Marco Zambelli: gavardese in biancazzurro

Ecco l'intervista a Marco Zambelli, il ragazzo cresciuto calcisticamente nelle giovanili dell’A.C. Gavardo e che, dopo vari infortuni, è “esploso”, diventando fondamentale per il Brescia Calcio, tratta da "Il Gattopardo" , periodico dell'Amministrazione comunale di Gavardo.

 
Quanto ti pesa essere un personaggio pubblico?

Non mi pesa affatto, perché vedo che la gente mi vuole bene; spero di essere apprezzato più come ragazzo che come calciatore, ma capisco che molti mi conoscano per la mia professione, dopotutto oltre che conoscenti sono anche tifosi; è comunque motivo d’orgoglio e fa tanto piacere.

Palazzetto dello sport o San Siro?

Entrambi. Sono semplicemente esperienze diverse. Quando ero bambino la mia realtà era il palazzetto dello sport e mi emozionavo tantissimo, anche se giocavo davanti a pochi intimi; poi ho avuto la fortuna di giocare a San Siro ed è stato magnifico.

Cosa ti piace e cosa non ti piace di Gavardo?

Ciò che non mi piace è, quando capita, il pettegolezzo generalizzato, ma del resto Gavardo è il mio paese e, come qualsiasi altra persona, tengo molto alle mie radici; sono legato soprattutto al luogo dove abito. Il mio futuro sarà, comunque vada, Gavardo.

Se non fossi un calciatore, cosa ti piacerebbe fare nella vita?

Non ci ho mai pensato. Sicuramente proverei a proseguire gli studi, per il resto non saprei.

Ti consideri un provinciale?

Sì, nel senso che mi considero una persona semplice, che ha sempre frequentato e continua a frequentare i luoghi del proprio paese. Mi piacerebbe essere d’esempio per il ragazzino che parte dalla scuola calcio di provincia e che vede nel calciatore una persona distante, quando invece non lo è.

Quali sono i lati positivi e negativi della tua professione?

Faccio quello che, fin da bambino, ho sempre sognato di fare. Mi piace il fatto di giocare all’aria aperta contro persone famose (per come sono fatto, non mi ci vedrei mai rinchiuso in un ufficio). Mi piace inoltre vivere l’esperienza di stare in gruppo, trovandomi a dover capire e a volte sopportare altri caratteri. E poi, inutile negarlo, è un lavoro che è ben retribuito. Di lati negativi per ora non ne vedo. Superati gli infortuni, vedo anche le esperienze negative sotto un altro punto di vista: mi hanno aiutato a crescere.

Cosa rispondi a chi non considera il tuo un lavoro?

Rispondo che ha ragione. Il mio non è un hobby, perché comunque richiede impegno e sacrificio, ma mi rendo conto che intorno ci sono delle realtà difficili, e sono tante.

Hobby?

Mi piace soprattutto fare passeggiate immerso nella natura e stare con i miei amici.

Da “Il Gattopardo”

A cura di Alberto Zanetti

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