02 Marzo 2008, 00.00
Idro
Eridio 2

La cronaca dell'assemblea

di Cesare Fumana

L’auditorium del Polivalente di Idro era quasi pieno, a dimostrazione che la questione lago d’Idro suscita molto interesse nella gente di Idro e degli altri paesi che si affacciano sullo stesso.

L’auditorium del Polivalente di Idro era quasi pieno, a dimostrazione che la questione lago d’Idro suscita molto interesse nella gente di Idro e degli altri paesi che si affacciano sullo stesso.
Venerdì sera si è tenuto un incontro pubblico voluto dall’Amministrazione comunale di Idro, con i rappresentanti della Regione Lombardia invitati a presentare alla popolazione le proposte della Regione relative alla messa in sicurezza del lago. La serata, coordinata dal Sindaco di Idro, Augusta Salvaterra, e durata ben quattro ore, erano presenti diversi Sindaci della valle, rappresentanti il presidente e l’assessore all’ambiente della Comunità montana, i rappresentanti degli agricoltori e i rappresentanti dei vari comitati. Sono intervenuti il dottor Raffaele Tiscar, direttore generale delle Reti e Servizi di pubblica utilità e Sviluppo sostenibile della Regione Lombardia, con i tecnici dell’Arpa che hanno eseguito il monitoraggio e l’ing. Peri e il prof. Griffini che hanno presentato i loro studi con quattro proposte di soluzione.

Tiscar, all’inizio, ha voluto precisare che quelle presentate erano ipotesi progettuali per la messa in sicurezza del lago, quindi con scopi di Protezione Civile, non di regolamentazione del bacino e che non è stata ancora fatta alcune progettazione
Come è noto, la questione riguarda una frana, la cosiddetta “paleofrana”, la cui caduta potrebbe provocare un’ostruzione del fiume Chiese formando una diga con conseguente allagamento di parte degli abitati più vicini alle rive del lago e un pericolo anche per le popolazioni a valle una volta che la il tappo si dovesse sbloccare.

È toccato al dottor Mannucci dell’Arpa illustrare il monitoraggio compiuto sulla frana, dell’estensione di circa un chilometro quadrato e che presenta al suo interno della falde d’acqua sospese e discontinue. L’innesco della frana potrebbe essere provocato per erosione al piede della stessa o per saturazione a seguito di piogge prolungate. Gli scenari di eventi critici prospettati sono due: il più probabile piccoli franamenti di 1.000-1.500 m cubi, che causerebbero l’ostruzione del Chiese; quello meno probabile una frana consistente che formi una vera e propria “diga”. Mannucci ha presentato tutti gli apparati di monitoraggio messi in campo dall’Arpa, compresi i rilevamenti via satellite, presentando anche alcuni dati che dimostrano che la frana, molto lentamente, ma si muove. Per esempio il traliccio dell’Enel in 26 mesi si è mosso di 40 millimetri, un altro sensore di 10 millimetri in 10 mesi: questi sono gli ordini di grandezza del movimento.

Sono state quindi presentate le valutazioni alternative, suddivise in due parti: una con il mantenimento della regolamentazione e una senza. Per la prima si sono ipotizzati degli interventi sulla frana, con una prima ipotesi di rimozione e riprofilatura della frana (impraticabile per i tempi, 20 anni, e i costi) e una seconda con la costruzione di pozzi drenanti che avrebbero come obiettivo di captare le acque sotterranee per diminuire la pressione intestinale nel corpo della frana, anche questa poco praticabile e di incerta utilità.
Le altre due ipotesi, mantenendo la regolamentazione, riguardavano una la tombinatura del Chiese, cioè intubare l’alveo del fiume per un tratto di 1.200 m in modo da garantire il passaggio delle acque anche in caso di frana (ipotesi con grosso impatto ambientale e comunque non sicura perché l’alveo poggia anch’esso sulla base della frana) e infine la galleria di by-pass (la cosiddetta terza galleria), lunga 1.300 m, con un imbocco di 4,5 per 4,5 metri, posto a una soglia di 361,5 m sul livello del mare. Il costo dell’opera sarebbe di 17 milioni di euro.
La sensazione che si è avuta è che secondo questo studio la soluzione sarebbe quest’ultima.

È toccato, quindi, al professor Paolo Simonini dell’Università di Padova, incaricato dal Comune di Idro nel 2005, di presentare una proposta alternativa. Per la messa in sicurezza della frana si propone, anziché dei pozzi drenanti, un cunicolo drenante, lungo 450 m, posto orizzontalmente sopra la metà della frana, a una profondità di 25 metri, in modo da captare l’acqua tramite delle perforazioni del terreno, rendendolo più stabile. Costo ipotizzato 5 milioni di euro, più Iva e oneri accessori. Questa soluzione, come prevedibile, ha ricevuto scroscianti applausi dalle persone in sala.

A evidenziare discrepanze nelle valutazioni della Regione rispetto ad altri studi sono intervenuti il prof. Muraca dell’Università di Brescia, incaricato della Comunità montana di Valle Sabbia e il geologo del Coordinamento Facchini, il quale ha posto ai responsabili della regione la domanda se davvero la paleo frana ha una pericolosità così elevata o piuttosto possono succedere solo smottamenti di 1.000 metri cubi, facilmente asportabili in poche ore con i mezzi di oggi. È questa la risposta che i tecnici devono fornire ai politici affinché possano prendere la decisione commisurata davvero ai rischi.
È la stessa richiesta che ha fatto Marco Scalvini, Sindaco di Bagolino, nel suo intervento, il quale però ha tenuto a precisare che tra le premesse ci deve essere la salvaguardia del lago, con il mantenimento dei livelli previsti dall’accordo dell’anno scorso (367,2-368,5 metri, con una variazione di 1,30) ribadendo che l’utilità pubblica supera l’utilità privata.

Per la società civile è intervenuto per primo Gianluca Bordiga, presidente del club di Lago D’Idro e Valle Sabbia dell’Associazione Amici della Terra, il quale ha consegnato a Tiscar 3.112 firme, raccolte in 19 giorni della petizione popolare da loro promossa, che tra gli otto punti prevede un no secco alla terza galleria, considerata un’opera sproporzionata rispetto alla realtà.
All’appuntamento era presente l’avvocato Mellaia del coordinamento delle Pro loco, il quale ha ribadito la contrarietà alla terza galleria, ritenendo oltretutto fuori luogo la collocazione dello scolmatore a 360 metri.
In rappresentanza degli agricoltori ha preso la parola il presidente della Copagri Baronchelli, che ha definito l’accordo di programma sottoscritto lo scorso anno una buona soluzione per la sua categoria, anche se nello scorso mese di agosto hanno un po’ sofferto, nonostante il rilascio straordinario dell’Enel. A tal proposito è stato annunciato da Tiscar che la centrale di Vobarno sta per essere ceduta a una società mista pubblico privata tra la Provincia Autonoma di Trento e l’Enel stessa, con quest’ultima in quota di minoranza.

Alla fine è stato chiamato a tirare le conclusioni del dibattito il dottor Tiscar, che ha affermato che loro non hanno preconcetti sulle soluzioni da prospettare, anche se in sala tutti hanno pensato il contrario. Ha detto che “è finito il tempo di temporeggiare, la Regione Lombardia presenterà un progetto”. Nell’ambito della proceduta di Via gli enti locali potranno avanzare le loro proposte. L’unica affermazione positiva che il sindaco di Idro è riuscita a far pronunciare al responsabile della regione è che “nella procedura di Via si valuteranno i progetti in modo comparato”.


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