14 Marzo 2019, 09.29
Provaglio VS
Blog - Maestro John

I giardini di marzo

di John Comini

Guido su per le curve verso Cesane, frazione di Provaglio Val Sabbia. Si ricorda l’eccidio di dieci partigiani. È una bella giornata di sole, le montagne sono davvero stupende...


Guido su per le curve verso Cesane, frazione di Provaglio Val Sabbia. Si ricorda l’eccidio di dieci partigiani. È una bella giornata di sole, le montagne sono davvero stupende.

 Fatico a trovare il parcheggio, ci sono molte di auto accanto alla strada. C’è parecchia gente, sono contento. Giovani e anziani, bandiere tricolori e la banda di Barghe. Vicino alla bella chiesetta, accanto al monumento, c’è il palco affollato da autorità e ragazzi. 

Ci sono, tra gli altri (e mi scuso se non li conosco tutti), i sindaci di Provaglio, di Roè Volciano, di Villanuova e di Vestone, il presidente della Comunità montana e sindaco di Pertica Alta Giovanmaria Flocchini (che conosco per gli spettacoli della Signora Maria e per la presentazione degli affreschi restaurati della chiesetta di San Rocco, grazie all’infaticabile Daniele Meschini).

Ci sono i rappresentanti dell’Anpi e delle “Fiamme Verdi”. Mi colpisce la compostezza delle persone, il profondo silenzio. Mi colpiscono i volti di anziani e di giovani, tutti insieme per rendere omaggio, per non dimenticare.
Me ne sto lontano, ascolto le intense parole pronunciate sul palco.

Mi aveva colpito un commento di Diego Ortolani su Vallesabbianews. Parlava di profonda amarezza per le critiche all’evento, per la mancanza di un accenno pietà umana verso un gruppo di ragazzi pestati, seviziati ed ammazzati a poche settimane dalla fine di una guerra che i loro uccisori sapevano già persa. Scriveva che si era ripromesso di partecipare alla commemorazione di Provaglio, e non l’aveva mai fatto: per pigrizia, per inerzia, perché preferiva passare una domenica al lago invece di inerpicarsi per la valle … E continuava: “E quindi io quest’anno a Provaglio ho deciso che ci vado, e ci porto anche i miei bambini, ed a loro racconterò la storia di quello che è stato, nella speranza che non abbia a ripetersi.” Grazie Diego!

È vero, la Resistenza non è di moda.
È considerata una faccenda di vecchi nostalgici. I testimoni che hanno combattuto contro il nazifascismo sono quasi tutti morti. La memoria se n’è andata a farsi benedire. Siamo in un tempo di velocità, di social, di cambiamenti epocali. Le nuove generazioni a casa sentono parlare poco o nulla della Resistenza o della guerra. Figuriamoci a scuola.

Certo, c’è stata molta retorica, ci sono state anche rese dei conti terribili, è stato versato anche il sangue dei vinti, ci sono state pagine nere che per troppo tempo sono state rimosse. Perché la pietà deve prevalere, per tutte le vittime. Certo, dopo il 25 aprile sembrava che gli italiani non fossero mai stati fascisti: in mezzo alla baldoria già si aggiravano gli opportunisti, i voltagabbana, gli “spartigiani”, pronti a saltare sul carro dei vincitori… Ma quei ragazzi di Provaglio vanno ricordati, sempre.
Ragazzi che hanno combattuto per la nostra, la mia libertà.

Ragazzi coraggiosi, perché ci voleva molto coraggio a nascondersi sulle montagne, consapevoli che essere scoperti significava andare incontro alla morte.

Erano solo ragazzi, con i loro sentimenti, i loro amori, le loro paure. Certamente pensavano di fare la cosa giusta, che il loro sacrificio non sarebbe stato vano.  Credevano in un’Italia migliore. Ragazzi morti per questa povera Patria.

Nella storia della Brigata Perlasca avevo letto: “Non diciamo che siano eroi: il mondo regala con troppa facilità la tessera della gloria, salvo poi non praticare che l’abitudine della bassezza. E gli eroi sembrano tutti precisi, tutti alti alla stessa maniera, tutti con lo sguardo al sole, tutti in divisa… Macché, erano tutti diversi: uno fesso, uno brutto, uno frignone… Ma sono morti, e potevano farne a meno, bastava che s’accontentassero di servire i padroni e di passare i giorni al caffè. Come tanti altri. Ma invece non lo fecero, e così morirono. E noi li ricordiamo.”

Il sindaco di Roè Volciano, Katia Vezzola, racconta la tragica storia di quei ragazzi (ragazzi!) braccati, torturati per una notte intera, ammazzati, a poche settimane dal 25 aprile. Avevo letto che quei ragazzi, sfiniti per le torture, erano stati fatti alzare brutalmente coi calci dei mitra e sospinti contro un grosso salice, in un campo vicino,  e massacrati ai piedi del grosso albero. Come nella poesia di Salvatore Quasimodo, Alle fronde dei salici…

“E come potevamo noi cantare
con il piede straniero sopra il cuore,
fra i morti abbandonati nelle piazze
sull’erba dura di ghiaccio, al lamento
d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero
della madre che andava incontro al figlio
crocifisso sul palo del telegrafo?
Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento.”

Elsa Pelizzari alla fine dei discorsi ha preso in mano il microfono ed ha parlato. Le sue parole sono state davvero piene vita e di saggezza, e lei era bellissima, coi suoi occhiali scuri e la voce chiara.

Mi vengono in mente le parole che avevo trascritto nello spettacolo “L’ultimo inverno” rappresentato anni fa dal Teatro Poetico Gavardo e dal coro La Faita.

Racconto di Stella, staffetta operante nella zona: “Domenica 4 marzo mattina sento che sono saliti a Provaglio dei repubblichini a fare rastrellamento, hanno preso dei ragazzi e li hanno fatti scendere a Barghe. Vado quindi a vedere in piazza, in fondo al paese. Vignoni è stato portato giù in barella, perché ferito alla gamba. Poli che faceva parte del gruppo di mio fratello mi conosce, ha le mani legate, ma come può le muove per salutarmi. Vengono caricati sulla carretta trainata da un cavallo. Prima della loro partenza, un fascista che abita in fondo al paese esce di casa portando un fiasco di vino per i repubblichini e un secchio d’acqua con aceto (per renderla più acida) da dar da bere ai nove ribelli. Non so dove li portano.

Il giorno dopo, salendo a prendere il latte nelle cascine sopra Barghe, incontro uno sbandato napoletano, nero, coi capelli lisci, piccolo, che piange e grida:-Li hanno ammazzati, li hanno ammazzati!
Chiedo.- Cos’è successo?
Risponde: - I ragazzi che hanno preso ieri sono su nel campo fucilati!
Allora salgo, ma non ci sono più le salme, sono state portate alla Parrocchia. Vado su, è pieno di gente, i morti sono in una piccola sala mortuaria chiusa a chiave. Aspetto che il prete finisca di celebrare l’eucarestia e mi faccio aprire. Li avevano rinchiusi in una stanza, uno sopra l’altro perché non ci stavano. Erano accatastati in questa piccola stanzetta. La scena che si è presentata, quella non sarà da dimenticare, perché era una cosa raccapricciante: tutti ‘sto ragazzi avevano le mani tagliate, i piedi tagliati, perché li avevano fatti camminare scalzi. Poi erano stati seviziati. La faccia era piena di sangue e di fango. Mi sono levata il fazzoletto da tasca, che questo fazzoletto adesso si trova al museo della Resistenza. E l’altro mezzo ne ho dato un pezzettino a tutti i famigliari. E questo fazzoletto lo intrisi in una ciotola d’acqua e ho cercato di lavare questi volti.

Racconto di Elsa Pelizzari: “Eravamo sempre noi tre, ci avevano dato alcool, cotone e avevano detto che i ragazzi della 122^ sarebbero scesi ad aiutarci. Dovevamo riesumarli. Erano già state fatte le bare a Barghe con il nome sopra per riconoscerli dopo la guerra. Noi dovevamo pulirli e metterli nelle bare. Ora, avevano 16 anni e mezzo. Insomma far quelle cose lì. Abbiamo dormito a Barghe dalla Stella, cioè dormito...siam state nel letto... Disie: ”Madóna, dumà mé tóca tirai së!”.
Si resta sbigottiti, increduli di fronte a tanto odio.

Guardo il cielo azzurro, penso a quei ragazzi, ribelli per amore, ragazzi che si sono sacrificati per la nostra pur disprezzata libertà. Loro ci chiedono di non essere dimenticati, di continuare a credere nei valori per cui hanno vissuto e sofferto.
Non riesco a trattenere le lacrime. Nei momenti più difficili della crisi, economica e morale, non è inutile ricordare che non molto tempo fa sono esistiti ragazzi così.
C’è la Messa celebrata da don Alberto Cabras, e poi lo spiedo (dicono sia ottimo). Ma sarà per un altro anno (se saró amó vif). Devo tornare a casa.

Alla radio trasmettono Lucio Battisti, “I giardini di marzo”. Su quel monte, dove sono stati uccisi quei ragazzi, c’erano molti, bellissimi fiori…
                                                                                       
maestro John

Grazie per le foto che mi ha mandato il sindaco di Provaglio, Massimo Mattei, tramite una bella persona.



Commenti:
ID79967 - 15/03/2019 15:22:54 - (Geppo1950) - nessun commento ??

ottimo, bravo John

ID79970 - 15/03/2019 23:28:02 - (Iva) - Bravissimo

Veramente Bravo maestro Johnn, mio padre (nome di battaglia "Bobi") amico di "Ferro" morto a Salo' e di Zane "il regista di Salo'" era uno di questi giovani che hanno combattuto per la libertà di tutti noi e negli ultimi giorni della sua vita riviveva questi momenti .

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