigrafico. La filosofia non storia; coesistenza di piani, non successione di sistemi. Queste due frasi scritte da Cartella, se ho capito bene, indicherebbero, delle forme a temporali, quelle forme che si liberano dal tempo. Il soggetto costruisce forme a temporali, cio forme spaziali senza tempo. Non si tratta di liberarsi dal tempo ma di lasciarlo agire nella sua irrisoluzione alla spazializzazione. Per questo il richiamo allesperienza, la quale non si oppone alla coscienza, ma presupposto implicito, soggettivo, preconcettuale, che forma unimmagine del pensiero. Si tratta di quello che le indicavo come laspetto visivo che sta insieme allaspetto linguistico senza essere risolto da questultimo. Mi rendo conto della difficolt, si tratta di rimanere nel linguaggio con una consapevolezza differente rispetto alla concatenazione linguistica.
Si tratta di una creazione che non è creazione, di un linguaggio che non è linguaggio, di un diacronismo che è sincronismo, di una folta schiera di piani che stanno non stando, sono non essendo e divengono non divenendo, un tempo atemporale. "Ciò che non è risolto, che è il dire tutto non compreso nel tutto detto, che è il tutto formale, ma non concreto, che se fosse il tutto concreto non darebbe spazio ad alcun irrealizzato, è risolto nel suo essere irrealizzato" (hembè?). Buona giornata Cartella, di solito, quando mi accingo alla lettura della filosofia di chiunque, sono spinto a questo dalla curiosità per la "comprensione" di ciò che sta alla base delle tesi proposte, quella base che è argomento di supporto alla tesi, ma la sua filosofia per me è sinceramente troppo, mi sembra che lei continui con tesi che non hanno fondamento, almeno lei non ne darebbe traccia, più probabilmente
è un mio limite di "comprensione". Notando in alcune conversazioni che lei dice di Sonia che dà sempre letture precise, chiedo a Sonia di spiegarmi cosa abbia capito lei della sua filosofia e di dirmi lei, con sue parole, dove stanno gli argomenti a supporto delle tesi esposte ;-) Con simpatia.
fai finta che non ci sono..ihih la filosofia di cartella parla alla vita.anche alla mia.solo che io non ho gli strumenti per risondervi .e veramente la dialettica non mi interessa.mi interessa la vita e le emozioni. se anche solo un concetto mi è comprensibile,penso che la filosofia abbia già raggiunto il suo scopo:aiutarci a spiegarci la vita..nel possibile dei nostri limiti..la filosofia la facciamo noi esseri umani. e perchè? per darci delle risposte.ma troviamo continuamente ,altre domande.ma tant'è..la coscienza l'abbiamo solo noi no?
"Si tratta di una creazione che non creazione, di un linguaggio che non linguaggio, di un diacronismo che sincronismo, di una folta schiera di piani che stanno non stando, sono non essendo e divengono non divenendo, un tempo atemporale". Non ho mai scritto delle cose del genere, questo quello che scrive lei. Si tratta di una critica a qualcosa che ho scritto? Se s mi dia i riferimenti, sia pi preciso."Ci che non risolto, che il dire tutto non compreso nel tutto detto, che il tutto formale, ma non concreto, che se fosse il tutto concreto non darebbe spazio ad alcun irrealizzato, risolto nel suo essere irrealizzato" Anche questo quello che scrive lei, non ho mai scritto delle cose del genere. Non si tratta dell'irrealizzato che rimanderebbe a qualcosa che non ancora e che deve essere realizzato, ma si tratta del non realizzato.
Per quanto riguarda il tempo non ho scritto solo tempo atemporale ma ho scritto "La circolarit o la linearit del tempo non sono altro che rappresentazioni del tempo nello spazio, si tratta di una spazializzazione del tempo. Richiamarsi all'aspetto atemporale del tempo, sta ad indicare l'irriducibilit del tempo alla sua spazializzazione" L'astrattismo sta proprio nell'estrarre i concetti dal piano contestuale in cui sono inseriti.
Per quanto riguarda la comprensione, credo sia importante partire dall'idea che non si sta comprendendo il testo. Il malintendere fondamentale. Non aver capito il testo porta allinterrogazione e il malinteso fondamentale porta ad una ricchezza. L'errore apre il testo, la comprensione intellettuale invece statica. "Dove stanno gli argomenti a supporto delle tesi esposte" Riguardo a questo non so proprio a cosa si riferisce, mi dia i riferimenti, sia pi preciso. Il linguaggio legato al suo funzionamento. Il significante non si riferisce a nulla se non a un discorso, cio a un modo di funzionamento. Il significato non quel che si intende, ma quel che si intende il significante. Il significato leffetto del significante e gli effetti non sono totalmente controllabili dalla volont. Ci vuol dire che non si pu dire tutto.
non si può dire tutto! (e non si dovrebbe dire tutto! lasciarsi "trapassare" dai pensieri e dalle emozioni.lasciare sospeso il giudizio e la ricerca di una risposta..
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ID42403 - 02/03/2014 10:20:52 - (Dru) -
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