14 Gennaio 2018, 10.39
Gavardo Valsabbia
Maestro John

Compagni di viaggio

di John Comini

Seconda e ultima parte del racconto del pellegrinaggio a Roma svolto dal gruppo ciclistico dell’Avis di Gavardo nell’agosto del 2000


Le foto di gruppo si riferiscono ai 3 pellegrinaggi: Santiago 2009 (nella piazza di Leon), Roma 2016… e Roma 2000.

4^ tappa: 15 agosto 2000

 “Domani partirai, non ti posso accompagnare
sarai sola nel viaggio io non posso venire
il tempo sarà lungo e la tua strada incerta
il calore del mio amore sarà la tua coperta
Ama la tua terra, ama, non la tradire
non frenare l'allegria, non tenerla tra le dita
ricorda che l'ironia ti salverà la vita
Ed io ti penserò in silenzio nelle notti d'estate,
nell'ora del tramonto quella muta delle fate
e parlerò al mio cuore perché, domani partirai
in silenzio ma in una notte di estate
io ti verrò a cercare, io ti verrò a parlare
e griderò al mio cuore
perché tu lo possa sentire”
(Fiorella Mannoia)

Si riparte per Siena.

È una bellissima giornata, tra le colline incantate. Pedalando pedalando prima o poi si arriverà. Pedalare è bello, dà un senso di libertà incredibile. L’aria sulla faccia, è come stare sulle nuvole, un paesaggio di grande fascino ti passa accanto come un film, e mentre pedali pensi solo a quello e la vita ti corre attorno.
Qualcuno più che pedalare parla parla parla … un fiume di parole.
Qualcuno parla poco ma tutto ascolta e tutto sente, anche i pensieri e le parole non dette.

Siena accoglie i nostri come una magnifica sorpresa, con le sue torri, i suoi vicoli e le sue contrade, che vivono per il Palio, che si svolge 2 volte l’anno in Piazza del Campo, con la sua bellissima forma a conchiglia.
È il 15 agosto, il giorno prima del Palio dell’Assunta.

Il leggendario Ciba passa per un vicolo e grida “Forza Lupa!”.
Seduto ad un tavolino, un signore dietro il giornale esclama “Morissero tutti!”
Siamo entrati in piena lotta tra contradaioli. Uno dei nostri eroi osserva Piazza del Campo e ad alta voce fa “Guardate, hanno riempito la piazza di sabbia!”
E un senese: “Oh grullo, è tufo!”.
E imparare a parlare a bassa voce, no eh? Che fighűre de bresà!

Icompagni di viaggio fanno rotta verso San Quirico d’Orcia, dove c’è una splendida piazza ricca d’arte e di storia.
Fa caldissimo, Anna e Francesca si spalmano la crema per non essere rosolate.
Si sente un tuono in lontananza, lungo e profondo. Forse pioverà? Falso allarme: era mio nipote Bruno che interpretava uno dei suoi fantastici rutti a varie tonalità.

Nel bar è come essere nella taverna dei Simpson, con il barista Boe e l’ubriacone a tempo pieno Barney Gumble. Gigio & Company creano una specie di “birrodotto”, la bionda bevanda viene trangugiata in quantità industriali.
Luigino viene tenuto sotto tutela dal Roby, che con filosofia lo introduce alla magnificenza della bionda bevanda.

Se il vino è il nettare degli dei, la birra è l’ambrosia dei ciclisti.

Va precisato, per non infierire troppo sui nostri ciclonauti, che non ci sono ancora le borracce termiche, quindi la bevanda introdotta in poco tempo si trasforma in un liquido giallo dallo strano sapore…

Il gruppo giunge a Chianciano, per la precisione in località Macciano di Chiusi.
Le valigie vengono scaricate presso l’Hotel Belmondo, che è affiancato da una discoteca. I nostri esultano, la serata promette bene: balli sfrenati, ricchi premi e cotillon.

I nostri bei maschioni, tirati a bigolo e profumati come Rodolfo Valentino, si avvicinano alla discoteca sognando follie da viveurs. Ma la realtà, si sa, è sempre diversa dai desideri.
Si tratta di una balera da antiquariato, dove coppie vetuste si scambiano amorosi sguardi.
Le donne del gruppo possono stare tranquille…

Il Ciba adocchia una bella ragazza. Ma dietro è liceo, davanti è museo.
E allora si lascia andare al ritmo di un tango argentino insieme alla splendida ottantenne, tutta pizzi e chiffon.
Qualcuno in bagno trova una dentiera e gira tra i nostri avisini alla ricerca del proprietario.
Ma si trattava di un resto di qualche appassionato incontro amoroso. Un sorriso non ha età.

5^ tappa: 16 agosto

“Tutti vogliono tutto per poi accorgersi che è niente
noi non faremo come l’altra gente
questi sono e resteranno per sempre
i migliori anni della nostra vita…
Forse un giorno scopriremo che non ci siamo mai perduti
e che tutta quella tristezza in realtà non è mai esistita…
Stringimi forte che nessuna notte è infinita
…i migliori anni della nostra vita…”
   (Renato Zero)

Da Chiusi a Sutri 138 km attendono i nostri valenti ciclisti.
Hanno nelle gambe già 475 km e questa è la tappa più lunga, sotto un sole che non dà tregua.
Percorrono tutta la cresta alta dell’Appennino tosco-laziale, è tutto un saliscendi, in gergo è un “mangia e bevi” (con predilezione per quest’ultimo quando ci si ferma al bar).

Sudore, fatica e molte esclamazioni non certo da dolce stil novo.
Difficile resistere alla tentazione di passare in testa al gruppo. Lo fa per l’ennesima volta la bionda Leo.
Incredibile! È davanti a tutti e sogna di vincere il Gran Premio della Montagna. Ma dopo pochi istanti si vede superare da Sergio che senza troppa fatica spinge Carla per il lato B.
Ennesima delusione cocente di Leo: chi troppo vuole...

Si passa da San Casciano dei Bagni, si legge la scritta “celebre per i bagni termali” e si fa un sospiro.
In effetti ci sono sorgenti ad una temperatura di 40°, quasi come quelli percepiti sulla tangenziale! Ad Acquapendente ci si tuffa con la faccia in gustose e rinfrescanti angurie tricolori.

Al lago di Bolsena qualcuno fa il bagno, rischiando di far strage di pesci per il profumo “aromatizzato” emanato da ascelle e piedi. Immagino le silhouette delle avisine, belle come Venere nata dalla spuma del mare.
Arturo, organizzatore esemplare, gira coi fogli e con il suo fedele Road-book.
Si riparte, ma il caldo non dà tregua e la sete si fa sentire.

A Montefiascone i ciclisti danno l’assalto ad un bar, che rimane senza più nulla nel freezer.
Il nostro gruppo di amici è come Attila, che dove passava non cresceva più l’erba. Si presenta lo chef tutto in ghingheri, che si esprime in modo molto sofisticato ed aristocratico.
Non fa in tempo ad elencare un raffinato menù, che Livio butta sul tavolo un enorme barattolo di Nutella, e tutti vi si buttano alla conquista del cioccolato perduto. 

Prima di giungere all’Albergo “Il borgo” di Sutri (Viterbo), Massi è vittima di un altro scherzo.
Qualche amico (“dagli amici mi guardi Iddio che dai nemici mi guardo io”), sapendo che si era prossimi all’arrivo, esclama: “Tira Massi che sòm visì al’albergo!”.
E Massimo, da persona altruista, si mette alla guida del gruppo e pedala, veloce come una scheggia. Ma è ignaro che in realtà mancavano pochissimi metri all’arrivo. Tutti si fermano, e lui è già oltre l’orizzonte.
Alla fine gli telefonano: era già a 5 km di distanza, ed ha dovuto fare dietrofront. Povero grande Massimo, vittima del bullismo degli amici! Domani Roma, mamma mia!

6^ tappa: 17 agosto, Roma

“C’è un fiume di gente nel cuore di Roma
che vive e che soffre, ed io ti amo ancora…
C’è un cuore che batte nel cuore di ognuno
io credo nel mondo, io credo nel cielo”
(Venditti)

E finalmente è il grande giorno. Ancora una cinquantina di km e poi Città del Vaticano.
I nostri sono silenziosi e nel cuore vivono un’intensa emozione, sanno che tra poco arriveranno al culmine del viaggio. A Roma, sotto il solleone, si sta svolgendo la Giornata Mondiale della Gioventù che culminerà il 20 agosto con il Giubileo dei giovani.

C’è una marea di gente, con colori e bandiere di diverse nazionalità. I nostri indossano tutti la divisa avisina. Si percorre Via della Conciliazione, immergendosi nel fiume di gente venuta da tutto il mondo.
Ci sono i pompieri con le autopompe che lanciano getti di acqua rinfrescante sulla coda di gente che con calma, serenità e tanta pazienza si avvicina a San Pietro.

È impossibile descrivere l’emozione che provano tutti i nostri avisini, ciclisti ed accompagnatori.
Ognuno ha la testa piena di pensieri, di ricordi, di nostalgie, di speranze. Ognuno prega a suo modo, perché sente che sta vivendo un momento straordinario ed unico della propria vita. Ognuno pensa ai suoi cari, alle persone amate, a chi adesso è lontano, o magari in cielo. E forse il cielo non è così distante, ognuno ha un pezzetto di cielo nel proprio piccolo cuore. 

E come sempre, nella commozione c’è un aneddoto umoristico da raccontare.
Nelle centinaia di migliaia di persone, chi possono casualmente incontrare i nostri amici? Ma naturalmente il grande (e leggermente grosso…) don Gabriele, che è lì con un’altra comitiva.
E rammentando la rovinosa caduta del primo giorno, dopo la benedizione del don, qualcuno scaramanticamente tocca qualcosa di metallo, va bene anche una lattina di Coca Cola.
Ma è merito della benedizione di don Gabriele se sono arrivati tutti sani e salvi!

Nella grande piazza è tutto un formicolio di gente che saluta, che canta, che esulta.
Ma (chissà perché…) due carabinieri s avvicinano a 4 avisini gavardesi che stanno discutendo su come fare la foto ed esclamano: “Ahò, fate più casino voi 4 che tutta la gente in san Pietro”.
Sempre a farsi riconoscere…

Si risale in bici
, perché l’indulgenza può essere ottenuta visitando una delle quattro basiliche patriarcali: San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo fuori le mura e Santa Maria Maggiore.
Ma si può ottenere anche visitando le profonde catacombe (sembra che i mariti abbiano fatto un pensierino riguardanti le mogli, ma non posso dirvelo..).
San Paolo fuori le mura è pieno di turisti americani, sembrano ritornati i tempi della liberazione di Roma città aperta.

Nel pomeriggio si visita la straordinaria Villa d’Este di Tivoli, un capolavoro del Rinascimento che figura nella lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
Nello splendido giardino, fra terrazze e pendii, zampillano splendide fontane con ammirevoli meccanismi idraulici.

Ai nostri stanchi guerrieri dai cavalli d’acciaio pare di essere nel Paradiso Terrestre.

Ciba e altri latin-lovers si mettono a fare complimenti a belle turiste, e scattano foto in loro compagnia.
Bellissimi gli zampilli, bellissime le statue. Ma c’è una statua in più: Luigino si nasconde dietro le siepi e rimane immobile, facendo la statua. A star con certe compagnie, si imparano brutte cose…

Il ritorno: 18 agosto

“Vengo anch’io…No tu no!
Ma perché? Perché no!”
(Jannacci)

Domanda retorica
: poteva essere un ritorno tranquillo e pacifico a casa, conoscendo i nostri eroi? Macché!
È stata un’avventura tragicomica.

I nostri ciclisti, stanchi ma felici,
montano le bici su due furgoni appositamente noleggiati e si siedono comodamente sui sedili.
Ma, manco fossero una gita scolastica, fanno i matti: cantano, ridono, gridano nella lingua padana, che magari a noi suona bella e simpatica, ma non ad un autista, magrebino per giunta.
Ciba si mette a declamare “il marsupio sì sì sì!”, quelli che di solito sono  tranquilli si scatenano come ultras.

Già il fatto di mettere dietro al furgone un cartello “ATTENZIONE CICLISTI (STANCHI FESS)” non ha riempito di gioia l’autista.
I compagni di viaggio abbandonano i freni inibitori e urlano a squarciagola di abbassare il riscaldamento. Qualcuno dice di alzarlo.
Ivo si alza di scatto, lo spegne completamente, sotto lo sguardo inorridito dell’autista.
Il quale ascolta Antenore che canta “Sull’Arno d’argento risplende il firmamento”, ma all’autista sempre più nervoso non interessa decantare la bellezza di Firenze e guarda Antenore con sguardo truce, quasi bellicoso.

L’autista in cuor suo maledice il giorno in cui ha incontrato quell’orda di barbari in tuta ciclistica.
Guida come un dannato, più è veloce meno tempo avrà da sopportare quella compagnia. E quando entra in autogrill lo fa ad una velocità tale che rischia di distruggere il distributore.

Per fortuna sopraggiunge capitan Arturo, che guida l’auto al seguito. L’autista, quasi con le lacrime agli occhi, gli dice “E sì che sono tutti grandi!”.
Arturo ci mette una pezza e intima alla banda di monellacci: “Sito che comande mé!”

Ci sarebbero molte cose ancora da raccontare, tra le mille cose che mi hanno raccontato i “reduci” di quel bellissimo pellegrinaggio.
Ricordo solo quando Luigino, al ritorno ha abbracciato la moglie (ora in cielo) e lei gli ha esclamato piena di meraviglia: “Ma Luigino…béèt la bira?!” Dimmi con chi vai e ti dirò se vengo anch’io.

Concludo ricordando che è “andato avanti” anche il mio caro cognato Mario Zucchetti. Ricordo il suo sorriso, la sua ironia, la sua passione per le cose fatte bene con il legno, la sua umanità. Ora è in Paradiso, accanto alla dolce Mariarosa.

“Stella che cammini, nello spazio senza fine
fermati un istante solo un attimo,
ascolta i nostri cuori caduti in questo mondo
siamo in tanti ad aspettare
donaci la pace ai nostri simili pane fresco da mangiare
proteggi i nostri sogni veri dalla vita quotidiana
e salvali dell’odio e dal dolore
noi che siamo sempre soli nel buio della notte
occhi azzurri per vedere questo amore grande
questo cielo si rischiara in un istante
non andare via, non ci abbandonare
stella, stella mia resta sempre nel mio cuore.”
(Venditti)

Ma per ora termino di scrivere, ben sapendo che quello che hanno vissuto i nostri 30 amici rimarrà sempre nel profondo del loro cuore.
Qualcuno ha scritto che ogni viaggio lo vivi tre volte: quando lo sogni, quando lo vivi e quando lo ricordi.
E che viaggiare è come innamorarsi: il mondo si fa nuovo.

“E’ in certi sguardi che si vede l'infinito” (Franco Battiato)

Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
maestro John Comini

Stasera, domenica 14 gennaio, alle ore 20.30 presso il teatro Salone, il Teatro Gavardo replica “Lettera a don Milani” con Andrea Giustacchini, Luca Lombardi e Paola Rizzi.
Grazie agli amici dell’Avis, persone che rendono il mondo migliore...e grazie a don Lorenzo Milani!



Commenti:
ID74817 - 14/01/2018 14:00:55 - (Dioniso) - Grazie a te

caro John, che ci ricordi queste belle cose e ci fai apprezzare le tue pagine di ricordi ed emozioni.

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