«Ci sono anche i nostri là sotto»

La voce è scesa più veloce ancora della valanga, ha attraversato il Caffaro ed è risalita in paese, inondando le strade e i vicoli: “Sono rimasti sotto in tanti e sembra che ce ne fossero anche dei nostri. No, non con gli sci, con le motoslitte, erano in dodici, su al Dos dei Gai”. Fuori pioveva, ieri pomeriggio a Bagolino.
Non erano ancora le 17 e faceva quasi caldo. A quella notizia però, le vene di molti si sono fatte di ghiaccio: non sono certo turisti quelli che girano da quelle parti con quei bolidi con il cinghiolo di gomma al posto della ruota di dietro e i due sci per governare le curve.

Se non sono gente di Bagolino sono certo i loro amici della vicina Valle Trompia, sennò di Breno. Gente di casa anche loro lungo il corso del Caffaro, visti decine di volte sulle montagne attorno al Gaver, dove le motoslitte vengono utilizzate per divertimento, ma anche e soprattutto per raggiungere velocemente le cascine che necessitano di scaricare i tetti dalla neve che altrimenti le sfonderebbe.
Poi la brutta notizia ha preso ad assumere i contorni della tragedia: prima un morto, poi tre, poi quattro. Le voci si sono rincorse per più ore prima di rivelare con certezza quali fossero i nomi, anche per il largo uso che i bagossi fanno degli “scötöm” di famiglia.

Andrea “Bentivoglio” Brizzolari aveva trent’anni e la capacità di trasformare il ferro facendone inferriate, ringhiere e oggetti d’arte. Era conosciuto da molti anche fuori di Bagolino per aver avviato il Reolt, locale caratteristico della zona.
Fausto Plodari era un agricoltore bassaiolo 38enne di Cremezzano, frazione di San Paolo. Era però un bagosso d’adozione, dopo che nel 2002 aveva sposato Elena che ieri lo attendeva a casa con un figlio in grembo. Al Dosso dei Galli con la motoslitta c’era anche il futuro nonno Dino Mora, fra i primi a darsi da fare con i feriti.
Paolo “Creschet” Zanetti era invece il più giovane con i suoi 26 anni: abitava in quel gruppo di case che anticipano l’ingresso al paese salendo dal lago d’Idro, artigiano.

Nati e cresciuti fra quelle montagne, che quelle montagne conoscevano palmo a palmo. Non è stato sufficiente.
“Ce ne dobbiamo rendere conto: ogni volta che capita ce lo diciamo poi tendiamo a dimenticarcene. Bisogna che ci ragioniamo un po’, su queste cose, la montagna non perdona” ci ha detto il sindaco bagosso Marco Scalvini, fra i primi ad accorrere sulle montagne di Collio per rendersi conto di prima persona di quello che era successo: “Non sappiamo ancora quale sarà la data dei funerali – ha aggiunto -, ma per allora ho già proclamato il lutto cittadino. Sarà l’occasione per riflettere a fondo”.

Le condizioni meteo non erano le migliori ieri per una gita con le motoslitte. Lo sbalzo termico aveva reso la neve instabile.
Sembra che gli escursionisti siano stati sorpresi dalla slavina mentre erano fermi per decidere che direzione prendere per il ritorno a casa.

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