09 Novembre 2007, 00.00
Treviso Bs
San Martino a Treviso

Generoso, viaggiatore e... gustoso

La ricorrenza di San Martino è festeggiata in Valle Sabbia soprattutto a Treviso Bresciano, che lo riconosce come Patrono dell’intera comunità, ricordandolo con devozione... e con gli spiedi, considerati dagli intenditori delle vere opere d'arte.

La ricorrenza di San Martino è festeggiata in Valle Sabbia soprattutto a Treviso Bresciano, che lo riconosce come Patrono dell’intera comunità.
E’ per questo che l’11 di novembre di ogni anno nel piccolo centro dell’Alta Valle Sabbia si respira un clima particolare. La devozione si mischia agli spari dei cacciatori che echeggiano dai boschi attorno al paese, ma soprattutto al profumo degli spiedi che arriva dalle locande e dalle case.
Un aroma che che confonde i sensi per quanto sa essere intenso, e che invita tutti allo stare insieme.
Ma chi era Martino? Un uomo che è stato camminatore instancabile, prima soldato, poi cristiano, monaco, vescovo e apostolo, prima di diventare santo.
Approfittiamo della ricorrenza per raccontarne la storia.

È nella Gallia già profondamente cristianizzata che arrivò verso il 338 un giovane di 20 anni di nome Martino.
Era nato in Pannonia, l’attuale Ungheria, figlio di un ufficiale pagano.
Convertitosi al cristianesimo a Pavia durante l’infanzia (è difficile stabilire per effetto di quale influenza), Martino, all’età di 14 anni sognava di consacrarsi a Cristo quando suo padre lo fece entrare nell’esercito.
La vita militare non intaccò per nulla il suo ideale, tutt’altro! Fu “toccato†da un episodio che la leggenda avrebbe reso proverbiale.
Un giorno, ad Amiens, dove si trovava di guarnigione, Martino incontrò un mendicante intirizzito dalla pungente tramontana della Piccardia: fedele all’ideale di carità cristiana, spartì il suo mantello col poveretto.
La notte seguente, Gesù gli apparve in sogno con quel mantello che il giovane catecumeno aveva offerto per amor suo. Battezzato, congedatosi dall’esercito, Martino si preparava a seguire la sua vera strada. La sua fortuna fu d’avere per maestro la luce della Chiesa gallica, “l’Attanasio dell’Occidente†al seguito di Sant’Ilario di Poitiers, egli progrediva in santità.
Modesto, rifiutandosi di ricevere il diaconato di cui non si giudicava degno, cominciava a lavorare presso il grande Vescovo quando lo prese un rimorso di coscienza. Aveva il diritto di abbandonare al paganesimo la sua famiglia e i suoi amici in Pannonia?
Ritornò dunque sul Danubio, convertì sua madre, ma dovette andarsene precipitosamente.
Poi, dopo un soggiorno in Italia, a Milano, dove la sua ortodossia intransigente gli costò le percosse da parte degli Ariani, si rifugiò su un’isola ligure, per condurvi una vita da eremita che l’occidente cominciava allora ad imparare. Quando il suo maestro Ilario rientrò dall’esilio, Martino lo raggiunse in Gallia e intraprese finalmente quella grande opera di fondazione di monasteri.
Sant’Ilario muore. La folla di Tours reclama Martino. Ha la reputazione di un santo, un apostolo, un prodigioso guaritore. Lui vuole sottrarsi a questo onere; ma con astuzia le sue “pecorelle†riescono a condurlo a Tours mentre i prelati, arricciando il naso, si chiedono, stando agli scritti di Sulpicio Severo, se un uomo di aspetto così mal pettinato possa diventare Vescovo.
Quello di San Martino sarebbe stato un episcopato molto singolare! Mentre conduce un’esistenza privata di tipo monastico nel monastero di Marmoutier, da lui fondato a 2 Km da Tours, mantiene comunque di fronte al popolo la dignità e la solennità di un grande capo ecclesiastico (tenendo testa, se necessario, ai potenti e a Treviri, allo stesso imperatore).
È allora che intraprende l’evangelizzazione delle campagne con un modesto equipaggio, a dorso d’asino o di un mulo, se ne va di villaggio in villaggio. Invita tutti i miserabili, gli emarginati ad avvicinarsi al Cristo. Le strade della Touraine e del Berry lo vedono passare e gettare il suo seme: attraverso la sua opera Amboise, Langeais, Tournon, Cleon, Livroux diventano parrocchie.
Si spinge fino ad Auvergne e in Saintonge; predica il Vangelo tanto nella regione parigina quanto nella valle del Rodano. Dovunque sostituisce ai templi pagani chiese e oratori. La fama accresce la risonanza dei suoi miracoli. Alcuni vescovi lo chiamano ad intraprendere delle vere e proprie missioni tra i contadini.
Quando muore, durante uno dei suoi viaggi, a Candes nel 397, la sua popolarità è tale che nessun santo forse – fuorché la Vergine – potrà mai rivaleggiare con lui in Gallia.
Egli è ancora il patrono di quasi 4.000 chiese parrocchiali, 485 cittadine o villaggi portano il suo nome.
La Chiesa riconoscerà in lui il primo dei grandi confessori dell’occidente e, nella liturgia, gli riserverà un posto equivalente a quello degli apostoli.

“Fare San Martino†è anche un modo di dire assai diffuso per indicare l’azione del cambiare l’abitazione, cosa che il santo fece spesso nella sua esistenza errabonda.
C’è però anche un’altra spiegazione: proprio l’11 novembre in molte aree del Nord si concludeva l'anno lavorativo dei contadini. Se il padrone del campo non chiedeva loro di restare a lavorare per lui anche l'anno dopo, questi dovevano traslocare e andare a cercare un altro padrone ed un altro alloggio.


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