03 Marzo 2019, 12.00
Prevalle
Blog - Maestro John

Palloncini colorati nel cielo

di John Comini

Sapevo che a Prevalle ci sarebbe stato il saluto a quel ragazzo pakistano morto ancor prima di compiere 14 anni. Mi sembrava giusto andarci, ma ho pensato: arriverò con calma, fa niente se in ritardo...


Sabato mattina dovevo portare l’erba tagliata alla piattaforma ecologica. Prima sono andato sulla Via Romana a fare una breve camminata. L’aria era frizzante, già molti fiorellini erano spuntati e l’acqua del fiume scorreva lenta e scarsa (ma quando pioverà?). Sapevo che a Prevalle ci sarebbe stato il saluto a quel ragazzo pakistano morto ancor prima di compiere 14 anni. Mi sembrava  giusto andarci, ma ho pensato: arriverò con calma, fa niente se in ritardo, e poi quel ragazzo non mi pare di averlo conosciuto…

Chissà quanti ragazzi ci saranno, dirigente e autorità, è meglio se me ne sto lontano… E così la mia Punto rossa si è mossa lentamente verso Prevalle (sempre con dietro l’erba da buttare). Ma mentre viaggiavo pian piano mi ha invaso una strana emozione. Forse è stato il cielo azzurro, forse l’aria di primavera che stava arrivando di fretta, o forse chissà… Fatto sta che, quando ho parcheggiato la mia splendida John-mobile fuori dalla cancellata, ho visto centinaia di persone in silenzio, immobili come un fermo immagine. Allora sono entrato dal cancello e mi sono avvicinato, come attratto da quella cosa…

E poi… poi ho vissuto uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Emozioni profonde, inattese…

C’erano i ragazzi, gli insegnanti, tanta gente di tanti colori politici, tante persone davvero commosse. Le parole della Dirigente, del caro don Fabrizio, del fratello di Saqlaeen e degli amici mi hanno suscitato un’ondata di emozione. Senza saperlo mi sono trovato a piangere come un bambino, e come me tante altre persone. Fortuna che la maestra Raffaella aveva una scorta di fazzolettini di carta.

Mi è venuto in mente quel finale da brividi scritto dalla Dirigente con immensa tenerezza: “Penso agli insegnanti che si troveranno ad accogliere l’onda emotiva e a darle forma e parola, perché compito della scuola è aiutare a dare nome alle cose, perché le cose esistono (la morte, la malattia, la sofferenza, la gioia, la salute, la vita…), ma bisogna comprenderle e la prima operazione è nominarle per poterle riconoscere. Penso ai genitori, a noi genitori, allo strazio di una perdita che ci ricorda che nessun figlio è un possesso, ma solo un dono impegnativo e prezioso. Penso che comunque è un bene che domani ci siamo e siamo insieme e tu Saqlaeen sei con noi e noi ti segniamo presente.”

Quanto piangere! E quelle parole tratte dalla canzone di Battiato…
“E chissà dove sarai amico, ripensandoti ti rivedo in me…
E così oggi, dalla mia memoria, scelgo il meglio della vita
e del suo veloce volo
che finisce come, sempre accade, troppo presto…
Qualcosa un po’di te mi è rimasto dentro
indimenticabile…”

E quelle amiche di Saqlaeen, che continuavano a piangere. E l’immensa tristezza nei volti dei suoi amici. E poi quel mandorlo regalato dai genitori e piantato in ricordo di quel ragazzo, colto nella sua primavera della vita.
E quelle parole del fratello: poche, ma intense. E mi è venuta in mente la poesia di Catullo, “In morte del fratello”…Multas per gentes…

“Di gente in gente, di mare in mare ho viaggiato…
Ora queste offerte, che io porgo, come comanda l’antico
rito degli avi, dono dolente per la cerimonia,
gradisci; sono madide di molto pianto fraterno;
ti saluto per sempre, o fratello, addio.”

E ancora, le parole degli splendidi ragazzi. Parole di luce, parole di speranza.
Immagino che quando hanno saputo la notizia, a quei ragazzi si sarà spezzato il cuore, il mondo sarà caduto loro addosso.

La morte la vedi nei film, su internet… ma quando un amico muore, non trovi le parole. Sentivi che quelle parole erano sincere, vedevi che quei ragazzi erano veri.
Sabato mattina ho ritrovato qualcosa che mi sembrava di aver smarrito, travolto come sono dalle piccole cose di ogni giorno. Forse si chiama fede, fede nell’amore, fede nell’amicizia, fiducia nei ragazzi.

Quei ragazzi che anch’io, lo confesso, penso siano distratti dalle mille stupidaggini dei social, travolti dai rap cantati a palla negli auricolari, soli nella fragilità dell’adolescenza. E non mi è sfuggito il solito pensiero di un maestro antico come sono: magari sono lì perché sfuggono alla noia di una lezione… E invece no. Perché quei ragazzi che ho visto avevano una luce stupenda, erano bellissimi e veri nella loro compostezza, nella loro serietà, nelle loro lacrime.

Lo ripeto: dinanzi alla morte fatico a ritrovare le parole. Ogni parola mi sembra "povera", inappropriata, insufficiente. La mia fede ondeggia come una nave in tempesta, so dire le cose "come se fossi io", ma se davvero vivessi in prima persona certe sofferenze, davvero non so se ce la farei. Avere un figlio/a è sempre una scommessa contro il dolore, contro il male, contro la paura, contro la morte. E anche essere educatori è in sé una sfida continua. Siamo qui a questo mondo come su barche fatte di gusci di noce, e ci sono onde altissime nel mare dell’esistenza.

Sabato mattina ho visto e “sentito” ragazzi pieni di dolcezza, di tenerezza, di amore senza confini.

Chissà se Saqlaeen era bravo a scuola. Sono certo di sì. Sono sicuro che gli piaceva il mondo, che in testa aveva grandi amori, grandi progetti, grandi sogni. Certo, avrebbe meritato di vivere tutte le stagioni della vita, tutte le cose belle, tutte le sfide, tutti i sentimenti più veri, tutti i sorrisi… Saqlaeen avrà sentito l’amore di tutti i suoi amici, il pianto incontenibile delle sue amiche? Avrà sentito l’abbraccio di tutti, nel lieve vento che accarezzava questo inverno che è già primavera?  
Penso di sì. Anzi, ne sono sicuro. Penso che il dono che ci ha dato Saqlaeen è quello di aver fermato il tempo. Di averci trasmesso una cosa che noi adulti spesso dimentichiamo: il senso dell’amicizia, che non ha colore, non ha confini.

E poi, quel lancio di palloncini, nell’azzurro del cielo... Un aereo sfrecciava in lontananza, la sua scia bianca si confondeva con i palloncini colorati.
Anche nella tristezza più cupa, c’è Qualcuno che non ci abbandona. Mai. Perché il cielo non finisce, mai.

Poi ho abbracciato i miei ex alunni. “Profe, ti ricordi di me?” “Certo, tu sei la mia Stella! E comunque non sono profe, sono un maestro!” E poi sono andato a salutare i bambini delle classi prime del mio amico Luca Lombardi, con i quali abbiamo fatto lo spettacolino “Il pinguino Reginaldo”, sui colori della vita. Mi hanno accolto con abbracci e sorrisi, ed io ero felice e li ho fatti ridere. Che pagliaccio di un maestro! E poi…ah già, poi ho portato l’erba tagliata…

Grazie Saqlaeen, e scusami se non mi ricordo di te.

maestro John
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