23 Aprile 2016, 15.29
BLOG - Lo Stellante

Il voodoo di Pitagora

di Nicola Zanoni

Tra le tante domande di varia natura che affliggono la filosofia, una su tutte è degna di particolare interesse – e cioè questa: che cos'è la filosofia?


Si sarebbe tentati di rispondere che la filosofia è precisamente la risposta alla domanda: “che cos'è la filosofia?”, se non fosse che la definizione genera più diffidenza – o più ilarità – della domanda e che, oltretutto, la nostra curiosità non ne viene minimamente soddisfatta.
Il filosofo (ché così si chiama colui che ha inventato questo nome e che, in onore ad un'antica e imprecisa tradizione, noi abbiamo identificato con Pitagora nel titolo di questo paragrafo) cioè si trova da una parte nell'imbarazzo di dover giustificare il conio di un termine del quale egli solo sentiva la necessità e, dall'altra, nello sgradevole stallo di dover definire un concetto a partire da quel concetto stesso: un concetto, cioè, che presuppone se stesso.

Ora, posta in questi termini e ammesso che si possa ridere un poco di sé, la questione ha tutta l'aria di una furfanteria, di una sorta di 'gioco delle tre campane', di un divertente sberleffo a danno d'un ingenuo partecipante teso da un simpatico e un po' maldestro mascalzone – di un qualcosa, cioè, che altro non sarebbe se non un trucco malriuscito. Ma se allo scherzo si aggiunge l'azzardo, se si cominciano a scommettere sul banco denari sonanti, se, in sostanza, si dà un qualche credito al gioco innocente che stavamo giocando – ecco, improvvisamente l'atmosfera scanzonata e fanciullesca che ci avvolgeva si fa tesa e incupisce, il sogno deborda nell'incubo, tutti temono di poter perdere, di essere gabbati, il sorriso traligna in un ghigno e qualcosa di indefinito e vacuo e pur sempre presente ci lascia angosciati ed attoniti.

E allora, che cos'è la filosofia?

Diciamo così, per ora: diciamo che essa è una sorta di medium, soggetta a costanti visioni di spiriti, che le compaiono innanzi come dal nulla e che, una volta apparsi, ella più non riesce a scacciare; diciamo cioè che – pare! – la filosofia s'accapigla sull'immateriale, sul non-visibile, sull'incorporeo e sul fantasmatico – temi che, come tutti sanno, sono cari alla letteratura dell'orrore; diciamo infine che essa resta impigliata nel suo stesso, folle e sconnesso racconto, nella storia con cui s'è affabulata e che oramai è la sua storia – in una parola: diciamo che la filosofia inciampa in se stessa.

Il paragone non sembra peregrino: la domanda che la filosofia s'è posta è stata infatti, in qualche modo, un atto imprudente e tuttavia vitale per essa (nel senso che appunto le ha dato vita). Ma proprio per questo v'è, agli occhi del senso comune, qualcosa che non torna – e si annusa puzza di inganno.
Continuiamo dunque a credere, tra il serio e il faceto, che la filosofia abbia a che fare con l'esoterismo, la negromanzia, la demonologia e, più in genere, con l'occultismo – la nostra domanda diventa perciò ora: cos'è la magia? E chi è un mago? E che cos'è un demone? E che vuol dire prevedere il futuro?

Sempre per il sano e pragmatico buon senso – quest'essere così labile! – appare evidente che domande del genere non abbiano alcun... senso, appunto, dal momento che si occupano di entità da esso considerate, per un motivo o per l'alto, non esistenti.
Ma proprio questo è il punto. La vera magia non sta nel convocare al proprio cospetto il tale o il tal altro spirito. La vera magia sta nell'evocare, nel mondo esistente, i reami dell'inesistente. Il negromante, cioè, invoca i demoni e, invocandoli, li evoca.

Qualcosa che prima non c'era, improvvisamente – e per il solo tramite di una formula! – compare all'essere (e, per inciso, qualcosa di questo echeggia nel “Fiat lux!” della creazione biblica).
Se non è questa, magia...

Ma qui già s'annida un coacervo di terribili domande che, repentine, assediano la mente del povero, inesperto iniziato – domande quali: davvero il demone prima della parola non c'era? Oppure era già altrove, ed essa solo lo ha reso visibile? O né l'una, né l'altra, ma entrambe queste spiegazioni meritano d'esser considerate illusioni?
E allora l'illusione, non è anch'essa un demone grande e potente? E che cos'è un demone? E, e, e...

E in tutto ciò, la filosofia appare assai lontana dalla completa padronanza dell'arte magica: non basta infatti evocare un demone – esso va dominato. La filosofia invece appare piuttosto in balia di quanto essa stessa ha creato (con tutte le limitazioni da porsi a questo termine) e che oramai vive completamente fuori dal suo controllo.

C'è una famosa ballata, scritta nel 1797 da Goethe, che può aiutarci a rendere meglio quanto stiamo cercando di dire: si intitola L'apprendista stregone ed è stata resa celebre al grande pubblico dal lungometraggio Disney del 1940, Fantasia.
Racconta la storia di un giovane e immaturo apprendista che, approfittando dell'assenza del maestro, prova ad esercitarsi con i suoi (del maestro) incantesimi, dando vita ad una scopa ed incaricandola di pulire per conto suo il pavimento dello studio.
Dopo poco tempo, la scopa finisce per allagare la stanza, poiché il ragazzo non conosce la parola magica per interrompere il sortilegio che egli stesso ha messo in moto ed interrompere così l'opera degenere dell'oggetto incantato: decide allora di troncarlo in due con un'accetta.
Ma! Ahimè, entrambi i pezzi così ottenuti (e anche tutti gli altri, via via più piccoli, ricavati da quelli alla stessa maniera) sono ancora vivi e continuano imperterriti il loro compito: sicché il problema è raddoppiato, triplicato, quadruplicato... e proprio grazie all'intervento che doveva risolverlo! A questo punto, solo il ritorno del maestro può porre fine ad una situazione che rischia di scivolare nel tragico, da comica che era.

Ora, non occorre qui interpretare un significato già chiaro: ci serve soltanto sottolineare nuovamente come una situazione che dapprincipio ingenera riso si tramuti poi (o rischi di tramutarsi) in dramma.
La nostra domanda è, in effetti, di tal genere: ci fa sorridere credere che sia poco più che un cialtrone colui che si dedichi a certi argomenti. Ma se, passato che sia il sorriso benevolo, ancora una volta appena si osserva dietro la maschera delle parole, qualcosa di inquietante emerge in controluce – qualcosa di ambiguo e sinistro. Un arcano potere, un segreto inespresso.

Giacché la domanda – per sensata o meno che sia – ci pone in bilico su di una voragine apertasi all'improvviso sotto i nostri piedi e per il solo fatto di essere stata pensata.
E allora, che cos'è la filosofia?



Commenti:
ID65804 - 23/04/2016 16:28:00 - (Dru) - come al solito, bravo

che cosa è la filosofia... ci sono domande che ci aiutano e domande che ci complicano, ecco la filosofia è qualcosa di complesso, che il definirla rischia di ridurla, ma il compito del filosofo è appunto quello di far filosofia e se deve ridurre allora non fa filosofia. Orbene, ogni "che" è una riduzione. Se domando, che cosa è una casa? per bravo che sia l'architetto che me lo spiegherà, e per esaustivo che sia è prolisso, mai riuscita ha darmi una definizione di cosa sia una casa, e anche il senso comune crede di saper tutto di una casa, invece con casa sta riducendo nella parola "casa" tutte le case del mondo. questo è appunto la filosofia, l'indagine del tutto... e il tutto è sommamente più complesso di quanto il senso comune crede di sapere sulla casa...

ID65805 - 23/04/2016 16:35:36 - (Dru) - il filosofo

non si lascia blandire dalle convinzioni e dalle consuetudini, perché la filosofia non è un'animale domestico... indaga là dove il senso comune poggia le proprie terca, mangia anche un poco di mercato, ma non se ne cura affatto... viene la filosofia incompresa, perchè estremamente complessa per chi sicula delle convinzioni, delle fedi... oggi ad esempio quella più potente, la fede scientifica

ID65806 - 23/04/2016 16:36:21 - (Dru) -

mercato=merda

ID65807 - 23/04/2016 16:38:09 - (Dru) -

sicula=si culla ... scusa Nicola, ma il cell è maledetto e anche i miei ditoni

ID65811 - 23/04/2016 18:59:10 - (snaf) -

diceva qlcn di cui non ricordo il nome: "la filosofia è il sottoprodotto delle ambiguità del linguaggio".

ID65813 - 23/04/2016 19:37:43 - (Dru) - a snaf

se la filosofia fosse un sottoprodotto del linguaggio, significherebbe che il linguaggio è originario rispetto la filosofia e significherebbe anche che sapremmo del linguaggio e delle sue ambiguità prima della filosofia, in ambito prefilosofico. Ma è la filosofia a indagare il valore del Sapere e è appunto la filosofia che indaga le sue ragioni. Sarebbe difficile ad esempio pensare alla produzione o sotto-produzione senza il principio di causalità, ma è la filosofia che instaura e fonda ilmconcetto di "comdizione": una cosa condiziona un'altra cosa... allora chi parla, chi evoca questi concetti, non nego che parla con le parole del linguaggio e anche quando pensa pensa con quelle e non nego neppure che le parole e linguaggi cambiano, questa la loro ambiguità, ma l'esser mutevole e l'esser ambiguo, come l'esser differenti delle parole, questo è ciò che fa della filosofia l'originario

ID65814 - 23/04/2016 19:42:54 - (Leretico) - Il mondo delle risposte

In un mondo che concepisce solo risposte, non c'è più posto posto per le domande. È vero: sia le domende che le risposte adoperano il linguaggio ma quest'ultimo non è il loro fondamento. Quindi la filosofia non residua dal linguaggio. Forse, e senza cadere in una petitio princpi, la filosofia trova origine in sè stessa perché appare con l'apparire della coscienza. E dunque basta la domanda per avere già la risposta.

ID65815 - 23/04/2016 19:50:55 - (Dru) -

l'esser differenti è ciò che vi è di identico fra le differenze... questa è la filosofia

ID65816 - 23/04/2016 19:58:04 - (Dru) -

e questo per ogni linguaggio, anche per l'ambiguo

ID65818 - 23/04/2016 20:07:30 - (Dru) - la scienza... ogni scienza

deve tutto a questa dozzina di parole scritte in ID65815, è che non lo sa, è in questo suo non sapere non si discosta molto dagli sciamani e stregoni prefilosofico. .

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