04 Maggio 2019, 14.06
Il ricordo

A settant'anni da Superga

di Marisa Viviani

Alle ore 17 del 4 Maggio 1949, l'aereo che trasportava la squadra del Grande Torino, di ritorno da una trasferta in Portogallo, si schiantò contro la cupola della Basilica di Superga 


Morirono tutti i passeggeri e i membri dell'equipaggio, 31 persone tra cui 3 dirigenti della squadra, il direttore tecnico, l'allenatore, il massaggiatore, 3 giornalisti, 4 membri dell'equipaggio e 18 giocatori tra titolari e riserve. 
 
Nel giorno dei funerali, dalla città di Torino e da tutta Italia un milione di persone arrivarono a rendere omaggio alla squadra, la cui fama di grandezza calcistica e di imbattibilità, che già infiammava gli animi dei sostenitori, divenne il mito che ancora resiste all'oblio del tempo dopo 70 anni dalla tragedia.
 
Molti libri hanno raccontato e indagato sia la storia del Grande Torino, che i motivi dell'immutato affetto e attaccamento a questa squadra, attraverso un passaggio generazionale del testimone della memoria, consegnato dai padri ai figli come un bene di famiglia da conservare con rispetto e cura.
 
Non bastano infatti i record e l'eccellenza tecnico-sportiva della squadra a spiegarne la mitologia, né la sua prematura e tragica fine, ma un insieme di condizioni storico-sociali ed emotive che ne hanno decretato l'elevazione nell'olimpo degli eroi contemporanei. 
 
La fine della guerra, la ricostruzione civile e morale del Paese, il desiderio di ritorno alla normalità della vita, costituivano il clima sociale ed esistenziale in cui potevano crescere fenomeni di grande respiro e slancio innovatore in campi diversi della cultura, dell'arte, dello sport. 
 
E in campo calcistico il Grande Torino simboleggiava appieno il modello di riferimento di un collettivo che raggiunge livelli stratosferici di successo, grazie all'impegno, al lavoro, all'innovazione tecnica, alla concordia interna e alla collaborazione tra i suoi membri; di cui i giocatori, i più esposti alla conoscenza e al giudizio del pubblico, erano l'esemplificazione, sì di grandi campioni dello sport, ma anche di semplici padri di famiglia, fidanzati, fratelli, gente normale figlia di una terra ancora umile, generosa e volenterosa.
 
Nelle case dei sostenitori del Grande Torino i componenti della squadra erano componenti della famiglia, non erano ammirati soltanto per l'abilità di gioco, ma anche per la loro semplicità e umanità, che li faceva sentire vicini alla propria vita di gente comune. La tragedia di Superga fu un trauma fortissimo in particolare per quei tifosi, perché non persero solo i loro idoli sportivi, ma persero dei veri famigliari e fu un lutto vero che si ricompose secondo i riti classici del ricordo, della commemorazione, del pellegrinaggio nei luoghi della tragedia e nei musei a loro dedicati, e soprattutto nella trasmissione delle gesta dei campioni nell'ambito della propria famiglia e nella cerchia degli amici, come si fa per conservare il ricordo della vita dei propri defunti; e si dà il nome dei cari famigliari che non ci sono più ai nuovi nati: mio fratello si chiama Valentino, in onore del capitano Valentino Mazzola.
 
Così io, che non ho mai amato il calcio, conservo ancora oggi un indelebile ricordo e un affetto per quella famiglia perduta, conosciuta attraverso i racconti di mio padre, sostenitore incrollabile del Grande Torino, di cui conservò la memoria fino alla sua morte. Così si perpetua il mito di quei grandi campioni, gente comune come noi.
                                                                                             
La trasmissione "Passato e Presente" su RAI 3, ha dedicato un bel servizio a "La fine del Grande Torino"; rivedibile su RAI Play.

Nella foto, del sito Rainews, i campioni del Grande Torino
 
 


Commenti:
ID80478 - 04/05/2019 18:55:11 - (bernardofreddi) -

E' bello vedere in questa occasione i tifosi di tutte le squadre, a cominciare dagli juventini (grazie per lo striscione), rendere omaggio al Grande Torino. Ci vorrebbe poco per imparare a confrontarsi in modo civile, continuando a sfottersi, dandosi dei ladri e degli sfigati, ma lasciando in pace Superga, l'Heysel o il Vesuvio (e magari pure i saluti romani).

ID80488 - 06/05/2019 14:36:15 - (Gaudeamus) -

Nell'immane tragedia umana e sportiva, la splendida cupola della Real Basilica di Superga, progettata dal messinese Filippo Juvarra, non fu colpita dal veivolo che invece si schiantò contro il terrapieno orientale della citata basilica.

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