17 Giugno 2016, 10.35
Salò
Mostre

Culto del Duce, fra propaganda e testimonianza

di Jessica Freddi

Alla mostra allestita al MuSa di Salò, oltre ai cimeli, anche un video con le testimonianze di tre anziani del posto, che hanno vissuto il fascismo negli anni della loro giovinezza e raccontano le loro impressioni, i loro sbagli, i loro sogni e tutto ciò che, ai tempi, non avevano capito


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Il 12 settembre 1943 Mussolini viene liberato dai tedeschi sul Gran Sasso, e 6 giorni dopo,  annuncia la nascita di un nuovo stato fascista repubblicano, la Repubblica sociale italiana, che si insedierà tra Salò e Gargano, sulla sponda occidentale del Lago di Garda.
L’8 ottobre arriva a Gargnano; a due passi stabilisce la Presidenza del Consiglio; poco più in là, nella frazione di Bogliaco, la sede per le riunioni del massimo organo di governo.

La gestione di questo nuovo “stato” risulta più problematica del previsto: la Rsi non riesce a dotarsi di una capitale, disseminando i ministeri un po’ in tutto il Nord Est, e incontra difficoltà nel trasferimento del personale ministeriale da Roma. Non riesce nemmeno a dotarsi di una sorta di carta costituzionale.

Il punto di non ritorno è la chiamata alle armi del novembre 1943: chi non si arruola è perseguibile con pena di morte e ritorsioni sulla famiglia.

Renitenti e disertori si uniscono alla Resistenza, mentre l’offensiva alleata procede velocemente.
La propaganda di Salò dà la colpa ai liberatori, ma sono già in molti a chiedersi chi abbia scatenato questo inferno e non tardano a individuare nel fascismo il vero responsabile, e i bombardamenti costituiscono l’ulteriore e drammatico risveglio all’inganno della facile vittoria.

Il 29 maggio al MuSa, museo di Salò, è stata inaugurata la mostra “Il culto del Duce”, che durerà fino al 28 maggio del 2017.
Sono esposti busti e varie raffigurazioni di Benito Mussolini, davvero in tutte le salse: sculture, dipinti, incisioni e vari prodotti del regime fascista, ma non solo: personalmente, la parte che mi ha colpito di più sono sicuramente le testimonianze, raccolte in un lungo video, di tre anziani del posto, che hanno vissuto il fascismo negli anni della loro giovinezza e raccontano le loro impressioni, i loro sbagli, i loro sogni e tutto ciò che, ai tempi, non avevano capito.

Un uomo nel video, potrebbe essere mio nonno, racconta: “Il mio fanatismo era così alto che, nonostante tutto, ostentavo la mia fede fascista, sentivo il bisogno di partecipare al miglioramento, ma quando tutti i nostri amici sono morti in Russia ho cominciato a capire la stupidità della guerra”.

Il video prosegue con la testimonianza di una donna, i capelli bianchi, le mani rugose gesticolano mentre ricorda: “Mussolini era un uomo che ti faceva svenire, il fascismo sembrava promuovere la nostra società. Logicamente mi sbagliavo, e il mondo che abbiamo visto noi in quel periodo è stato un mondo orribile”.

E ancora: “Il fascismo faceva una propaganda incredibile: tutte le scuole erano obbligate a far vedere ai propri studenti un film, “Süss l’ebreo”, in cui il protagonista era rappresentato come il male del mondo”.

Un’altra signora ricorda con nostalgia come tutto funzionasse, la propaganda fascista sembrava dire che tutto stava migliorando e che gli ingranaggi delle istituzioni e dei servizi lavoravano perfettamente. Lei è stata risparmiata da un partigiano, perché “era solo una mocciosa”.
Infine un uomo, l’accento forte, ripensa alla gioventù, al suo fascismo: “Molti erano fascisti per lo stipendio, per la divisa, perché potevano fare molte cose.”

Questa mostra ha suscitato forti polemiche.
Il segretario provinciale di Rifondazione Comunista, Attilio Zanelli, l’ha ritenuta un’iniziativa intollerabile, scrivendo al questore e al prefetto di Brescia perché intervenissero su un’operazione che si rivela “un metodo liquido per assicurare il culto del duce a Salò”.

Parole simili quelle pronunciate dal presidente dell’Anpi, l’Associazione nazionale partigiani, Giulio Ghidotti, secondo cui a Salò sarebbe all’opera un’azione sinergica del museo MuSa, del Vittoriale degli Italiani e del centro studi sulla RSI, che starebbero lavorando per uno sdoganamento del fascismo.

È vero, gli oggetti esposti sono ovviamente il prodotto della propaganda fascista dell’epoca, sono il simbolo del fanatismo per la figura di Mussolini, ma, soprattutto considerando il fatto che nella mostra viene dato spazio anche alle testimoniane e alla percezione dei giovani del tempo, mostrano sì quanto il fanatismo era forte ma non in una luce positiva.

Anche il curatore, Giordano Bruno Guerri, storico e presidente della Fondazione Vittoriale degli italiani, ribadisce che la mostra raffigura un periodo oggettivo che è esistito nella storia d’Italia: “I nostalgici possono arrivare e non possiamo impedirlo, ma l’esposizione non è rivolta a loro”.

La mostra si chiude con un cartello: “Il fascismo e il culto del duce si conclusero con la guerra, la liberazione e la lotta partigiana. Costarono enormi sofferenze e la sezione sulla Rsi ce le ricorda, insieme all’insegnamento sul valore insostituibile della libertà.”

Di recente ho ritrovato le pagelle di mio nonno, nato nel 1931, che citano tra le materie “storia e cultura fascista”.
Forse oggi non possiamo renderci conto di quanto la propaganda e il fanatismo fossero dilaganti in quel periodo, e probabilmente nei paesi direttamente interessati sul Lago di Garda ancora di più, ma dire che a Salò si stia assicurando oggi il culto del duce mi sembra veramente eccessivo.

Non sottovalutiamo i cittadini, chi visiterà la mostra e la loro capacità di comprensione e valutazione per quello che purtroppo è stato un periodo nero della storia italiana e dei diritti civili e umani, e che nessuno si sente di rievocare in maniera leggera.

Sarebbe un affronto alle vittime di tutto quel periodo ricordare positivamente il fascismo: oggi possiamo parlare di cosa accadde a livello politico ma, umanamente, non possiamo sapere.



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