19 Febbraio 2017, 10.48
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Giovani e crisi d'esperienza

di Valerio Corradi

“I Care” scriveva sulla lavagna della sua canonica Don Milani. Egli voleva che i suoi allievi sviluppassero un interesse profondo per le questioni della vita e per tutti i problemi circostanti. E oggi?


Il desiderio di capire, di apprendere e di vivere il mondo doveva essere continuamente alimentato in modo che l’indifferenza, la passività e lo sconforto nei verso le vicende del mondo non trovassero posto nel cuore dei giovani.
E allora cosa dire di un quadro sociale odierno che vede aumentare il disagio giovanile e anno dopo anno? Cosa dire della sfiducia nei confronti della educabilità dei ragazzi?

Sembra che oggi si viva in una società della stanchezza dove tutto si è già visto e sentito e dove si è persa la capacità di stupirsi, mentre è molto diffusa la tendenza a indignarsi e stigmatizzare gli aspetti negativi del mondo.

Vittime di questo clima culturale sono i giovani che stanno entrando nella vita per i quali costruire un’esistenza ricca di interessi e di progetti è sempre più complicato.
Per molti di loro è più comodo fuggire nel virtuale, rimanere agganciati il più possibile alla propria famiglia d’origine, non mettersi alla prova o in discussione e attendere che la strada sia dettata dal caso piuttosto che dalla propria intenzionalità. 

Possiamo azzardare che alla base di tutto vi sia una paradossale mancanza di “esperienza” che non ha precedenti nella storia.
Da una parte, troviamo giovani che sanno utilizzare in età precoce le tecnologie digitali, che conoscono a memoria i testi in inglese delle ultime canzoni di successo, che hanno viaggiato molto più delle generazioni che li hanno preceduti, che hanno accesso a possibilità di scelta e di consumo mai viste prima ma che, dall’altra parte, non sanno riconoscere i tratti di una vita significativa semplicemente perché non hanno vissuto. 

I giovani di oggi vivono in un eccesso di immaginazione e di stimoli a fronte di una povertà di esperienze, vivono il contatto con l’altro come comunicazione e non come legame.

Se questo è il quadro si devono aiutare i giovani a tornare a fare esperienza del reale.
Ripartire dal “fare” in ambito familiare e scolastico e non solo può essere oggi una grande opportunità per tornare ad agganciare e ad educare i giovani.
Si avverte la necessità che i giovani tornino a misurarsi con situazioni concrete che possono presentare criticità, ostacoli e rischi e che consentano loro di fare esperienza di ciò che ha valore.

Solo in questo modo possono diventare consapevoli della propria efficacia e della propria capacità di diventare attori di cambiamento nel mondo.
Fare esperienza significa misurarsi con una situazione sulla quale si può incidere ma anche che lascia il proprio segno.
Forse è su questa base può tornare di attualità il motto “I Care” valorizzando la capacità di costruire interessi, passioni e progetti derivanti da esperienze reali.
 


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