03 Marzo 2008, 00.00
Gavardo
Incontri

La follia e il crimine violento

di Alfredo Cadenelli

Prosegue a Gavardo il ciclo d’incontri dedicati alla follia. Martedì scorso il professor Carlo Alberto Romano e lo storico Marcello Zane hanno dialogato sul rapporto fra follia e crimine violento, presentando il libro “La leonessa che uccide”.

Nell’Auditorium della Biblioteca di Gavardo prosegue il ciclo d’incontri dedicati alla follia: lo scorso martedì 26 febbraio sono stati ospiti della manifestazione il professor Carlo Alberto Romano, criminologo e docente universitario presso l’Università degli Studi di Brescia, e Marcello Zane, noto storico studioso di storia e tradizioni locali di origini gavardesi.

Il professor Romano, con precisione e chiarezza espositiva, ha inquadrato il fenomeno del crimine violento prima nei suoi caratteri più generali, suddividendone le cause in tre macro-aree: quella dell’omicidio compiuto direttamente o al soldo di organizzazioni criminali quali le mafie, il reato “predatorio†(cioè con finalità lucrative, quali un furto o una rapina mano armata, dove la soppressione della vita della vittima è spesso un “incidente di percorsoâ€) e l’omicidio perpetrato ai danni di un soggetto con cui l’assassino aveva già relazioni, più o meno stabili, pre-esistenti all’evento delittuoso.

Soltanto in quest’ultima categoria e, si badi bene, solo in alcuni casi è possibile parlare di disturbi psico-patologici come causa scatenante dell’atto omicida; la percentuale di persone affette da malattie psichiatriche che commette crimini violenti non è superiore alla medesima percentuale riferita alla popolazione che non soffre di tali disturbi.
Ci si chiede francamente il perché allora si parli così tanto (e molto spesso con scarsissima cognizione di causa) di pazzi con istinti omicidiari, serial killer, maniaci, mostri… in una società dove, nel corso di un secolo, i tassi omicidiari si sono più che dimezzati e i reati violenti sono in continua diminuzione, fatta eccezione per quelli con finalità lucrative.
Il prof. Romano da al fenomeno una spiegazione molto interessante: il pensare che l’assassino sia qualcun “altroâ€, intrinsecamente diverso da noi perché malato, disturbato psichicamente, ma anche immigrato, dipendente da alcool o sostanza stupefacenti…ci permette di tutelare le nostre coscienze, collocando un atto aberrante qual è l’omicidio in un contesto comportamentale totalmente estraneo al nostro.

Luogo comune non suffragato da alcun elemento scientifico, anzi: gli assassini con finalità non lucrative sono, nella stragrande maggioranza dei casi, posti in essere da persone non affette da malattie psichiatriche e ai danni di soggetti con cui già erano in relazione prima dell’atto (amici, parenti, conoscenti, vicini di casa…).
“L’omicidio è parte del nostro agire quotidianoâ€, afferma il prof. Romano, ed è necessario studiare tale fenomeno non come atto slegato dalla realtà ma saldamente ancorato al contesto socio-culturale in cui si è generato.
Lo storico Marcello Zane rilancia il discorso analizzando il fenomeno criminale nel territorio bresciano a partire dal Medioevo fino ai giorni nostri, sottolineando le evoluzioni sia nella commissione dei reati che nell’inflizione delle pene, in relazione agli avvenuti mutamenti politici, sociali, culturali ed economici.

Altro luogo comune che il prof. Romano confuta sulla base di dati scientifici e statistici è il parallelismo tra fenomeno migratorio e criminalità violenta: nessun dato suffraga tale legame, anche se molto spesso, tanto più in realtà come le nostre dove sono stati commessi alcuni crimini (con fini e modalità completamente differenti le une dalle altre) che hanno visto come protagonisti persone provenienti da paesi extra-comunitari, il mito dell’“immigrato assassino†è molto spesso argomento di disquisizioni e invettive da bar sport.
In questo caso anche altri soggetti, a cui non concedo neppure l’attenuante della buona fede o della manifesta ignoranza della materia, hanno un ruolo nel fomentare tali odi e paure: in primis i mass-media, che molto spesso forniscono in poche battute informazioni magari anche oggettivamente veritiere, ma associate tra loro in maniera erronea e fuorviante.
Esempio eclatante quello dei quattro omicidi avvenuti a Brescia alla fine della scorsa estate, casi intrinsecamente diversi per cause scatenanti e modalità di svolgimento ma trattati congiuntamente da TV e giornali, tanto da far subito gridare all’ennesimo atto di violenza posto in essere da immigrati anche per l’ultimo di essi in ordine cronologico, l’assassinio plurimo della famiglia Cottarelli (che si rivelerà invece un regolamento di conti attuato da sicari della ‘ndrangheta calabrese).

Ci sono poi i partiti politici, non solo quelli tradizionalmente e fieramente xenofobi come Lega Nord e affini: la sicurezza è un refrain trasversale agli schieramenti, oramai parola d’ordine (e disciplina!) divenuta patrimonio condiviso dalle formazioni politiche di quasi tutto l’arco costituzionale.
Le strategie di prevenzione del crimine non sono però solo la repressione e la prevenzione “situazionale†(maggiori forze dell’ordine, più illuminazione pubblica, installazione di sistemi di allarme e antifurto…) ma anche e soprattutto strategie di prevenzione “sociale†(servizi pubblici ai cittadini, autoctoni o immigrati, in situazioni di oggettivo svantaggio o indigenza) e “comunitariaâ€.
Quest’ultima credo sia forse la più innovativa fra le modalità di prevenzione addotte, che coinvolge non solo enti pubblici e centri di potere a vari livelli, ma anche e direttamente la società civile: la partecipazione, l’organizzazione di eventi, feste, manifestazioni… il vivere il paese o la città attivamente insomma aiuta gli stesi cittadini a diminuire il divario tra insicurezza reale e insicurezza percepita (quest’ultima, sempre molto maggiore della prima) e, nel lungo periodo, a migliorare le condizioni di vita collettiva, riducendo la tendenza a commettere crimini violenti.

Al termine dell’incontro il prof. Romano ha regalato a tutti i presenti una copia del suo libro “La leonessa che uccide – omicidi ed altri crimini nel territorio di Brescia†(liberedizioni 2007) e un giornale realizzato dai detenuti del carcere di Brescia grazie alla collaborazione dell’Associazione “Carcere e Territorio†(www.act-bs.com), di cui lo stesso prof. Romano è presidente e della cui attività ci ripromettiamo di parlare in un prossimo futuro.



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