Sanremo: Luci ed ombre

Talmente rassicurante da sopperire alle mancanze del potere temporale; così sacerdotale, a tratti liturgico, da rafforzare la religiosità tipica del Belpaese. In altre parole, una certezza.
Gli italiani si sono stufati da tempo di guardare, seguire e votare il festival della canzone italiana, eppure per qualche strana ragione, non cedono, e anzi, resistono sempre più compatti all'evento televisivo più seguito dell'anno.
Nel 2016, la trasmissione ha vantato un costante share del 50%, con punte addirittura più alte.

Nel turbinio di cose che cambiano, come la crisi economica, l'opposizione al parlamento e il decreto Cirinnà; Sanremo ci fa sentire sicuri, suscitando la cara sensazione di essere radicati in qualcosa, di avere la nostalgia dolce di una ricorrenza fissa, un po' come il profumo delle mele cotte in forno quando si è indigesti, un po' come il pranzo di Natale.
Una coccola: ecco cosa rappresenta per noi il festival di Sanremo.

La prima edizione si tenne nel 1948, in Versilia. Solo tre anni più tardi, la manifestazione venne trasferita a Sanremo.
Il record di vittorie va a Claudio Villa, Iva Lanicci e Domenico Modugno.
Nel 1967, il festival si macchiò della morte di Tenco; un giallo mai risolto: fu dichiarato suicidio, anche se le indagini non hanno mai spiegato diversi misteri, come il proiettile mai ritrovato. Nel 1980 inoltre, i cantanti cominciarono ad esibirsi con basi in playback, senza l'accompagnamento dell'orchestra, ritornato ben 10 anni più tardi.

Luci ed ombre, per il palco più famoso d'Italia, che nonostante tutto, ci invita a sorridere, a indossare il miglior abito che abbiamo e a canticchiare quei motivati semplici, orecchiabili, che quasi paiono già sentiti.
Brindare con lo champagne alla decadenza che ci sfugge di mano: a noi italiani piace così.