14 Febbraio 2016, 11.08
Valsabbia
Tempi

Drogati da Internet e dalla TV

di EnneEmme

C’è una parte del nostro Paese che vive senza cultura. E’ l’allarme sociale che proviene da una ricerca che indica come un italiano su cinque non svolga alcuna attività culturale nell’arco di dodici mesi. E' una battaglia persa contro noi stessi


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Questa fetta di popolazione non legge libri, ignora cinema e musei, non va a concerti o rassegne musicali.

Il 51% non ha mai visitato mostre e il 52% mai sfogliato un quotidiano.
Le percentuali salgono a livelli sconcertanti se si prendono in considerazione concerti di musica classica (88%) e teatro (80%).

In compenso passano sempre più ore errando su internet e cambiando canali alla tv.
Siamo il popolo più teledrograto d’Europa, non certo un record di cui andar fieri.
Dimostrazione del fatto che non è una questione di tempo, ma di un suo utilizzo errato.

I social network scandiscono le giornate dei giovani, il piccolo schermo quelle degli anziani: li accomuna uno stile di vita passivo e disinteressato, un atteggiamento non coerente con quello di un paese “avanzato” come l’Italia. E allora una domanda sorge lecita: come può autogovernarsi un paese in cui la maggioranza dei giovani, in mancanza di riferimenti storici e culturali, non ha le capacità per analizzare un articolo di giornale?

La dispersione scolastica, la diminuzione delle immatricolazioni universitarie e l’aumento dei giovani che non studiano e non lavorano sono fenomeni odierni non certo incoraggianti.

E’ profondamente radicata la credenza che libri, musica e arte siano cose di scuola.
Eppure in gioventù non è ancora sviluppata la coscienza atta a giudicare l’importanza di certi pensieri, autori o correnti. Il percorso scolastico dovrebbe essere un invito ad approfondire nozioni acquisite tra i banchi in età matura, e invece tutto si disperde. 

 “Con la cultura non si mangia” disse Tremonti: concetto opinabile.
L’Italia potrebbe campare di cultura, manca la voglia o forse la capacità di saper promuovere ciò che si ha: peccato veniale.

La storia insegna che la cultura è un antidoto straordinario.
Serve soprattutto per evitare che le due forze sociali maggiori, economia e politica, struttura e sovrastruttura (direbbe Marx), diventino così aggressive da assoggettare la società.

E’ forse un caso che i regimi totalitari abbiano sempre considerato la cultura come nemica o spazio da sottomettere ai propri scopi? “Per vent’anni dobbiamo impedire che quel cervello continui a pensare”: a questo scopo il regime fascista incarcerò Antonio Gramsci.
La storia annovera stragi di artisti e letterati, libri bruciati o messi all’indice, censure cinematografiche, e sebbene i regimi totalitari siano scomparsi, oggi è l’ideologia dominante del capitalismo a dettar legge: i mercati e la finanza speculatrice.

Tornando al presente, chi soffre maggiormente di apatia culturale sono gli abitanti dei piccoli comuni italiani (soprattutto al sud) dove il teatro è chiuso da tempo, il cinema o la sala parrocchiale da qualche anno e la cartolibreria ha tirato giù la saracinesca.

Non si consuma più cultura fuori da casa e questo è preoccupante. La rete aumenta la tendenza ad abituarsi ad avere tutto gratis e in casa.

A farne le spese è l’esperienza fisica di andare a vedere una mostra o uno spettacolo, che è anche aggregamento e condivisione.

La sensazione è quella di aver perso una battaglia contro noi stessi.
Perché senza cultura l’uomo non è padrone di se stesso ma succube degli altri, vittima delle decisioni dei pochi. 




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