Il partecipato dibattito, anche critico, al tema del padre mancante trattato la volta scorsa, mi fa dire che sull’argomento educazione e funzioni genitoriali c’è, come giusto, grande attenzione e interesse
Se noi, nostalgicamente, ci rifacciamo all'autorità della tradizione, dell'agire umano abbiamo inteso poco. L'agire non consente l'autorità sull'agire, forma astratta dell'agire, forma che vincola e soffoca l'agire per eccellenza.
... noi limitare l'agire con l'agire? Intendiamo opporci a ciò che ci costituisce originariamente.
Questo è il fondamento della mancanza di limiti. A Non porli, i limiti, non è una volontà propria dell'autorità, che lei individua nelle forme ormai addolcite e democratiche dell'autorità, anche sull'indicazione dei miei commenti al suo articolo precedente, anzi, l'autorità sta sempre lì a ricordarci, come fa lei, quali siano le conseguenze di un tale atto, a non porli è la potenza dell'atto, è il significato originario dell'agire.
Vero che è l'autorità a porre dei limiti, ma nel caso del rapporto fra padre e figlio, durante l'adolescenza o comunque quando ad aprire il conflitto è un processo identificativo in atto, è l'autorevolezza ad avere effetti positivi nel controllo delle pulsioni e delle emozioni. Detto in altro modo: fa più l'esempio che la frusta.
Fra coloro che si adeguano alle leggi del branco, non mancano certo elementi che hanno assaggiato l'autorità e magari anche la frusta del padre. Credo tanti quanti sono coloro che ne hanno assaggiato la mollezza.
Sia l'esempio che la frusta, sia l'autorità che l'autorevolezza, Ubaldo, sono le due facce della stessa medaglia, i limiti. L'esempio vorrebbe replicare ciò che (le cose che l'esempio interpreta) la novità, imposta dal loro essere il nostro futuro, libera per essere vera produzione e vera azione. Se io seguo l'esempio, l'esempio mi determina e determina il mio futuro, legandolo a sé e io non sono libero di agire come voglio ma obbligato dall'esempio.
Ma sulla scorta della nullificazione delle cose tutte, soprattutto di quelle ancor non nate, per essere davvero forti e pronti nell'azione, dobbiamo inventare e innovare e dobbiamo liberarci per questo da esempi e autorità.
Non è necessità espressa da rapporti sociali, ma necessità della verità delle cose. Cioè, non è che su questo possiamo sederci intorno ad un tavolo e decidere di cambiare strategia, non c'é cura per questo, non possiamo nulla su questo, perché questo è "necessità".
Vai un po' più in là. Secondo te, perchè dopo aver esplorato (durante l'adolescenza o comunque nel processo di identificazione che ciascuno di noi attraversa) eccessi e deviazioni (branco compreso), qualcuno trova la sua strada appagandosi nel rapporto con chi gli sta intorno e qualcuno no? Io credo che prorpio lì stia la differenza nell'aver sperimentato limiti solo imposti con la frusta invece che limiti imposti con autorevolezza.
la metti come se tuto ciò che educa fosse un cibo che mangiano tutti,un azione che si ripete a pappagallo..l'educazione che "forma" che "insegna" a "gestire" la libertà ,non è un cosi fan tutti! è una COMPRENSIONE-CONTROLO-LIMITE che ci autoeduca.o dovrebbe insegnare ad autoeducarci!soprattutto,emotivamente. quello che manca a questi ragazzi è l'empatia,la totale anaffettività verso le loro coetanee ! le hanno ridotte a "cose" da "usare" come se non fossero persone. tutto ciò che ci allontana dal'umanità e dalla pietas(che ci porta ad avere pietas anche di noi stesi.che ci porta a riconoscerci nell'altro)dall'empatia ecc. ci fa (e fa ) danno.non la libertà sessuale ,l'amore e la gioia che dovrebbe dare il sesso.
benché non mostri i limiti della mia affermazione e invece forse alcuni di quelli dettati da quella di Maiolo, poiché affermeresti dunque che sono i costumi democratici a farci più forti, è proprio nel seno di quello che dico io che la tua affermazione trova posto e riparo. È la libertà la forza, è l'esempio e non la frusta e cosa è l'esempio sulla frusta se non l'autorevolezza sull'autorità, se non la libertà sulla legalità? Cioè anche le parole mostrano la "necessità" dell'abbandono dai vincoli.
...è l'essenza del processo di identificazione, senza il quale nessuno è se stesso. Il problema, e Maiolo lo indica molto bene, è l'assenza di questi limiti. Che poi vengano dati con autorevolezza invece che con la frusta è la mia preferenza di educatore (ma anche quella di Maiolo come psicologo). E non è la stessa cosa farlo in un modo o nell'altro.
Ogni richiamo all'autorità, anche quella del papa, deve fare i "veri" conti. Tralasciando di farli con il vero nemico, la chiesa, come ogni autorità, crede di poter vincere una battaglia persa in partenza. Non è formandosi un nemico di paglia, non è dimostrandosi e mostrandosi contrari ad un relativismo di facciata che possiamo determinare una strategia coerente contro il vero nemico.
...è la caduta "necessaria" dei vincoli. Cioè non è una cosa che io, tu o il Maiolo possiamo decidere di fermare.
Il "necessario" abbandono dei vincoli è l'essenza del processo di identificazione.
senza il quale nessuno è se stesso.
Hai scritto delle parole e delle proposizioni talmente filosofiche, che ogni mio tentativo di uscirne è vano, ma hai davvero inteso ciò che hai scritto?
...l'identificazione se non l'agire?
E hai trovato la quadra.
L'agire è il tormento, la libertà è terrificante, per questo motivo ogni esempio è scartato in principio, è scartato come velleitaria capacità di determinare. Come Sisifo siamo condannati dal significato che diamo alle cose e all'agire sulle stesse, cerchiamo (invano) di identificarle, di determinarle, producendo tale identificazione, perché siamo convinti, è fede, originaria volontà di potenza sulle stesse che suscitiamo dal niente, che le cose in principio sono niente. Queste cose che sono ancora niente (il futuro) per essere devono essere identificate appunto, con forza con volontà, e per questo dobbiamo agire, dobbiamo agire in quanto "senza l'agire non sono sé stesse", senza l'agire non le tratteniamo e vanno nel nulla. La fede originaria che permette tutto questo è l'identificazione delle cose col niente.
Senza l'agire le cose restano e non vanno nel nulla. L'agire è violenza perché é credere nell'impossibile, é credere che le cose in principio siano nulla e con l'azione le traiamo da esso e con l'azione le mandiamo in esso, NICHILISMO.
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con queste serie di post, il mio intento, quando fraziono, è di mettere in evidenza la frazione e l'intento è sempre quello di trovare chi sostiene una discussione intelligente come sta facendo qui Ubaldo. Oggi io e Ubaldo abbiamo onorato la dialettica. Siamo davvero giunti all'identificazione. Quella frase scritta "L'abbandono dei vincoli è l'essenza del processo di identificazione, senza il quale nessuno è se stesso" ne è il vero spirito. Grazie Ubaldo, grazie davvero...
È il bastone, è il vincolo, è l'autorità, è l'autorevolezza, è l'esempio. Essere il bastone, essere il vincolo, ecc.. essere qualcosa è il dir lo stesso , ma noi crediamo che l'essere e il qualcosa di quell'essere siano isolati e dobbiamo, attraverso l'identificazione, cioè la forza che è azione, unirli, tenerli uniti, se non vogliamo che siano nulla. Ogni cura, ogni dover essere è il vincolo ( ad esempio dover appartenere al branco), è credere (fede, fiducia) che possiamo mettere al loro posto ciò che in principio non può esserlo perché lo vogliamo libero per poterlo dominare, processo di identificazione appunto. Ma se in principio non può esserlo, perché se anche lo fosse, non ci vorrebbe alcuna cura e alcuna distruzione, capite bene che ogni volontà di farlo, ogni volontà di cura, come ogni volontà di distruzione, è la vera violenza, è
volere che ciò-che-non-è (contraddizione), sia, quando in luogo della volontà siamo nella verità dell'essere.
ci si deve staccare dal padre per trovare la propria strada..ma cosa rimane del padre? cosa dovrebbe rimanere?le sue qualità umane..la sua capacità di ascoltare e di dare parola..quella è difficile e,alle volte la più "deficitaria"! ma se penso alla mia esperienza..le qualità umane,la "schiena diritta" di mio padre,la sua etica dura e intransigente (nella mia maturità che si è liberata dai rancori infantili)sono state un esempio positivo..e cosa più importante,è un messaggio che lui stesso è riuscito a dare ai suoi nipoti che,dietro la scorza ruvida,hanno intuito un dono d'amore..ogi è un "mito" per loro! il "terribile" nonno..
..,intendo portare all'attenzione, come primo lato dell'originaria volontà di vincolare, sia il "determinato", la psicologia, che è "psiche" e "logos", cioè, appunto, il discorso sulla psiche, il discorso intorno all'anima e dunque il dir lo stesso intorno e alla psiche e a ciò che il discorso dice della psiche, identità appunto di linguaggio e ciò che il linguaggio indica, e l'identificazione , in questo specifico caso fra le due cose cosa è se non l'azione del discorso che si vuol fare anima? (ma il caso comprende come paradigma ogni caso);
sia, come secondo lato di quella volontà del vincolo, indicare il vincolo della determinazione (in questo caso specifico psicologia appunto) al suo essere, al suo esistere, cioè affermare che con la determinazione, se isolata dal suo essere, non si ha a che fare con la determinazione e all'esistenza di quella determinazione specifica, ma come caso di una volontà universale all'esistenza della determinazione, non si ha a che fare con l'esistenza di quella determinazione in quanto tale, ma con la determinazione isolata dal suo essere (origine della volontà di libertà) si che la determinazione non riesce a costituirsi e l'identità è contraddizione ove, in luogo della loro esistenza, in luogo dell'esistenza della identità, i suoi termini vengono uniti attraverso l'identificazione o azione estrinseca e creatrice del vincolo, volontà, che sia identità.
Ma senza questi termini ogni discussione è divagazione.
che "esempi" danno gli adulti di oggi? in particolare le persone che rappresentano lo stato e la politica? non solo loro ,in primis,ha minimizzare,sminuire la portata delle loro parole-azioni?a "scollegarla" , incasellarla in un tempo-azione scollegato dal vissuto. come se,certe parole,non fossero anche "sostanza"?purtroppo, è la sostanza che si nega oggi.è la sostanza che ci si rifiuta di coltivare. anche la politica "fa branco" mi sembra..tutti insieme in tv a fare chi la spara più "bassa" ,come il bulletto che comanda e dirige il branco con il suo (pessimo ) esempio.
eattamente come i govinastri scapestrati,il cittadino è insofferente alle regole,ne disprezza il valore morale e,nello stesso tempo"anela" ad una guida! una guida "morale " che viene dall'alto..un esempio è il succeso del nuovo presidente ,assolutamente sconosciuto e,quindi,non imputabile di presidenzialismo mediatico! il cittadino ha "sentito" l'autorevolezza come un ben ritrovato...un cittadino infantile e non autoregolato. un cittadino che ha ancora bisogno del padre..peccato che ,molti di questi cittadini,siano già padri a loro volta..fine.
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Giuseppe (Pino) Maiolo, Psicologo, psicoterapeuta e piscoanalista. É docente di Psicologia delle età della vita all’Università degli Studi di Trento e specialista in clinica dell’adolescente. Editorialista di diverse testate tra cui Il Giornale di Brescia e Alto Adige, collabora con Psicologia e Scuola, Giornale italiano di psicologia dell’educazione e pedagogia sperimentale. È formatore e autore di numerose pubblicazioni scientifiche e di divulgazione. |
ID55744 - 25/02/2015 10:24:22 - (Dru) - Non confondiamo i mezzi con i fini
Scrive Maiolo:"mi viene da chiedere se non sia questa mancanza di autorevolezza e di coerenza educativa che ha reso “morbido” il padre e “sbiadito” il suo intervento a far sì che gli adolescenti non siano in grado di mettere confini al loro agire." Caro dott.Maiolo, proviamo ad indagare il termine "agire", si renderà conto che non è perché vi è mancanza di autorevolezza (ciò che nell'altro articolo chiamava giustamente autorità) che oggi i giovani non sono in grado di mettere limiti al loro agire, ma perché vi é mancanza di limiti che oggi più di ieri si può agire e vi è mancanza di autorità.