Col passato sulle spalle

Oggi, nell'italiano standard, il suo nome è gerla, ma nessuno se lo ricorda.
La si vede in ogni ritratto storico dei paesi della valle, indossata dai contadini, dalle lavandaie e dai viticultori.

La gerla può essere fatta di legno, di vimini o viburno: i materiali devono essere intrecciati in una struttura a forma di cono rovesciato.
Per essere trasportata a spalle, è munita di due cinghie, ricavate dalle fettucce dei fusti di noccioli o, alternativamente, da corde intrecciate.

Principalmente, era usata dalle donne per trasportare fogliame, erba, fieno, letame o ortaggi.
Durante la prima guerra mondiale, le gerle venivano utilizzate per portare le munizioni.
Mentre una volta erano necessarie per trasportare una grande quantità di oggetti, oggi sono esposte nelle vetrine dei rigattieri, come pezzi d'arredamento, decorazioni di interni. È una cosa che fa pensare.

Etimologicamente, il termine “gerla” deriva dall'arcaico “gerle”, termine che faceva riferimento ad un solido contenitore di legno di grande capacità.
La parola “gerle” nasce da un regionalismo franco-svizzero che indicava i contenitori utilizzati per la raccolta dell'uva e il trasporto dei formaggi.
Ai quei tempi, la gerla consisteva in un assemblaggio di doghe di ferro, tenute insieme da un fondo piatto.