06 Maggio 2018, 10.16
Capovalle
Blog - Maestro John

Vecchio scarpone

di John Comini

Una gita a Capovalle e sul Monte Stino, insieme ai “miei” ex alunni e alle ex colleghe. Partenza sui pullmini sotto la pioggia. A Gavardo c’è la Fiera e piove. Come sempre. Ci sono i mutamenti climatici, ma quando c’è la Fiera piove...


Il guaio è che ha piovuto anche il 3 maggio. “Se piöf el dé de Santa Crus, quaranta dé piuùs!” Ma non sempre il lunario di Frate Indovino indovina…

A Capovalle visita al Museo dei reperti bellici. Prima sorpresa: incontro il mio ex compagno di magistrali Michelangelo Lombardi! È stato suo padre Giuseppe (Peppino), sindaco di Capovalle, che negli anni ’90 si adoperò per creare il museo, essendo il paese al confine tra l’impero Austro Ungarico ed il Regno d’Italia. Nei suoi dintorni, durante la Prima Guerra Mondiale, furono costruite gallerie e trincee, in particolare sul Monte Stino, la montagna che domina il Lago d’Idro.

Guida e animatrice del bellissimo museo è la professoressa Corinna Marca, insegna storia dell’arte a Bagolino. Ammiriamo la sua bravura e competenza. I ragazzi, armati di schede e biro, sono suddivisi per gruppi e fanno una specie di “caccia al tesoro” per trovare gli oggetti usati dai soldati (bombe, fucili, scarponi, giberne, marmitte…). I ragazzi lavorano con serietà ed attenzione. Penso: è così che si crea un ponte tra le generazioni, è così che si fa! La prof Corinna cita un libro dell’amico Maurizio Abastanotti, “A chi dimanda di me” (Liberedizioni). Sono lettere e diari di soldati valsabbini e gardesani alla Grande Guerra, da cui ho tratto “La guerra negli occhi”, interpretata da Andrea Giustacchini. Comincia così…

“Quand che dopo i me domandaa: che ghét vist en guèra?…
En guèra ghò vist de töt!
Ghò vist zent saltà per aria, gho vist zent restà senza gambe…
Ghò vist le barele che iera mia asè per trasportà  fericc…
Gho vist l’acqua della boracia che la deentaa bollente…
Gho vist le trincee piene de fang, de sang, de pisa…
Gho vist prima del’ataco le case de mort pronte per noalter, bele bianche, le uduraa de bosc, de resina…
Ghò vist el nos capitano tacà begha con chei del’artiglieria perché i ghia sparatt sö de noalter…
Gho vist vulà via en cò de ‘n soldat, e per dù meter gho vist che el caminaa amò, entat el sanc el grondanaa come una fontana…
Gho vist i nos vistic töcc miss fömà al sùl…
Ghò vist dei canù come mostri con la boca isè grosa che a ogni colpo i faa un cimitero…
Gho  vist suldacc che deentaa macc, ghò vist gìü che el vulia sotrass de sul denter la tera
Gho vist el Bepe che el disia: se reste sensa una gamba, copem!
Gho vist zent che invidiaa i morcc, che tanto lur iera zà morcc…
Gho vist tött chesto coi mé öcc…”
A mezzogiorno si sale verso il Rifugio Monte Stino. Una vera goduria! Il posto è incantevole, l’ambiente accogliente. Ci attendono “coi pè sòta la taola” le altre classi e gli alpini, in scintillanti tute gialle. C’è anche Francesco Maioli, che ha compiuto 86 anni a gennaio ma è arzillo come uno stambecco. Arrivano i pizzoccheri! Mamma mia che bontà. Non vi racconto le risate e le battute degli alpini riguardanti il formaggio…Le colleghe non sono abituate a tanto. Altra sorpresa: la signora Lucia Manzoni (che con Daniele gestisce con cordialità il Rifugio) mi regala un bel libro di poesie. Ne cito una, si intitola “Il nostro viaggio (40 anni insieme)”

“Mano nella mano abbiamo filtrato la notte,
la vallata un calmo mare d’argento,
hai parlato di passato, presente e futuro.
Abbiamo fatto un bel viaggio insieme,
vissuto bene, ricco di noi,
rimarrà inciso nelle nostre anime.
Ora mi saluti, devi andare,
tu vai, non scorderemo questo viaggio.
Ti troverò sempre, ovunque;
in albe luminose e tramonti dorati,
ti ascolterò cantare nel vento vibrante
fra le chiome di alberi perenni,
che vivono sulle tue amate montagne.”
Comincia a scorrere vino a ruscelli, si brinda alla maniera alpina:
“Alziamo il bicchier, facciamo cin cin, beviam beviam beviam
Tutto il mondo fa cin cin sollevando il bicchiere di vin
Cin cin evviva gli alpini cin cin!”

Io starei qui fino a sera. Ma si deve partire per la visita agli appostamenti militari ed i sentieri della Grande guerra sul Monte Stino. Ha smesso di piovere.
Splendido panorama, natura incontaminata, le alture fanno da corona all’altopiano di Capovalle. Sono disseminate di resti di opere militari, un vero museo a cielo aperto. Sono visibili varie trincee, distese su vari ordini. Le grotte scavate sotto la cima ospitavano due pezzi d’artiglieria ed hanno resistito ai calibri del nemico.

Camminando i bambini cantano “Sul cappello, sul cappello che noi portiamo, c’è una lunga, c’è una lunga penna nera, che a noi serve, che a noi serve da bandiera, su pei monti, su pei monti a guerreggiar, oi là là!”.  È  bello ascoltarli, pensando che i canti accompagnavano i soldati nelle lunghe ore in trincea, per farsi compagnia, per sconfiggere la nostalgia degli affetti familiari e la paura di lasciarci la pelle.
I “miei” ragazzi cantano “Un austriaco felice”: ho nostalgia di un mondo di pace.
Sullo sperone del Monte Stino (1466 m), sventola la bandiera italiana. Foto di gruppo e grande emozione. Una meridiana ci aiuta a distinguere tutte le cime attorno, sulla splendida vista del lago d’Idro. Il "Sentiero delle sentinelle", è protetto con dei corrimano metallici. Attenti a non scivolare, come direbbe il Canossi:
“Fin ché l’è ‘ndada lìssia,    
ma atènti, fiöi, chè ché ‘l-è ‘ndòe sé sbrìssia!...”.

Ma ci sono sempre gli alpini a darci una robusta mano. Il saggio Ondei ci fa notare i bellissimi fiori: si rispettano, non si colgono. Una scritta stupenda:

“Quassù
lavorando e cucinando,
sempre in agguato,
le nostre eroiche donne
nella vittoria
hanno sperato”

Mai dimenticarsi di loro! Un Paese senza memoria non ha futuro. E qui va un grande grazie a chi ha permesso questa magnifica esperienza. Gruppo Alpini, squadra di Protezione Civile e gruppo Combattenti e Reduci di Prevalle hanno finanziato per intero, per 4 anni consecutivi, il viaggio e le  attività didattiche al Museo. L’amico maestro Angelo Mora è stato l’animatore ed il “tessitore” del progetto. L'allora responsabile della squadra di Protezione Civile, il mitico Vincenzo Ondei, gli è stato prezioso per i sopralluoghi nelle trincee (allora ancora sepolte tra i boschi) e la messa in sicurezza del sentiero sulla vetta del Monte Stino. Grazie all’ex capogruppo Celestino Massardi, per i vari contatti e la coordinazione del progetto, sottoscritto alla presenza della DS Maria Vittoria Papa. E grazie al coro di Voci d'Arma "La Fornasina" e al gruppo dei Fanti, che hanno aiutato i ragazzi a conoscere la nostra storia.
A proposito: Angelo Mora ha appena festeggiato il 25° di matrimonio…augurissimi! Narra la leggenda che in occasione della Messa, tra la sorpresa generale, il maestro Angelo abbia imbracciato una chitarra (non un fucile, eh!) e si sia messo a cantare alcune canzoni, dedicandole alla mogliettina. Grande Angelo!

Piccolo inserto autobiografico: quando ero Merano, alla Caserma Rossi, allo spaccio (inteso come bar…) vedevo molti compagni che piangevano pensando alle morose. Sentivo i Santo California al jukebox e mi si spaccava il cuore…
“Rivedo ancora il treno allontanarsi e tu
che asciughi quella lacrima - tornerò
com’è possibile un anno senza te…”   

Che poi erano 15 mesi…E io bevevo la mia gazzosa e piangevo, piangevo, nella mia splendida divisa. E il bello è che non avevo nessuna morosa! E sull’altana, al freddo, mentre facevo la guardia al buio ed al nulla, con il mio fedele Garand (senza cartucce…fortuna che non c’erano Austriaci ad invaderci…) cantavo tutto il repertorio delle canzoni tristi, da “Piccolo grande amore” a “Lontano lontano” di Tenco…E quando l’ultima sera ho sentito la tromba che suonava il silenzio, ho pianto sotto le coperte della mia branda.
“Buonanotte amore, ti rivedrò nei miei sogni…
buonanotte a te che sei lontano” (Nini Rosso)

Ma non sapevo che la mia attuale moglie, a casa, era innamorata di me. Del resto, quando uno è un vero latin lover (anche perché avevo studiato latino…)! Lei piangeva giorno e notte pensando a me. Ma poi, al ritorno dalla naja, mi ha sposato…e ha fatto piangere me! Era meglio stare di sentinella…. (scherzo, Emi, eh!...o no?)

Ascolto la struggente “Stelutis Alpinis”: è una sorta di preghiera…
“Se un mattino tu verrai fino in cima alle montagne
troverai una stella alpina che è fiorita sul mio sangue.
Per segnarla c’è una croce, chi l’ha messa non lo so
ma è lassù che dormo in pace e per sempre dormirò…
Tu raccogli quella stella che sa tutto del tuo amore
sarai l’unica a vederla e a nasconderla sul cuore.
Quando a sera sei da sola non piangere perché
nel ricordo vedrai ancora tu e la stella insieme a me…”
Ricordare è l’unico modo che abbiamo per rendere giustizia a tutti quelli che sono rimasti là, sui monti o nelle trincee.
Grazie, ragazzi! Che il vostro sacrificio porti più onestà e giustizia e non sia stato vano!
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo
                                                                                                  
maestro John Comini

Ritornerò a Capovalle ed al Rifugio! E magari riassaggerò i pizzoccheri (ma l’amico Pierangelo Damiani mi consiglia anche la pastasciutta coi funghi: e chi sono io per non avere il coraggio di assaggiare tutto?)

Nelle foto:
1)Sulla cima
2) Al Museo con la prof.ssa Corinna Marca e l’alpino Michelangelo Lombardi
3) L’alpino Ondei parla ai ragazzi accanto al cippo di confine
4) Sul sentiero delle sentinelle, aiutati dagli alpini


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