Nei paesi tropicali hanno inventato una trappola tanto semplice quanto efficace per catturare le scimmie: in una zucca svuotata ed essiccata viene creata un’apertura sufficiente perché a malapena la scimmia riesca ad infilarvi la zampetta...
Ogni significato e ogni azione è un significato, come teoria, e un'azione, come prassi, che si fondano sul significato di "cosa", il significato più grande e onnicomprensivo: ogni altro significato cade in esso, in quanto la cosa gli è attributo essenziale, ciò senza il quale ogni significato non sarebbe che nulla. Io sono una cosa, Vallesabbianews è una cosa, le leggi sono una cosa e il mercato europeo è una cosa, anche Dio è una cosa, perché differentemente non sarebbe che nulla. Se qualcuno cercasse ora di dire che oltre la cosa c'è il vero, quel vero sarebbe nuovamente una cert'altra cosa, altrimenti non sarebbe alcunché.
Noi agiamo perché pensiamo, l'azione è determinata dal senso che diamo del mondo, dal senso che diamo delle cose del mondo e nel mondo. La morte del preistorico non é la morte del greco, la morte del greco non é la morte del cristiano, la morte del ricco non é la morte del povero. Ognuna di queste morti produce azioni diverse a seconda di quello che significa morte per ognuna di esse. L'azione é determinata dal significato, significato che la comprende e la sviluppa.
Questa è l'evidenza del pensiero moderno, evidenza che sorge nel concetto di "cosa" sviluppato per primi dal pensiero greco. La cosa, ogni cosa, è fin tanto che è, poi è nulla e nulla è prima di generarsi, questa è la fondazione di ogni nostro pensare.
Le conseguenze di questo pensare produce la potenza della scienza per esempio, ma produce anche il senso di cosa come "roba". Ogni vincolo delle cose con il mondo è inesistente, anche quello di "essere mio" e "essere tuo", perché l'essere delle cose è provvisorio e nuovo, uscendo dal nulla. L'imprevedibile e sempre nuovo, così nuovo che, in quanto l"essere mio", non è definito da leggi e da cose che sono nel mondo. Il fatto che l'"essere mio" diventi l""essere tuo" non è sostenuto e fondato su leggi e vincoli eterni e stabiliti quindi da verità, che non esistono che in quanto divenire dal nulla, ma dalla meravigliosa (terrificante)novità prodotta dal nulla.
Sono persuaso che la voce di chi definisce quel mondo è l'episteme, l'anello più debole e ormai tramontato, quelle leggi sorte nell'evidenza del divenire che avevano la presunzione di poterlo comandare e che da esso sono state travolte.
Però io con il Vallini sono arrabbiato... :-)
Tu insisti a dire che questo carattere della "cosa", così pensata dall'Occidente e ormai dall'intero pianeta, è qualcosa che mi coinvolge e che per questo sarei un apologeta dell'immoralità.
l'immoralità è appunto, come dicevo nel primo post qui, la negazione della moralità, per ciò che concerne come opposizione, la sua universalità, mentre è la negazione dell'uomo come sua specifica contraddizione.Cosa è morale più della realizzazione del senso, o essenza, dell'uomo? Immorale è impedirne appunto la realizzazione, ogni possibile realizzazione. Quindi se morale è questo, e in quanto è questo, immorale è proprio l'episteme o quegli eterni, quelle teorie che impediscono la sua realizzazione, anche quel Dio eterno suscitato dal valore metafisico della cosa che impedisce la eugenetica o lo sviluppo della (potenza) scienza per l'immortalità dell'uomo.
e questo ti licenzia a dirmi che sbaglio. fammi capire...
l'apparire dell'errare dell'uomo è la persuasione, dell'uomo moderno, che le cose vengano e vadano nel nulla, è il massimamente contraddittorio.Ma la "persuasione", come sua essenza, è un essente e come tale esiste, eccome che esiste.
Ogni negazione è ciò che vuole cancellare, annichilire, il suo altro. "Non sei bella", questa proposizione nega la tua bellezza, "non sei grande", quest'altra nega la tua grandezza. Se come essenza sei la bellezza o sei la grandezza, la negazione vuole colpire, vuole annichilire, la tua essenza in quanto bellezza e in quanto grandezza. A questo punto ciò che può dirimere "il conflitto", fra l'affermazione dell'essenza di ciò che sei e la sua negazione, è l'"APPARIRE" di ciò-che-sei. Sei, perché se tu(l'essere) non fossi saresti contraddittoriamente, questo è noto per sé, ma è noto anche sulla base dell'affermazione che la negazione dell'opposizione, tra il "tu" (l'essere) e il "non fossi", "per essere", per esistere, deve costituirsi come quell'opposizione che vuole negare, questa è la verità che nulla e nessuno può negare.
la costruzione che si forma intorno all'affermazione di qualcosa e la sua negazione è l'opinione, come contemplazione intorno a quel qualcosa, un'opinione che diventa scienza (episteme,verità) quando la sua conoscenza, la conoscenza di quell'opinare, che si origina come conoscenza sempre particolare, coinvolge la coscienza dei molti, diventando quel concetto che in sede filosofica è l'universale. Ma la scienza, come visione specifica della parte nel tutto, abbandona questo processo conoscitivo, in nome e per conto proprio di quel senso della "cosa", evocato dal senso greco che si è dato della cosa, che impedisce la formulazione dell'universale in quanto conoscenza del tutto. La scienza è visione statistico probabilistica e non più visione totalizzante come possibile quindi, e non più necessaria.
Questa visione, la nuova visione scientifica, è quindi tornata ad essere opinione, visione preontologica del mondo, visione che non riconosce verità alla cosa, ma possibilità, visione che quindi non vale come necessità, ma come capacità di azione su di essa, quando questa è un fatto. Questa conoscenza della cosa, come opinione, anche se scientifica, come affermazione che può essere anche negazione, è una conoscenza della cosa che sprona all'azione in quanto è quell'agire come capacità sulla cosa, come libero arbitrio sull'ente che è, ma può anche non essere, questa è la vera violenza.
L'articolista.
.. sulla base di questa visione, affermare che è morale ciò che è morale. Ma se affermassi che è immorale ciò che è morale, sempre (bada bene) sulla base di questa visione, produrrei una contraddizione, anche se sorta in seno a quella più ampia che è l'errare dell'uomo e del suo pensiero nella "cosa", la cosiddetta "vera violenza". Cioè, non è perché l'uomo riconosce la "vera violenza", cosa per altro impossibile per l'uomo mortale, cioè contraddittoria, che l'uomo può non essere violento. L'uomo in quanto uomo mortale supera la propria contraddizione solo quando la riconosce, la nega solo quando la vede, e cioè riconoscere e vedere significa oltrepassare, non si riconosce e non si vede nulla che non sia oltrepassato.
Per superarla, la contraddizione, la verità deve riconoscerla e riconoscerla significa completarla per oltrepassarla. Completare l'affermazione e la negazione di qualcosa significa vedere e l'affermazione e la negazione di quel qualcosa, come negazione e come affermazione di quel qualcosa. La vista, l'apparire, è fondata appunto sul P.d.n.c.
.. si differenziano gli identici e si identificano i diversi, questa è la vera ingiustizia, fin tanto che Leretico dice che far la guerra, in quanto fare, non è lo stesso di far la pace, non riconosce la contraddizione che Leretico produce nel "fare". Confondere la guerra come contrasto della pace rispetto alla guerra come essenza di ogni cosa è confondere e identificare la guerra con non-la-guerra, perché di essa si ha ancora opinione e non verità. Voler guarire un malato con una dose doppia del veleno che ha ingerito non solo non funziona, ma è contraddittorio... questa conclusione di Leretico non riconosce la contraddizione.. "Proprio il mondo che stiamo creando, che stiamo così imprudentemente sviluppando, a meno che non ci mettiamo tutti, con impegno, a coltivare zucche e a raccogliere noci, unico rimedio rimasto, sembra, per difenderci dalla corruzione dilagante."
Perché la corruzione inizia proprio in quel "creando" o "coltivando" e "raccogliendo", sia che a farlo siano quelli convinti nella (loro) giustizia, sia quelli che consideriamo dei ladri.
Ma se due della redazione si vogliono confrontare per determinare chi pi erudito dell'altro non possono farlo davanti ad un caff senza fare 17 commenti che penso dopo il primo probabilmente nessuno pi leggera'?
ciò che è più nascosto è per altro il più manifesto.Caro Giacomino, ciò che per il senso comune è il più chiaro è per altro il più confuso.Diceva Parmenide nel suo poema:È necessario il dire e il pensare che l’essere sia: infatti l’essere è,2 il nulla non è: queste cose ti esorto a considerare.3 E dunque da questa prima via di ricerca ti tengo lontano,4 ma, poi, anche da quella su cui i mortali che nulla sanno5 vanno errando, uomini a due teste: infatti, è l’incertezza6 che nei loro petti guida una dissennata mente. Costoro sono trascinati,7 sordi e ciechi ad un tempo, sbalorditi, razza di uomini senza giudizio,8 dai quali essere e non-essere sono considerati la medesima cosa9 e non la medesima cosa, e perciò di tutte le cose c’è un cammino che è
reversibile
Ma se ritengo che la cima non è alla mia portata, non pretendo di pregare Dio che me la spiani e nemmeno mi lamento con quei due scalatori che la stanno arrampicando.La terza pagina è pagina di cultura, ma le montagne da scalare sono molte, qui vicino c'è il Sassello con vista su lago, stupenda, molto appuntito e abbastanza clemente.Se poi qualcuno vuole conoscere la via più breve per raggiungere la punta del Cornisello, può domandare, certo non può impedirne la scalata.Il Cornisello non diventa il Sassello per sola volontà (questa è la verità) e tentare di scalarne le pendici con ciabatte e ombrellone è cosa sbagliata, a parte che lo è anche per il Sassello. ;-) ma oggi si va in montagna credendo che l'orso sia l'orso Yoghi e si pretende di accarezzarlo, poi resta di abbatterlo.
Caro sonio, nonostante i commenti innumerevoli di Dru potrebbero far pensare ad un discorso "inter pares", l'articolo è per tutti. Anch'io preferisco la brevitas di Giacomino, ma so di cosa parla Dru. Effettivamente un caffé sarebbe il mezzo, la scusa, migliore per discutere di tali argomenti. Però si è liberi di leggere solo l'articolo se si vuole, e si può leggere solo il commento di Giacomino per accorciare la pena o il piacere della comprensione. De gustibus non disputandum est.
Bellissimo articolo con la metafora della scimmia condannata dalla sua avidita' ad essere catturata. Gli uomini che avrebbero la possibilita' di scegliere, che non hanno bisogno di rubare, perche' hanno gia' di che vivere, per libero arbitrio, rubano e rubano fino a quando come la scimmmia vengono catturati. quale la differenza tra uomo e scimmia? In questo caso nessuno! Chi ruba chi corrompe chi mette al primo posto il denaro e' simile alla scimmia. Ma l'uomo dovrebbe avere una coscienza, una morale che secoli di storia ha stratificato. Quindi sa cosa e' legale e illegale, cio' che e' bene e cio' che e' male e percio' ha la possibilita' di scegliere tra dignita' e liberta' e il rubare.
A parte che "inter pares" è fra pari, il resto non mi convince, e non risponde alle mie questioni. Sempre Parmenide scrive due parole, la sintesi fatta in persona sul significato di realtà. Su queste due parole si edifica tutto il sapere umano della contemporaneità e volumi interi di critica del pensiero. Ma è poi così vero che queste due sole parole possono essere preferite allo sviluppo conseguente l'intera storia del pensiero ? "L'essere è" scrive Parmenide nel suo poema sulla natura e Aristotele lo presenta come colui che è folle e le sue sono mania. mi chiedo e vi chiedo, perché? Ecco che il perché esige uno sviluppo critico conseguente alla sintesi, esige l'analisi dei termini in gioco, anche se questa, l'analisi, può sembrare lunga e difficile, solo così il pensiero può sviluppare una dimostrazione o addirittura mostrarne il suo fondamento.
Oggi i ladri vengono definiti furbetti, in quanto sono in maggior numero, rispetto gli onesti, questo ha detto Benigni nei suoi dieci comandamenti, e il termine va così annacquandosi, perde del suo iniziale significato appunto, e quando vengono presi con le mani nella marmellata i furbetti non si pentono di quello che hanno fatto , non si sentono affatto dei ladri, ma si pentono della loro stupidità che non si contrappone più al ladrocinio, ma alla furberia appunto, si arrabbiano perché visti con le mani piene di marmellata. Sembrano sottigliezze le mie, ma sono ciò che di sostanziale definisce l'evolversi del senso delle "cose". Infine, le scimmie non sanno rubare e non sanno corrompere, le scimmie non sanno cosa sia il denaro, perché allora identificare l'uomo che sa, perché appunto conosce la "cosa", da una scimmia che non sa? È proprio della cultura il sapere e non della natura, questo APPARE, caro Aldo.
La mala-politica è la causa di tutto il resto.. C'è bisogno di gente onesta nella politica che senza condizionamenti esterni possa porre rimedio a questi problemi. Ma se un partito che si presenta con gente onesta non riesce a sfondare (oggi come allora solo il Movimento 5 stelle) significa una cosa sola: LA CASTA SIAMO NOI.
ma non c'è solo la disonestà come male supremo..questi "diversamente onesti" si ispiravano ad una ideologia e "filosofia" precisa.quella che trae le sue ragioni dalla nevrosi umana..nasce sempre tutto da li hè? cheppauraaa la libertà..altrui! volevano ingabbiare tutti! niente libertà politica,niente autonomia e emancipazione per le donne! a casa a fare figli! ric? hai visto che razza di talebani? ladri,criminali che volevano guidare una nazione! psicopatici violenti che si sentivano superiori! la verità è che,la gente a posto di testa è un gran poca.. minimamente intendo..sono "normali" quanto i loro servi che li eleggono....i simili si attraggono..gente che la naturale nevrosi,l'ha lasciata libera di espandersi ..invece di controllarla.hai ragione capitano:ci freghiamo sempre da soli..sopratutto perchè,non ci conosciamo e ,quindi,non ri-conosciamo i difetti nostri,esasperati negli altri. altro che la "fantasia al
la follia criminale al potere.
ma indicano la verità. Sai capitano perché il movimento5stelle non ha sfondato? perché si è vantata di non saper rubare. Nell'intimo di chi riconosceva un'incapacità del movimento di far politica vi è questo fondamento, l'incapacità, riconosciuta dai più del movimento, di rubare. Peccato mortale oggi, ben più grande di quello opposto che ,nel settimo comandamento, cerca di contrastrne la natura di ogni "cosa". Naturalmente questo è l'inconscio di chi, invece coscientemente, astrae questa inconscia capacità e la fa diventare, astratta, isolatamente, conscia incapacità di far politica.
io non sto inneggiando all'immoralità, anzi ne sto riconoscendo il lato oscuro della (astratta) moralità, il suo inconscio. Questo non significa che allora è giusto uccidere e rubare, questo significa che uccidere e rubare è il nostro desiderio più recondito, proprio perché pensiamo come pensiamo alla cosa. Ritornare a Parmenide non significa ripercorrere la stessa via che ha consentito tutto ciò, significa riconoscerne il fondamento del fondato errore. E non ti sembra questa la superetica?
restando nel concetto astratto dell'astratto morale, non si può che errare perché il sogno non può riconoscere la realtà.
Non è forse la superetica del rubare il nuovo episteme? E non cade anch'essa nell'errore della non verità della fede? Forse è meglio meditare su quest'aspetto un po' di più.
è proprio in questo senso che non si vuole ricadere nell'errore di proseguire sulla strada della "notte", ricadere nell'episteme, oltre che impossibile, è proseguire sulla via indicata come impossibile, che Parmenide esprime nelle sue parole, le parole dell'ontologia, "il non essere non è". Appare quello che hai scritto, appare che rubare è la follia, perché le cose non sono "nostre", in quanto dominabili e quindi isolabili dal loro esser sé stesse, ma appare la follia. la superetica non è il rubare, la superetica è riconoscere cosa significhi rubare.
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Se per l'uomo il male è la propria negazione, la negazione di ciò che pensa, allora rubare non è per esso un male, anzi, per esso è un'intensificazione del proprio essere, della sua essenza, è il bene (il bene essendo la comprensione della propria essenza). L'essenza dell'uomo è ciò che egli pensa del significato che coinvolge e comprende ogni significato. Il significato che comprende ogni altro significato, nell'uomo moderno, è definito nel linguaggio dal termine "cosa", che noi decliniamo in diverse forme in quanto parola, fino a dire anche "roba", da "rubs", e infine indicandone l'azione in "rubare". Rubare deriva, come verbo che indica l'azione di appropriarsi delle cose altrui, dalla sostanza ( direbbe Aristotele) del sostrato, o soggetto, "cosa": chi ruba non fa altro che realizzare in atto, quell'essere in potenza, la capacità di chi ruba.