09 Settembre 2015, 11.30
Genitori & Figli

Litigare in famiglia non fa male

di Giuseppe Maiolo

Scontrarsi è un verbo che significa affrontarsi in modo ostile. L’idea che trasmette subito e quella di misurarsi in un combattimento o gareggiare per una competizione. Eppure questa parola contiene il termine incontro


Vale a dire che non vi è alcuna possibilità di scontro se non ci si avvicina e se manca il contatto dato proprio dall’incontro. 
Per questo in famiglia gli scontri o i litigi non sono l’eccezione, ma la regola.
Nel contesto familiare i componenti si affrontano animatamente o si  attaccano reciprocamente per divergenze di posizione o di opinione, per esigenze diverse e per una quantità di motivi che riguardano la relazione esistente.

Sono vicini, accanto l’uno all’altro. Il contatto è corporeo, continuo, ineliminabile, quindi l’incontro in alcuni momenti, può diventare una collisione, un conflitto, una lite.

Scontrarsi e litigare non sono il problema,
caso mai, è importante vedere il come si litiga.
Saperlo fare vuol dire essere in grado di misurarsi con l’altro che la pensa in maniera diversa e serve a conoscerlo meglio.
In questo senso lo scontro non va temuto né è possibile eliminarlo, piuttosto va ritenuto un ingrediente specifico dello stare insieme. 

Serve ed è funzionale alla convivenza in quanto aiuta a trovare la dimensione adeguata al rapporto.
La lite ad esempio tra genitori e figli non è un pericolo, è un’esigenza che spesso consente un approfondimento della conoscenza reciproca.

Ci sono periodi e fasi di questa relazione in cui gli scontri aumentano, le conflittualità si intensificano e le liti, a volte anche violente sul piano verbale (è augurabile), mettono a dura prova tutti i protagonisti. In modo particolare i genitori che vivono il litigio come un attacco personale e una messa in discussione della loro autorità.

A volte ci può essere questo, anzi gli scontri nel periodo dell’adolescenza che sono all’ordine del giorno e per nulla anomali, sono una prova di forza e la verifica di quanto sia autorevole il genitore.
In questa epoca della vita, una delle più delicate, l’adolescente scopre di sé capacità ed energie che prima non possedeva. Quello che durante tutta l’infanzia era un avvicinamento tenero e delicato, ora diventa incontro aggressivo, frontale, minaccioso.

Non sempre, perché in questo periodo le battaglie si alternano alla richiesta di coccole.
E anche questo è fisiologico e naturale. Tuttavia prevalgono gli scontri che sono battaglie corpo a corpo combattute con armi a volte micidiali che tendono a ferire in profondità e a mettere nell’angolo il potere dell’autorità.
È una storia nota che ogni generazione più o meno esplicitamente mette in campo e che ha tutti i requisiti per essere un’esperienza necessaria senza la quale non ci si separa e non si cresce.

Winnicott diceva che “crescere è un atto aggressivo” perché l’attività che deve fare un adolescente è quella di andare oltre la sua infanzia, liberarsi delle figure onnipotenti che hanno dominato fino a quel momento la sua esistenza, e affrancarsi dalla dipendenza.
Sono in effetti una sorta di compiti che si devono svolgere  in adolescenza sui quali domina ciò che, con un’espressione suggestiva, è definito “fare il funerale dei genitori”.

Ovviamente si tratta di una metafora o, quanto meno, ce lo auguriamo!

Giuseppe Maiolo
www.ciripo.it




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ID60976 - 10/09/2015 21:21:23 - (Giacomino) - Non

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