25 Luglio 2015, 06.56
Casto
La Grande Guerra

«Fino al nostro prossimo incontro»

di Miriam Minolfi

Con questo testo, a conclusione del ciclo di studi alla Secondaria Moretti di Casto, Miriam Minolfi si è presentata al concorso letterario proprosto dalla sua scuola in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale


Con i complimenti di mamma Fernanda, Niccolò e papà Danilo, per gli ottimi risultati raggiunti a conclusione del ciclo di studi: «Avanti così Miriam!»
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(nota per la comprensione: il testo andrebbe letto a due voci


FINO AL NOSTRO PROSSIMO INCONTRO
 
Sono capitano del 2° reggimento Artiglieria da montagna e il 14 marzo 1917 in seguito ad una ferita alla gamba sinistra, ottenni una licenza di 15 giorni.
Quel giorno avevo con me un pacchetto di lettere che il sergente Alberto Bartini mi consegnò prima di morire. Quel pacco non era mai stato spedito perché i soldati erano a conoscenza del fatto che le lettere venissero lette dai superiori e poi controllate all’ufficio Centrale di Censura situato a Bologna.

Mi trovavo a Gavardo; la famiglia Bartini viveva in una cascina in mezzo ad un vasto campo di granoturco. Bussai alla porta e una signorina dallo sguardo indifferente mi fece entrare, chiamò sua madre che mi fece accomodare in cucina. Aveva gli occhi fissi nel vuoto quando le comunicai la triste notizia:

- In riscontro al foglio del 24.2.1917 questo comando ha il vivo dolore di comunicare, in seguito a mia testimonianza in quanto presente ai combattimenti, che il sergente Alberto Bartini del 2° reggimento Artiglieria da montagna morì sul Monte Adamello in seguito a scoppio di granata nemica il 17.12.1916
Il Capitano Carlo Francheni

Appena smisi di leggere quanto avevo scritto porsi alla signora Bartini il pacco di lettere del figlio; non  le guardò neppure, era troppo il dolore che le riempiva il cuore.
Alberto mi aveva avvisato del fatto che sua madre non sapesse leggere, quindi sfilai la prima lettera e lessi ad alta voce:

11 NOVEMBRE 1916
Ieri giunsi su questi monti a 2500 metri, godendo uno spettacolo magnifico.
Stamane, dopo aver dormito in un rifugio insieme ad altri compagni, ho assistito allo spettacolo indimenticabile della levata del sole in mezzo a queste rocce ed a questi piani di neve, resi anche più caratteristici da un immenso mare di nebbia che copriva la valle.
Sono poi salito a 2774 metri, da dove si dominano tutte le posizioni, ed ebbi la soddisfazione di poter sparare su degli Austriaci che sciavano.
Sto benissimo e sono contento.
Alberto

19 NOVEMBRE 1916
Sta nevicando e il freddo comincia a farsi sentire, ma ho ben altro a cui pensare. Ieri l’offensiva nemica è stata arrestata vittoriosamente, ma la fine di questo cozzo spaventoso non è certo prossima.
State tranquilli, io sto bene come spero tutti voi a casa.
Con affetto Alberto

19 NOVEMBRE 1916
(Quando stamane mi svegliai, la tenda mi tocava la testa per il peso di venti centimetri di neve caduta la note. Fa molto freddo, abbiamo gia perso una decina di uomini a causa del gelo. Ieri non abbiamo retto l’offesa nemica. Una strage. 9 giorni sempre sotto combatimento c’erano tanti cadaveri straziati, zaini, fucili aruginiti, borace, letere mai finite, ilegibili, machiate di sangue. Era pegio del inferno, pero la fortuna mi è sempre stata vicina.
Alberto)


L’espressione del viso della madre di Alberto non sembrò cambiare.
In cuor mio sentivo di non dover leggere il vero. Provavano già dolore alla sola notizia della morte del figlio; non avrei mai osato recare ancora più dispiacere...

27 NOVEMBRE 1916
La neve scende lentamente. Vi scrivo dalla nuova posizione, voglio rimanere quassù per qualche giorno; avrò la soddisfazione di battere molti bersagli. È stata una giornata magnifica e molto attiva, tutto procede bene e io sono certissimo di una non lontana decisiva vittoria nostra.
Io sono lietissimo di compiere il mio dovere e di partecipare ad un’azione di cui presto sentirete parlare...
Alberto

27 NOVEMBRE 1916
(altra neve, ne abiammo gia piu di sette metri. Lavoriamo a far galerie di neve con il riscio di valanghe o frane. Vi scrivo dalla nuova posizione non voglio rimanere quassu.
La notte non si dorme, i letti sono strettissimi, ci dormiamo in sei persune e gli Austriaci continuano a sparare. Ognuno di noi vive con la parola terrore scrita sulla facia…
È stada una giornata faticosa, freda, abiamo fato ricorso ai viveri de riserva perché il rancio caldo non arrivevava. Speriamo che si finisca presto perche a fare questa vita non si puo piu.
Alberto)


2 DICEMBRE 1916
È deciso ch’io resti qui sull’Adamello con i colleghi fino a ordine contrario. I miei uomini sono stati fantastici. Hanno risposto prontamente al fuoco nemico. Sono stati feriti solo tre uomini ma non sono gravi, state tranquilli.
Spero stiate tutti bene.
Con affetto Alberto

(E’ deciso chio resti qui sull’Adamello con i colleghi fino a ordine contrario. I miei uomini oggi non hanno retto, non c’è cibo, nemmeno acua e per disetarci abiamo dovuto bere le goccie che lumidita formava sulle pareti del forte. Gli Austriaci ci sottoponevano a continui atachi.
Spari, Granate ;oggi abiamo perso tanti di quegli uomini che non sapevamo dove metere i cadaveri.
Una puza di morto regna in queste galerie, ma ormai nessuno ci fa piu caso perche non fa parte dei loro problemi. Ogni soldato e immerso nei propri pensieri; Uno dei proiettili nemici imbucò una cannoniera e feri tre uomini, il ferito piu grave è stato colpito alla testa e alle braccia…
Io miracolosamente sto bene come spero voi.
Con affetto Alberto)


Presi l’ultima lettera e mi accorsi che era macchiata di sangue. Le mani mi tremavano e una lacrima mi accarezzò il viso.
La Signora Bartini sussultò nel vedere quella lettera…

Cominciai a leggere:

17 DICEMBRE 1916
Cara famiglia,
credo sia giunta la fine di tutte le mie sofferenze. Sono stato ferito alla testa dopo lo scoppio di una granata poco distante da me.
Vi scrivo per l’ultima volta perché ho una sola certezza… la morte.
voglio che sappiate che vi ho sempre voluti bene, siete stati buoni e gentili con me. Ora possa il Signore Iddio accogliermi tra le sue braccia. Vostro amato figlio Alberto

17 DICEMBRE 1916
(Cara famiglia, credo sia giunta la fine di tutte le mie sofferenze. Sono stato ferito alla testa dopo lo scoppio di una granata poco distante da me, un proietile mi ha perforato la gamba e il ginocchio sinistro. Le piaghe violacee dela morte bianca mi riempiono il corpo, o un dolore atroce, non ce la facio piu. Il dottore mi ha deto che mi rimangono solo poche ore e le sto utilisando per scrivervi. Voglio che sappiate che vi ho sempre voluti bene, siete stati gentili e buoni con me.
Termino di scrivere con la penna ma non con il quore…
Vostro amato figlio
Alberto)


Trovai il coraggio di guardare la madre di Alberto, il suo viso era rigato dalle lacrime; è un dolore troppo forte lasciare partire il proprio figlio per andare in guerra senza sapere se tornerà a casa, lasciarlo partire con la consapevolezza che probabilmente quella è l’ultima volta che lo si avrebbe visto, lasciarlo partire per poi avere la comunicazione della sua morte attraverso una lettera…

Soldati giovani, nonché ragazzi partiti per una guerra in cui si è versato troppo sangue; partiti andando incontro ad un destino che pensavano di conoscere, ma che presto avrebbe mostrato la crudele realtà a cui sono di fronte.

- Signore dov’è sepolto? Mi chiese improvvisamente la Signora Bartini.

- Riposa sul pendio dell’Adamello che in primavera gode della prima luce del sole ed ha ricevuto tutti gli onori militari.
(Fui io a seppellirlo. Pioveva. Scavai una buca profonda appena fuori il forte in cui eravamo. Appesantii il cadavere con le pietre in modo che non affiorasse; lo seppelii in un posto infestato da ratti e insetti…
C’era troppo dolore nel mio cuore, la guerra era diventata insopportabile e dopo qualche mese presi una pistola che avevo sfilato dalla giacca di un Austriaco e in un momento di lucidità mi sparai alla gamba sinistra.)


Salutai la madre di Alberto e la figlia e mi diressi verso casa.
Appena sentii la porta chiudersi dietro di me alzai lo sguardo verso il cielo: “al nostro prossimo incontro, caro Alberto”.

Miriam Minolfi

Maggio 2015




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