02 Settembre 2016, 08.58
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Il Vittoriale degli Italiani, l'opera d'arte totale di Gabriele d'Annunzio

di Vittoria Pasini



Ho la fortuna di avere a pochi passi da casa il “Vittoriale degli Italiani”, l’ultima dimora, o meglio, una vera e propria cittadella monumentale voluta fortemente dal poeta-soldato Gabriele D’Annunzio a Gardone Riviera. Credo sia una delle case-museo più affascinanti, se non la più enigmatica e rivelatrice d’Italia, dotata di un magnifico giardino, di un teatro all’aperto, di vie e piazzette, ricca d’arte e di impercettibili segreti.  L’ultima mia visita è stata circa due settimane fa anche se, a volte, raggiungo a piedi il cancello di fronte al Mausoleo di D’Annunzio, sbircio i visitatori affascinati e mi chiedo se anche loro, come me, riescano a cogliere l’anima del poeta e l’essenza della sua casa, riuscendo ad assaporarne la bellezza attorno.

Edificato tra il 1921 e il 1938 dall’architetto ed amico Giancarlo Maroni, il Vittoriale doveva essere l’ultima dimora del celebre scrittore, innamoratosi del paese sul lago di Garda. Ad accogliermi è l’ingresso costituito da due archi, al cui centro è posta una fontana sul cui timpano è recata la scritta “Io ho quel che ho donato”. Percorrendo la strada ciottolata, poco dopo l’ingresso, sulla destra vi è l’anfiteatro all’aperto, denominato “Parlaggio”, costruito seguendo i criteri di progettazione del teatro di Wagner a Beyrut: D’Annunzio non poteva scegliere sfondo migliore per i concerti e, dalla “conca marmorea sotto le stelle”, si ammirano il Monte Baldo, Sirmione, l’Isola del Garda e la Rocca di Manerba.

La “Prioria”, ossia la casa del poeta, è il cuore del Vittoriale. L’ho adorata una decina di anni fa e l’ho amata fortemente durante quest’ultima visita. Nella penombra che avvolge ogni stanza (D’Annunzio era fotofobico), ogni statua, ogni libro, ogni strumento musicale sono puro amore per l’ispirazione e per l’arte, che sia essa pittura, poesia, musica. Ogni stanza ha un nome specifico, ognuna di essa è adibita ad un uso particolare e D’Annunzio inventò gli allestimenti scegliendone gli oggetti. La cosa magnifica è che sono ancora intatte. Quelle che preferisco sono la “Stanza della Musica”, nella quale il poeta ha voluto ricreare una luce ed un’atmosfera musicale, omaggiando il mito di Orfeo che ammansisce la belve; la “Stanza del Lebbroso”, quella più cifrata ed ascetica della casa, adibita alla meditazione e dove, in un letto che somiglia ad una bara, d’Annunzio voleva fosse riposta la sua salma; e poi lo studio personale, luminoso e dal chiaro mobilio, alla cui entrata l’ospite era obbligato a fare un inchino, grazie ai gradini alti contrapposti alla porta bassa, per omaggiare tutta l’arte del Genio.
Vorrei ogni cosa di questa casa perché ogni oggetto, i loro significati emblematici, perfino le scritte in latino sulla porta di ogni stanza mi fanno riflettere e commuovere.

Da non perdere sono i cimeli di guerra appartenuti a D’Annunzio: nell’auditorium dello “Schifamondo” è sospeso l’aereo da caccia S.V.A. con cui effettuò il celebre volo sopra Vienna; all’interno del parco non passa inosservata la mastodontica Nave Puglia, incastonata nella pietra ed orientata piena d’orgoglio verso l’Adriatico, nel quale prestò servizio; e infine la nave MAS 96, che partecipò alla Beffa Buccari e il cui acronimo, secondo il poeta, era “Memento audere semper” (“Ricorda di osare sempre”).

Domina il parco e si gode il lago il Mausoleo degli Eroi che, con la sua architettura in pietra bianca, ricorda i gironi danteschi. Oltre ai tumuli romani che contraddistinguono il sito, esso ospita la tomba di D’annunzio; intorno al sepolcro del poeta giacciono le antiche arche donate dalla città di Vicenza, dedicate ai legionari fiumani tra cui il poeta ha voluto essere sepolto. E’ un luogo che suscita in me sempre una grande emozione.

Ci sarebbe da raccontare ancora molto sulla “santa fabbrica” ma, considerando che la bella stagione non è ancora finita, lascio a voi continuare a scoprire lo spirito di Gabriele d’Annunzio e i segreti dell’opera d’arte totale che ha voluto donarci, omaggiandoci di queste parole: “Tutto qui è dunque una forma della mia mente, un aspetto della mia anima, una prova del mio fervore.
Come la morte darà la mia salma all'Italia amata, così mi sia concesso preservare il meglio della mia vita in questa offerta all'Italia amata".


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