23 Dicembre 2019, 06.44
Racconti del lunedì

Un Natale nella Bassa

di Ezio Gamberini

Ebano Taldini era l’ultimo di cinque figli. Prima ancora di imparare a camminare dovette apprendere la tecnica della corsa, e di quelle veloci...


...perché non c’era troppo da poltrire con ettari di terra da lavorare, tanto è vero che i suoi lo facevano trottare da un campo all’altro per svolgere i più disparati e umili servigi…
 
Quando ne aveva la possibilità, tra una commissione e l’altra, si divertiva a percorrere sempre più velocemente una carrareccia lunga all’incirca un chilometro, che costeggiava il pioppeto, misurandone il tempo di percorrenza e cercando di migliorarlo ogni volta, così, solo per piacere.

Restò quindi stupito quando lo iscrissero alla sua prima garetta, poco più che bambino:

“Quando senti lo sparo, al via, parti come un razzo, e arriva prima degli altri…”
gli dissero i suoi fratelli.

“E appena arrivato, cosa devo fare?”
chiese Ebano che di solito riceveva le sue brave istruzioni.

“Niente!” gli rispose la parentela in coro.

“Allora questo è un gioco”
e in pochi minuti si sbarazzò di tutti gli avversari con una facilità impressionante.

Quante gare seguirono a quella prima trionfale cavalcata? Chissà.
Ogni domenica, e in qualche occasione anche durante la settimana, in pista, o nelle gare di cross tra i filari, su terreni sconnessi e fangosi oppure sulle rive dei fossi, Ebano lasciava ai concorrenti soltanto polvere da masticare e gli occhi per piangere.
Cominciò anche a battere i suoi fratelli più grandi, che non erano degli sprovveduti, e nel circondario non c’era nessuno che potesse stargli appresso e sostenere i suoi ritmi; stracciava tutti!

Allora la famiglia riunita prese una decisione importante: Ebano avrebbe studiato, dedicandosi poi assiduamente agli allenamenti; basta lavori nei campi.

Continuò a correre e non smetteva di arrivare primo. Non vinceva solo per se stesso: era certo che ogni successo, pur raggiunto esclusivamente grazie alle sue gambe, fosse condivisibile con i fratelli e i suoi genitori, ma soprattutto con la sua terra, di cui si sentiva figlio; intuiva come in ogni sua più piccola cellula risiedesse un “pezzettino” di ognuno dei “suoi”, che potevano così beneficiarne direttamente.
E le vittorie erano pure dei compaesani, che lo avevano ormai eletto loro paladino.

Si diplomò e fu assunto in un’azienda il cui titolare un bel giorno gli disse:

“Ebano, tu non sei fatto per stare chiuso qua; io ti pago lo stesso, ma tu corri, corri………”.
Ed Ebano, felice, non si fermò più.

Tra una gara e l’altra trovò il tempo per sposarsi con una splendida ragazza e in seguito nacquero due meravigliosi bambini.
Raggiunse livelli d’assoluta eccellenza, gareggiando in tutto il mondo, vincendo competizioni e titoli importantissimi e vestendo in numerosissime occasioni la maglia della nazionale.

La sua più grande delusione fu l’infortunio patito durante la maratona olimpica nella quale da tutti, indistintamente, pur essendo ancora piuttosto giovane, era indicato come predestinato vincitore per la forma smagliante e una superiorità indiscutibile sugli avversari.

L’apoteosi giunse invece nella successiva Olimpiade, quando Ebano sbaragliò tutti i rivali ed entrò solitario nello stadio al cospetto di un pubblico che, tutto in piedi, lo accompagnò verso un epico trionfo: eccolo entrato nella storia!

Tutto era ripagato: gli sforzi, i sacrifici, ma soprattutto la lontananza dalla famiglia e dalla sua terra, il ricordo delle nebbie che in inverno si tagliano con un coltello o il sole a picco che in estate ti spacca in due, insomma, i profumi della sua “Bassa”, sopportati durante quei maledetti “stage”, ai quali ogni maratoneta di un certo livello, ormai, non può rinunciare.

Doveva sottostare a questo supplizio tre o quattro volte l’anno
, per venti-venticinque giorni lontano di casa, magari dall’altra parte del mondo, in Africa o nelle Americhe, al caldo o in altura… che peso!
Quei giorni non passavano mai, specialmente dopo aver vinto tutto.

Il peggiore fu quello a ridosso del Natale precedente l’ennesima Olimpiade.
Inizialmente era previsto dal ventisei dicembre al venti gennaio, ma per cause impreviste e incomprensibili, tra lo scoramento generale, la partenza dovette essere anticipata al venti dicembre.
Ebano e altri quattro atleti avrebbero passato il Natale al caldo, ma a qualche migliaio di chilometri da casa, nell’Africa “nera”.
Trattennero a fatica la rabbia e la tristezza, e partirono dall’aeroporto in un giorno gelido ma assolato, quando tutto invece sembrava predisposto per trascorrere un magnifico Natale in famiglia.

I primi tre giorni furono uno schifo:
Ebano non c’era con le gambe e neppure, soprattutto, con la testa, perché la sua testa era altrove, anche se apparentemente pure in quel luogo dove si trovava in quel momento non c’erano montagne, le strade polverose potevano assomigliare alle carrarecce della sua terra, il sole martellava sui cervelli come a casa sua…

Comprese tristemente, ma nello stesso tempo rallegrandosene, che la “Bassa” non è una questione di luogo, ma di testa, e di cuore.
La sera continuava a rigirare tra le mani la campana di vetro alta cinque centimetri che i suoi bambini gli avevano affidato prima di partire con la raccomandazione di utilizzarla ogni giorno; conteneva un piccolo presepio e nel capovolgerla miliardi di fiocchi di neve fluttuavano leggeri. Se ne stava tre ore filate a rimirarla, con la faccia stralunata, e ogni fiocco gli ricordava le cose di casa, i campi sterminati, i filari di viti e i pioppi, i fossi, il frumento e il grano turco, il trifoglio, i salici che fiancheggiano il fiume.

Il ventitré dicembre alcune strane idee cominciarono a tormentarlo e il ventiquattro mattina, prima ancora che sorgesse il sole, avvenne l’esplosione:

“Ma vafangala a tutto quanto, io voglio tornare a casa!” tuonò Ebano che a causa dei numerosi soggiorni nel continente nero aveva cominciato ad africanizzare le sue espressioni.

“Come faccio, come faccio?”
cominciò ad angustiarsi, col telefonino in mano…
All’improvviso ebbe un sussulto; come mai non ci aveva pensato prima? Chiamò l’aerobase militare vicino a casa, in cui aveva trascorso dieci mesi di naja, imboscatissimo, con la possibilità di allenarsi come voleva; l’attuale comandante, al tempo giovane tenente, era un suo grande estimatore e col trascorrere degli anni divennero amici veri.

“Ohè, colonnello - gli disse dopo avergli comunicato dove si trovava - voglio tornare a casa, entro stasera”.

“Ma sei impazzito?” gli rispose l’ufficiale.

“Penso proprio di si” proseguì Ebano.

“Dammi un po’ di tempo, vedrò cosa posso fare…….”

I minuti non passavano più, mentre pian piano si rendeva conto della pazzia che stava commettendo. Ma ormai era deciso a tutto. Dopo chissà quanto tempo, finalmente trillò il telefonino:

“La cosa si può fare, ma dobbiamo agire in fretta e, soprattutto, ti costerà un pozzo di soldi!”.

“Ca ‘l vègna un cȃncher anche ai soldi, dammi le istruzioni…”.

Il colonnello gli spiegò brevemente il progetto, seguito da una mail che Ebano lesse dopo pochi istanti.
Un elicottero lo avrebbe trasportato all’aeroporto di D. in una ventina di minuti, dove ad attenderlo c’era un Fokker pronto per spiccare il volo verso T. Qui, con i motori accesi, lo aspettava un fiammante Aermacchi.

Il messaggio conteneva poi tre coordinate bancarie, un paio di password, alcuni indirizzi e gli importi dei trasferimenti da eseguire, con l’obbligo di comunicare gli “swift” (le conferme di pagamento) ai beneficiari, altrimenti tutto sarebbe andato a monte.

Insomma, caccia grana e vedi cammello:
quattromila dollari per l’elicottero, dodicimila per il Fokker e ventiduemila per l’Aermacchi; questa pazzia gli sarebbe costata trentottomila dollari!

“Puah, ce n’ho dimondi di soldi, io – pensò Ebano - e poi i soldi non li mangiano neanche le galline!”.
Si mise all’opera e in breve terminò tutte le operazioni, non prima di aver rivolto un grato pensiero all’inventore di internet.
Dopo venti minuti ricevette gli swift che comunicò alle agenzie. In un battibaleno radunò gli effetti personali e prima del tramonto i suoi preziosi bicipiti, e tutto il resto, si trovavano sull’elicottero che sfrecciava come un siluro verso la sua amata Bassa.

Tutto filò liscio, anche il Fokker svolse alla perfezione il suo dovere e quando librarono ai duemila chilometri l’ora su cieli familiari, dopo due ore trascorse sull’Aermacchi tra palpitazioni e scariche di adrenalina pura, misero in atto lo stratagemma per atterrare nell’aerobase vicino a casa:

“Qui siamo sotto la mia giurisdizione, è cielo mio….” aveva detto il comandante al pilota concordando una finta avaria. Ci avrebbe pensato lui, in seguito, a insabbiare tutto senza alcun problema.

Ai cancelli dell’aerobase c’era già pronta una macchina. Quanta nebbia! Come avrebbe fatto ad arrivare alla chiesetta di G. per la messa di mezzanotte? Erano ormai le undici e mezzo e la strada era lunga.
Tutti gli anni con le famiglie e una settantina di compaesani partecipava alla tradizionale funzione natalizia di mezzanotte nella piccola chiesetta, poco fuori il paese. Che tristezza quell’anno, per i famigliari di Ebano, che avevano sentito al telefono nella mattinata, trascorrerla col campione a migliaia di chilometri; non sembrava neanche Natale….

Nel frattempo
l’autista, sfrecciando come un pazzo tra la nebbia, aveva “strisciato” parecchi muriccioli e schivato per puro miracolo due o tre “Babbi Natale” che si aggiravano distribuendo caramelle ai bambini per le vie della Bassa, nella magica notte.

“Corri, corri!”
urlò Ebano mentre guardava l’orologio: mezzanotte e mezzo! Passarono ancora alcuni minuti e poi sbucarono sulla viuzza che conduceva al pianoro che ospitava la chiesetta.

“Fermati sul cancello, vado a piedi….”. Corse allo sprint gli ultimi metri che lo separavano dal portone, come se si trattasse di una finale mondiale, e giunse davanti alla chiesa nel momento in cui uscivano le prime persone e le campane suonavano a festa, per salutare la nascita del Bambinello. Immaginatevi la faccia di sua moglie e dei suoi figli, quando lo videro! Gli saltarono al collo e lo baciarono, increduli della sua presenza.

Non appena riavutisi, decisero di tagliare il panettone e tirare il collo a qualche bottiglia di Fortanella tutti insieme, così l’abitazione di Ebano fu invasa da decine di amici e parenti fino alle tre di notte, quando alla fine ognuno se ne tornò alla propria casa.
I bambini si ritirarono controvoglia nella loro camera, così i genitori poterono finalmente coricarsi. Non trascorsero neppure cinque minuti e la più piccola s’infilò nel lettone; due minuti più tardi dovettero spostarsi ai lati per far spazio anche al più grandicello che li raggiunse sotto le coperte. Parlarono e parlarono, fino allo sfinimento. Ebano pensò che non fosse mai stato così felice come in quel momento. Neppure quella famosa notte in cui fu cinto d’alloro.

“Felicità pura”.
Si rese conto di vivere un momento di “felicità pura”, non come quella spacciata da vacui profeti.

Sperava non dovesse durare ancora a lungo quella vita da girovago, poiché aveva giurato:
“La prossima sarà l’ultima maratona”, e poi sarebbe tornato per dedicarsi completamente alla sua famiglia e ai campi, gustandosi la nebbia d’inverno, che per convenzione, quando sei in mezzo agli altri, devi disprezzare, ma in realtà, dentro di te, senti che ti avvolge con la sua magica atmosfera, ammantandoti di mistero, quasi a proteggerti, e poi il sole d’estate che picchia sulla testa, togliendoti il fiato, che mai aveva dimenticato…

Era l’alba quando, per ultimo, si assopì. Cominciò subito a sognare: c’era una gran luce gialla che lo avvolgeva, ed era circondato da una folla immensa che lo acclamava. Erano più di un miliardo……
Non avrebbe mai voluto svegliarsi, ma si ridestò insieme con i suoi per festeggiare il Natale, che fu memorabile.

Riprese ad allenarsi e passarono i giorni, e i mesi.
E poi venne agosto, quando i migliori si sfidarono alla maratona di Pechino.
Era la maratona olimpica.
Anche Ebano Taldini la corse.
E la rivinse.





Vedi anche
11/06/2012 07:22

Ancora sulla Tecnica La Tecnica cambia le cose e come le vediamo, ma vero che quelle cambiano?

04/09/2008 00:00

I cinque centenari ancora in corsa Ancora un'estrazione a vuoto nella caccia ai cinque centenari, che dunque allungano ancora di un'unit il loro ritardo. In testa a questa speciale classifica troviamo sempre il 41 su Bari, con i suoi 132 turni di assenza.

02/11/2012 10:00

Patchwork, riciclare per arredare Per cinque venerd, a partire dal 9 novembre, per iniziativa dell'associazione culturale Labes si terr a Lavenone un corso per apprendere la tecnica del riciclo dei tessuti.

15/12/2021 08:00

L'albero di Natale, ancora metafora della nostra esistenza Nei preparativi per il Natale ancora oggi, oltre al Presepe come narrazione della cristianità, c’è l’albero da adornare all’esterno o in casa

02/11/2015 06:50

Potenza di una virgola Che bello camminare tra le vie del paese. E’ sabato mattina e non sono ancora le otto, con una giornata che si annuncia meravigliosa e limpida...




Altre da Racconti del Lunedì
16/11/2020

L'ultimo giorno

“Oggi è l’ultimo giorno”, mi dico un lunedì mattina, al momento del risveglio…

19/10/2020

Cinque chili di Morositas

Non è difficile farsi spedire a casa cinque chili di Morositas. E’ sufficiente scrivere un racconto su Vallesabbianews…

03/08/2020

Un vasetto in affitto

Usciamo dal lavoro e raggiungiamo il centro salodiano per acquistare l’ultimo romanzo di Camilleri: “Riccardino”…

06/07/2020

Una confessione imbarazzante

È dura dover confessare al proprio coniuge un’azione indegna, alla soglia dei sessant’anni: non mi era mai accaduto fino ad ora un evento così spregevole...

08/06/2020

Il tubetto del dentifricio

Non riesci mai a capire quando è finito il dentifricio, con questi tubetti di plastica che riprendono sempre la loro forma iniziale, anche se li spremi...
AUDIO

18/05/2020

Si riparte

Oggi comincia una nuova fase, in cui la maggior parte di aziende e negozi riprenderà la propria attività, rispettando le dovute prescrizioni...

04/05/2020

A modo mio

Non si tratta della famosa macchinetta del caffè, bensì della maniera in cui trascorro l’ultimo fine settimana, prima di riprendere il lavoro a tempo pieno, lunedì 4 maggio…
AUDIO

28/04/2020

Nei giardini che nessuno sa

Coronavirus, bufale o realtà? “Inutile salvare obesi e fumatori…”, e ancora: “Gli ottantenni esclusi dalla terapia intensiva”...

20/04/2020

Una Pasqua sorprendente

E’ il giorno di Pasqua. Grazia ed io siamo a casa da soli. A mezzogiorno esatto, con una giornata meravigliosa, cielo azzurrissimo e sole splendente, apro tutte le porte e le finestre e “sparo” al massimo volume l’Hallelujah di Händel…

13/04/2020

Mamma

In occasione della scomparsa della loro mamma, dedico questo ricordo, pubblicato sette anni fa, al nostro direttore Ubaldo Vallini e alle sue sorelle Eliana e Nunzia. AUDIO