Canti sacri e popolari in ebraico e yiddish

A Soprazocco, nella serata di sabato 16 febbraio, la splendida chiesetta di S. Giacomo ha ospitato un singolare incontro musicale con il gruppo bresciano dei Klezmorim, formazione di nove elementi che ha proposto all’attento uditorio canti della tradizione sacra e popolare in ebraico e yiddish.

Ad accompagnarli, il professor Rolando Anni, docente presso l’Università Cattolica di Brescia e collaboratore dell’Archivio Storico della Resistenza Bresciana.
Il professor Anni, profondo conoscitore di lingua, tradizione e cultura ebraica, ha introdotto i diversi momenti di cui si componeva lo spettacolo (canti sacri, brani popolari, canzoni sulla Shoah e canti di gioia) contestualizzandoli e inquadrandoli nel contesto storico e sociale in cui furono scritti e interpretati. L’abbiamo raggiunto telefonicamente per una breve intervista, che ci ha concesso con grande disponibilità.

VSnews: Come nasce l’idea di fondare i Klezmorim?

prof. Anni: Il gruppo nasce quasi per caso tra il 1999 e il 2000: in quel periodo tenevo alcuni incontri sulla cultura ebraica e sulla Shoah e ho pensato di utilizzare alcuni giovani studenti di liceo per proporre alcuni canti e preghiere in ebraico e alcuni canti in yiddish.
Qualche tempo dopo ci hanno chiesto di organizzare un incontro musicale durante la giornata di colloquio tra il mondo ebraico e quello cattolico: in quell’occasione abbiamo allestito una prima versione dello spettacolo, successivamente arricchitosi grazie all’ingresso nel gruppo di nuovi musicisti e alla crescita, non solo anagrafica, di tutta la formazione.

VSn: Che ruolo ha il canto nella cultura e nella tradizione ebraica?pA: La musica è fondamentale nella religiosità e nella cultura ebraica e in particolare per i Chassidim, un gruppo religioso facente parte dell’ebraismo che ha recuperato certe tensioni mistiche in senso popolare; la musica, anche solamente melodica, senza parole, è per loro il modo più diretto di pregare: alcuni Chassidim ritengono che la preghiera cantata arrivi immediatamente di fronte a Dio. Questo è un primo elemento, di fondamentale importanza. Il secondo è che, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, vi fu una grande ripresa della lingua yiddish, considerata di secondo piano rispetto all’ebraico, la lingua sacra. In particolare nella Polonia austo-ungarica e successivamente russa, vi fu uno straordinario sviluppo della cultura yiddish, dal teatro, al romanzo, alla musica appunto.
Molti di questi artisti suonavano ad orecchio, senza conoscere neppure i rudimenti della teoria musicale, e avevano bisogno di qualcuno che fosse in grado di trascrivere su un pentagramma le loro melodie: fu questo il caso di Mordechai Gebirtig, straordinario musicista che visse a Cracovia tra il 1877 e il 1942, che si che si avvaleva dell’amico Juliuzs Hoffman per trasferire sulla carta le sue numerose idee musicali.

Attraverso la musica gli autori di brani in lingua yiddish raccontavano se stessi, le vicende di cui erano protagonisti o di cui erano venuti a conoscenza, la vita quotidiana degli shtetlek, i villaggi, i loro amori, i loro sogni…
Il klezmer, così è stato nominato quello che è finito per diventare un vero e proprio genere musicale, è attualmente diffuso un po’ in tutta Europa e negli Stati Uniti: molto spesso i brani originali sono rielaborati e contaminati a partire dalle tradizioni musicali proprie dei musicisti che li eseguono.
Nel nostro caso, i canti sono interpretati secondo la tradizione italiana, che privilegia l’aspetto melodico, ma nono è certamente l’unica strada percorribile.

Chi desiderasse avere ulteriori informazioni sui Klezmorim può trovarle sul sito www.klezmorim.it, dov’è possibile visionare anche filmati di alcune esibizioni live.

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