Galantino, papa Francesco, alcuni papi, patriarchi ed io (moderno), sulla modernità e suo di senso, contrapposto alla verità cristiana
Il discorso fatto dal segretario CEI al Meeting di Rimini non è un monito alla politica ma un'esortazione, riguardo i pericoli del pensiero moderno, alla libertà con verità.
Galantino: "il senso del limite è il fascino delle frontiere"
Ora, il limite per "esser limite", questo il suo senso, deve essere "vero limite", cioè deve apparire per ciò che nulla e nessuno può abbattere, altrimenti non consiste, il limite superato e superabile non è limite, non limita nulla di ciò che lo ha oltrepassato appunto.
(Moderno): "il fascino delle frontiere è quello di essere oltrepassabili"
Questo il messaggio della modernità.
Galantino: "il nostro tempo è stato definito come post-filosofico, perché sempre meno attento alla giustificazione razionale degli orientamenti e delle scelte, individuali e pubbliche, guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco mediati, dettati spesso dalla ricerca dell'utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza".
Ma Il nostro tempo è post-filosofico proprio in quanto il senso della verità filosofica (del razionale) è stato messo in discussione.
Il senso della verità è, in filosofia (quella indicata da Galantino come da difendere), l'incontrovertibilità, cioè l'immutabilità, o legge (razionale o divina che sia): ciò che lega il pensiero agli enti pensati.
Se gli enti pensati sono reali, allora, conseguentemente e realmente, il pensiero è reale: se penso che quella forma là, proprio quella, é una montagna, allora tra quella forma e il pensarla come montagna si stabilisce una relazione anch'essa reale, l'ente pensato come reale rimanda all'ente pensiero come reale.
Ma se il pensiero è reale, allora gli enti, evidentemente tutti, sono in divenire, in quanto pensiero, non più solo in quanto pensato: è di quella montagna che diventa collina che il pensiero la pensa in divenire, cioè il pensiero pensa il divenire la montagna una collina.
Il pensiero pensa in divenire, ciò che pensa è in divenire e diviene altro da sé.
"Ciò che pensa è in divenire" mette in discussione, in continuo, l'atto, l'ente pensato, e il pensiero diventa da atto attività, pura potenza.
Ogni ente (cosa, e tutto o è una cosa o è nulla), solo come pensato, e non come in relazione al pensiero, è inesistente, irreale appunto perché il legame, o relazione tra pensiero e pensato diventa necessario, in quanto l'ente pensato indipendente dal pensiero è contraddittorio che possa esser pensato.
(Moderno):" il nostro tempo è post-filosofico, perché la verità non accade più per legge, perché l'accadere è in divenire e ogni progetto mediato è un ostacolo alla propria immediata realizzazione, perché la realizzazione è il pensiero in divenire, senza alcun legame o legge ad impedirne lo sviluppo in potenza".
Questo il messaggio della modernità.
Galantino: " Una società che fa del limite una risorsa non considera i gruppi e gli Stati per quanto sanno produrre o per le risorse finanziarie di cui dispongono, e tenta anzitutto e con i mezzi di cui realisticamente dispone di risollevare i poveri..."
Sempre Galantino però dice: " libera chiesa in libero stato"
Ora, qui stanno i nodi più evidenti di queste due posizioni.
Abbiamo sopra detto che alla modernità conviene la libertà e Galantino non la nega in quanto libera, la nega in quanto non vera.
Insomma per la chiesa e Galantino la libertà è se la libertà è libertà con verità, per la modernità questo non è più vero perché la libertà non vuole a sé alcuna libertà con verità per essere pura attività.
Quale la verità della chiesa? Ma è bene espresso nelle parole del Galantino, la verità è il limite di una società che non deve trasformare gli uomini in mezzi, questo il suo fascino (fascinanas), il fascino del limite a cui la chiesa anela.
Il limite da "tremendum", quella necessità che è legge o relazione della libertà con la verità, si fa in Galantino e nella chiesa "fascinans", da sacro il legame si fa profano e il profano non è sacro, non è necessario, quel si deve si trasforma in si può, quell'atto si trasforma in attività e il sacro viene profanato appunto (vedere Rudolf Otto a proposito).
Ma Galantino, che è filosofo e teologo, prima che Segretario Cei, questo tema della modernità, la libertà senza verità, lo conosce.
Ciò che gli dico è che non lo affronta nel modo coerente, e si rifugia in una nostalgica filosofia della metafisica, quella del limite e così facendo, puntando i piedi, non si rende conto che non può nulla contro la vera potenza espressa nel divenire di ogni cosa: il divenire altro di ogni metafisica relazione tra pensiero e atto pensato.
(moderno): "Una società che fa del limite una risorsa è una società chiusa, perdente, e certo non può competere con una società aperta che guarda alla potenza, superamento del limite, di una società che produce, indefinitamente, mezzi per la realizzazione di tutti i gli scopi"
Adesso guardiamo la parola di qualche papa per la miglior comprensione dell'opposizione di pensiero tra chiesa e modernità
Papa Paolo VI: ".. Le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l'uomo".
Ecco che nelle parole di questo papa compare nuovamente la libertà con verità, la crescita non è vera crescita senza quell'autentico progresso dettato appunto dal limite imposto dalla verità cristiana.
(moderno): " le prodezze tecniche strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, quando congiunte ad un limite imposto dalla società e dalla morale, si rivolgono, in definitiva, contro l'uomo e il suo progresso e potenziale".
San Giovanni Paolo II: ".. L'essere umano sembra non percepire altri significati, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo."
L'uomo agisce conformemente al significato più ampio e il significato più ampio è il significato di "cosa": tutte le cose sono una cosa, Dio è una cosa, il mercato europeo è una cosa, io sono una cosa, e se qualcosa fosse diversa da una cosa sarebbe una cert'altra cosa. I greci traducevano la cosa in ente, la cosa è ente.
Benedetto XVI: "Il libro della natura è uno e indivisibile e include l'ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia le relazioni sociali e altri aspetti. Di conseguenza il degrado è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana..
Tutte sono causate in fondo dal medesimo male, cioè dall'idea che non esistano verità indiscutibili che guidino la nostra vita, per cui la libertà umana non ha limiti"
"Il libro della natura è uno e indivisibile" è la libertà con verità, perché il libro della natura non può essere altro che uno e indivisibile secondo la verità cristiana, il limite appunto che essa impone alla natura di esser unica. Capite bene dove stia la contraddizione, la contraddizione sta in una chiesa che vuole una libertà condizionata alla verità, la sua, che destina un predicato, "l'esser unico" al libro della natura.
Questo è il vincolo, questa la legge che la modernità intende senza ragione alcuna, se non come sola volontà di dominio, in questo specifico caso della chiesa che vuole che il libro della natura sia unico, ma l'esser unico non è un predicato necessario della natura, è un predicato voluto come necessario dalla parola della chiesa, della libertà con verità.
Risposta di Francesco a Benedetto: " Lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo più alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi"
Qui il "fascinans" del limite, il fatto di poterlo non riconoscere è la potenza o capacità umana di superarlo.
Il patriarca Bartolomeo richiama invece l'attenzione sulle radici etiche e spirituali che ci invitano a cercare soluzioni non solo nella tecnica, ma anche in un cambiamento dell'essere umano, perché altrimenti affronteremmo soltanto i sintomi.
(moderno): "la tecnica è l'uomo in quanto etico, e l'uomo è la tecnica in quanto suo spirito: se le cose significano l'oscillare dell'ente, ogni ente, ogni cosa, dal suo esser ancora niente al suo esser stato niente e viceversa, questo è il significato ultimo o primo del divenire altro o della potenza pura, la tecnica, che è cosa, è la capacità di organizzare i mezzi in vista della produzione di scopi prefissi.
Solo se saremo capaci allora potremo essere diversi da quello che siamo, cioè diversi dalla tecnica, e non malgrado, come i soli sintomi di Bartolomeo vorrebbero far credere, perché l'uomo è essenzialmente tecnico, cioè è essenzialmente inscritto nel significato di ogni cosa, che è tecnica appunto".
Emanuele Severino in Tautotes: ".. Nel pensiero che afferma il divenire, il qualcosa (ndr. enti pensati) è tenuto e insieme non è tenuto in relazione al suo altro (ndr. pensiero): è tenuto in questa relazione perché il risultato del divenire (ndr. enti pensati) e il divenire (ndr. pensiero) possano essere pensati (ndr. Enti pensati come risultato e come divenire); non è tenuto in questa relazione, perché il divenire non si presenti come contraddizione, impossibilità, assoluta inesistenza."
Spero di esser stato abbastanza chiaro, ancorché troppo sintetico, sulla potenza del pensiero moderno contro la fallacia della predica cristiana, quando essa cerchi di tenere insieme ciò che è, per pensiero, impossibile (cioè contraddittorio) da tener fermo, questo è il vero relativismo che la chiesa deve temere non "quelle canzoncine d'organetto che non sanno dire di più del Dio è morto".
solo se la libertà è davvero capace la libertà è vera libertà, mentre se la libertà è con verità, allora non è capace ad esser vera libertà. Perché questo, che all'apparenza sembra un rebus di parole? Perché la libertà non ammette verità per esser davvero capace di esser libera. La verità contiene in sé tutto quello che dice, per questo non ammette controvertibilità, se dico che quella è una montagna la verità di "quella" è "è una montagna". La libertà non vuole, per esser capace davvero, che tra "quella" e "è una montagna" tra soggetto e predicato, vi sia necessaria verità, perché se così fosse "quella"non potrebbe diventare una "collina". Allora la libertà, per essere capace, deve dire di quella che è una montagna che può anche non esserlo, cioè è e non è una
montagna, è dunque libera (quella cosa) di "essere".
cosa ne pensate?
Chi mi fa un riassunto?
Ahahah, questa è buona and75.. Pensa che questo è un iper riassunto,forse tu vuoi una semplificazione, ma comincia tu a chiedermi cosa non ti convince o cosa trovi strano del discorso sopra, senza aver alcun timore a dire cosa non conosci dei significati esposti o cosa non ho capito io, che insieme proviamo a capire.
la libertà con verità, questo vuole la chiesa e questo vogliono tutte le ideologie, significa controllare la libertà, vuol dire una libertà non libera,perché limitata da una verità. La Chiesa vuole una libertà con verità, in definitiva vuole una libertà monca, zoppa, perché la sua verità "limita" la libertà. Ecco da dove deriva questo fascino del limite indicato dal segretario e dai papi tutti, deriva da una forma, quella cristiana, di volontà di potenza. Ma la modernità è l'oltrepassamento di ogni limite, cioè libertà senza verità, cioè essenza non forma della volontà di potenza.
da parte dell'ideologia (cristiana e non) è dovuto al calcolo che inscrive nel suo senso ogni divenire futuro, presente e passato, soffocandone la potenza.
Non capisco perché "libera chiesa in libero stato" sia una frase contraddittoria. Essa ha un significato politico che prescinde dal concetto di libertà che qui si critica. In ogni caso il concetto di libertà non esisterebbe senza il concetto di limite. Se la legge è un limite allora esiste la libertà dal limite, ma senza legge non esisterebbe nemmeno la libertà. La mia posizione è interrogativa: eliminato il limite l'uomo non può che creare un altro limite che ad esso si sostituisce: il non-limite. Certo le conseguenze di questa scelta sono terribili ma non escono dallo schema epistemico. Come potrebbe mai definirsi la non libertà senza la definizione di assenza di limite? E non è forse un limite la mancanza di limite? Nel limite c'è il non limite come negato, il non limite si esprime nel limite. Se la filosofia post-moderna sceglie il non limite, crede che esso sia ciò che domina il tutto, ricade nel
senso epistemico del limite. Come la mettiamo?
significa che lo stato non può limitare la chiesa, per quanto le funzioni della chiesa, ma che la chiesa è nello stato e non è lo stato nella chiesa, questa la libertà con verità. Lo stato nella chiesa è, per quella proposizione una falsità, si che la libertà è con verità solo per il senso della proposizione in Titolo.
che io non ho comunque detto che la frase è contraddittoria, anche se una certa contraddizione la trovo anche nella frase.
no, la mancanza di limite è libertà. Il limite pone la dimensione della determinazione, o verità. Senza limite l'essere sarebbe nulla e tutto sarebbe in tutto, o tutto sarebbe il suo nulla, o il nulla del tutto, ciò che con verità lo limita
"Se la legge è un limite allora esiste la libertà dal limite, ma senza legge non esisterebbe nemmeno la libertà.. " "Se la legge.." è un'ipotetica e quindi senza, privandoci dell'ipotetica, non è necessariamente negata la libertà.
ma è la libertà a fare il limite. Il limite limita la libertà, la libertà oltrepassa il limite.
la libertà dai vincoli imposti dalla volontà di dominio di ogni asserto è una necessità, espressione del significato di ogni significato nel contesto storico e sue regole, non è una scelta della modernità.
è una forma di volontà di potenza.
tra la mia decisione e quello che ho deciso si instaura un rapporto immanente, nella decisione ho anche deciso contemporaneamente di non andare a destra. Ogni decisione è uccisione. La libertà come scelta dice che sarei potuto andare anche a destra invece di andare a sinistra. Ma questa libera scelta non è fenomenologicamente rilevabile. La mia decisione presa che sarebbe potuta essere diversa non è qualcosa di presente. Insomma sulla libera scelta ci andrei cauto.
Destino della Necessità (Adelphi) cap II, La coerenza del nichilismo, pagg45-63 . L'Episteme intende essere innanzitutto l'affermazione incontrovertibile de divenire dell'ente, ossia dal suo uscire dal niente. Ma questa affermazione è essenzialmente inconciliabile con l'apertura che vuole progettare e anticipare in modo incontrovertibile il senso della totalità dell'ente.
Non è che - più prosaicamente - la Chiesa sia una struttura di potere aggrappata ad una struttura di pensiero incapace ormai di far fronte alle condizioni dettate da chi ha vinto la partita del secolo (=capitalismo)? La chiesa ha sì combattuto Marx e l'URSS, ma non altrettanto ha fatto con il capitale (cui ha sempre strizzato l'occhio) e la risposta di papa Francesco appare, pur se encomiabile, tardiva.
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