Pasqua in bocca

I significati della tradizione pasquale sono molteplici e convergono nell'idea di fertilità tipica della bella stagione: la morte come rinascita, la resurrezione, la reincarnazione e via dicendo.
Forse più del Natale, la Pasqua è contraddistinta da accezioni conosciute universalmente, così ampiamente diffuse, che entrano nel linguaggio idiomatico del popolo.

A differenza delle altre commemorazioni, la Pasqua è un termine abusato nei proverbi e nei modi di dire popolari.
Primo fra tutti il noto “Essere felici come una Pasqua”, che riprende la gioia della resurrezione e la contentezza della sconfitta della morte, per indicare uno stato di grazia.

“La Pasqua viene di domenica” invece è un'espressione che si usa per sottolineare come alcuni eventi si verificano proprio al momento giusto, capitando a proposito nella vita.
Anche “pulizie di Pasqua” è un binomio inscindibile: deriva dall'usanza di approfittare del buon clima e dei giorni di vacanza per rinnovare l'aria della casa e della biancheria, ma si riferisce anche ad uno stato di rinnovamento figurato.

Persino i giorni intorno alla Pasqua sono entrati nell'uso della lingua corrente.
Mai sentito dire “lungo come una Quaresima”? Lo spirito di sacrificio dei quaranta giorni che precedono la Pasqua, i suoi digiuni e i fioretti sembrano essere associati alle tempistiche lunghe, al tedio, alla noia.

Per l'ultimo modo di dire, ne scegliamo uno adatto a questo periodo di crisi e parsimonia: “Ha sciupato tutto e adesso fa Quaresima” per parlare di quelle persone che hanno sperperato i propri averi troppo precocemente e a cui adesso tocca uno stile di vita più sobrio, se non addirittura povero; stile “La Cicala e la Formica” insomma.