17 Agosto 2015, 09.46
Valsabbia
BLOG - Lo Stellante

Delle acque, sotto e sopra il firmamento

di Nicola Zanoni

Separare le acque sopra il firmamento da quelle sotto: questo fa Dio nel Genesi. Questo, e altro - che è intimamente affine a questo...


Dio taglia e ricuce: e suo coltello è la luce e suo ago la parola.
Creare è dunque lacerare, raccogliere i pezzi, riunire. Ma anche - e soprattutto - quei pezzi far emergere dall'indistinto.

Esiodo racconta che dal Chaos primigenio primo sorse Oceano, insieme all'Abisso e Notte oscura - e che egli gli estremi confini del reale sempre avvolga scorrendo.
Ancora in terra di Grecia, Talete, primo 'filosofo', fa dell'acqua l'elemento onnipresente - perfino l'origine - nel Tutto che è il Cosmo. E, sì - pure si dica - perché vita comporta acqua. Ma forse non solo.
Più a Sud invece, in Galilea, lungo le rive del Giordano, il Cristo si fa battezzare. L'acqua certo lo monda. Ma mondandolo anche lo sporca, perché, mondandolo, indica quanto nell'uomo sia da mondare - e lo prepara quindi alla croce.

L'acqua è l'indistinto.
L'indistinto è il non definito, il non chiaro, l'umbratile e l'ambiguo - anche, la vita brulicante ed oscura, femminea, uterina - liquida...
Si pensi a Venezia, o ad un cieco bagno nel mare d'agosto, o a Venere che nasce dall'onda.
Il sole caldo, l'arsura - la troppa luce - uccidono infine.

Uccide la luce perché troppo fa conoscere
- uccide perché rende visibile.
L'onniscienza è da sempre prerogativa divina. Anche, l'esser nascosto. Il sole tutto sovrasta e governa ed è impossibile a fissarsi.
Per questo gli dèi inafferrabili abitano il cielo.

Il mare, per quanto tremendo, è pur dominato
: l'acqua si solca, si varca, s'imbriglia di velame e sartie.
La folgore è invece imprevista ed imprevedibile. Ma è pur uno squarcio nel nero, un numinoso barlume - una pugnalata di luce - nella calca del nulla che ci si abbarbica e sanguina.



Commenti:
ID60285 - 17/08/2015 13:55:07 - (Dru) - Diventare altro da sé

questo il significato che, come sfondo, comprende tutti gli altri significati e che in ognuno di essi alberga nel pensiero. Squartare significa, dello squartato, diventare altro. Il pescatore squarta il nesso (naturale) tra pesce e acqua e pesca (pescare). Il boscaiolo squarta il nesso (naturale) tra albero e bosco e disbosca (disboscare). Il mito squarta il divino e lo squartamento del divino dà respiro al mondo, che dal divino è soffocato, è reso niente. È vero, il mito edifica il divino , ma da subito lo squarta, lo frantuma, perché l'uomo possa mangiarne ogni brandello, perché alimentandosene si fa forte per come esso è.

ID60286 - 17/08/2015 13:59:01 - (Dru) - Pensate

se il pescatore e il boscaiolo pensassero al vincolo (naturale) come necessario (divino), come potrebbero allora pescare e disboscare?

ID60300 - 18/08/2015 18:13:46 - (Dru) -

questo il significato che, come sfondo, comprende tutti gli altri significati e che in ognuno di essi alberga, nel pensiero.

ID60320 - 19/08/2015 22:25:16 - (Darwin) -

Lo squartamento genera nel suo manifestarsi una certa morale.. se il vincolo tra natura e divenire fosse di origine divina dovremmo ricrederci dal pensiero nichilista e abbandonarci nella mani di madre natura

ID60326 - 20/08/2015 15:30:12 - (Dru) - Buona

Darwin, buona davvero...

ID60328 - 20/08/2015 16:18:35 - (Dru) - Ma se il vincolo tra natura e divenire

lo fosse davvero del divino, alcun divenire sarebbe talmente inaudito e innovativo da risultargli sconosciuto, e questo fatto impedirebbe proprio ciò che non può esser impedito del divenire, pena la trasformazione del mondo in un simulacro di se stesso, poiché il fare, nel divino, sarebbe già tutto fatto.

ID60334 - 20/08/2015 19:45:11 - (Dru) - Allora da "la tendenza fondamentale del nostro tempo" di Emanuele Severino pagg. 89 90

La crisi della filosofia è crisi dell'etica. I tentativi di salvare l'etica dal naufragio della filosofia si rendono conto, da un lato, che la costruzione di un'"etica scientifica" si risolve nell'identificazione dei "giudizi di fatto" e dei "giudizi di valore", dall'altro lato che la distinzione tra questi due tipi di giudizi è diventata problematica e che la "valutazione" appartiene al sapere scientifico in quanto tale. La valutazione non è il riconoscimento dell'esistenza di un valore, ma è la volontà che qualcosa abbia valore e cioè, in definitiva, è il puro volere qualcosa. (Ndr. Da sapere a memoria e ogni parola qui scritta e ogni suo significato)

ID60335 - 20/08/2015 19:47:54 - (Dru) - Identificazione dei "giudizi di fatto" e dei "giudizi di valore"

significa volontà che il valore sia identico al fatto e non quindi valore in sé ma valore per altro, cioè valore fatto attraverso la forza della volontà...

ID60336 - 20/08/2015 19:52:02 - (Dru) - Identificazione problematica e valutazione

significano, da una parte che l'identificazione non è necessariamente fenomenologica, ma un fatto come un altro e quindi sempre suscettibile di negazione,dall'altra che la valutazione è, sul fatto, dovuta e non saputa.

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