13 Luglio 2016, 10.56
BLOG - A regola d'arte

Cinque versioni delle "Bagnanti" nella storia dell'arte

di Vittoria Pasini

L’estate è ormai arrivata e di questa stagione mi piace tutto, anche i difetti che porta con sé...


Adoro il sole cocente di mezzogiorno, amo il profumo dell’asfalto bagnato quando piove, aspetto con ansia il week end per andare al lago con amici che non vedo da anni.
Solitamente porto con me cuffie per la musica e libri che, ne sono consapevole, non verranno mai finiti; in realtà l’unica cosa che riesco a fare con molta concentrazione è osservare i vari gruppi di donne, con tutte le loro differenze, e paragonarle ai dipinti che vedono come soggetto le Bagnanti.

Un soggetto che molti artisti nel corso dei secoli hanno rappresentato, fino a diventare un vero genere pittorico, che affonda le radici nella pittura rinascimentale e che cambia totalmente fisionomia nel periodo contemporaneo.

Le donne sono colte nella loro spudorata naturalezza durante il bagno, come ci racconta il mito di Diana e Atteone, modello dal quale il soggetto trae spunto: il giovane Atteone, durante una battuta di caccia, si imbatté casualmente nella grotta in cui Diana e le sue compagne facevano il bagno.
Non appena si accorse della sua presenza, la dea, adirata per l’oltraggio, gli spruzzò dell’acqua sul viso trasformandolo in un cervo, impedendogli così di andare a raccontare ciò che aveva visto.
Il cacciatore scappando giunse ad una fonte dove, specchiatosi nell’acqua, si accorse del suo nuovo aspetto. Nel frattempo egli era inseguito dai suoi stessi cani che lo catturarono e lo sbranarono ferocemente.

Nel corso dei secoli assistiamo però alla perdita della presenza del cacciatore Atteone, con il passaggio a un’inquadratura dedicata, in modo esclusivo, al gruppo di bagnanti, con il quale i pittori hanno continuamente sperimentato, giocando nella resa della nudità, nella brillantezza della pelle femminile e nella corporeità seducente della donna moderna.



Nelle sue bagnanti Gustave Courbet, nonostante avesse cercato di coprire le nudità della donna, in realtà voleva destare scalpore fra i benpensanti. Ed è proprio quello che fece.

In questa tela le bagnanti sono due: tra i folti alberi di un bosco nascosto in Francia, una donna sta abbandonando gli abiti per un tuffo fresco nell’acque di un laghetto; con una mano tiene il lembo del lenzuolo per celare le nudità, con l’altra si fa largo per nuotare.
La compagna, che si sta accingendo a togliersi i vestiti, sembra voler seguire l’esempio dell’amica.

Probabilmente la mia idea che la versione delle Bagnanti di Courbet sia intellettuale ed elegante non conta nulla, visto che il collega Eugene Delacroix sembra non apprezzare le “grosse natiche” delle due donne.


 
Il nudo torna anche in Auguste Renoir, esponente impressionista che si dà all’en plain air per dipingere le sue donne.
Memore dei nudi cinquecenteschi di Tiziano e Rubens, Renoir trasforma il suo grande giardino coltivato ad ulivi un in contesto idilliaco e senza tempo, nel quale inserisce due dolcissime fanciulle distese in primo piano ed altre tre sullo sfondo intente a giocare fra di loro con l’acqua nel laghetto.
 


Tutt’altra cosa è il “Bagnante ad Asnières” di George Seurat: niente contesto arcadico, niente fanciulle nude, niente scandalo.
Troviamo invece qui dei giovani ragazzi in riva alla Senna, mancanti di espressione e saturi di staticità, fra armonia compositiva, colori puri, puntinismo fedelissimo al pittore francese.

Una tela di grande formato che ebbe bisogno di quattordici dipinti preparatori per essere conclusa; una difficile preparazione e una lunga meditazione, caratteristiche che d’altronde non abbandonarono mai il lavoro di Seurat.



Le Bagnanti credo più famose nella storia dell'arte sono quelle di Paul Cézanne, che in verità ne realizzò tre versioni: sono però le “Grandi Bagnanti” ad essere considerate il suo testamento spirituale.

Completamente a loro agio nella natura geometrica, queste donne dai forti contorni si avvicinano per fisionomia più a delle statue arcaiche che a graziose fanciulle. Il dipinto volle rendere omaggio ai grandi maestri del passato e, senza saperlo, fu d’ispirazione a quelli del futuro, come per Pablo Picasso.    
 


Le sue bagnanti (quelle di Picasso), tre donne vestite alla moda (adoro le righe tipiche francesi) sono su di una spiaggia antistante un faro; prive di proporzioni anatomiche e prospettiche, una si strizza i capelli zuppi d’acqua, quella al centro è spaparanzata e prende tutto il sole che c’è, mentre la ragazza in piedi fa ondeggiare le folta chioma al vento, forse pronta per un tuffo.



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