19 Aprile 2020, 11.56
Gavardo Valsabbia
Lettere

Il desiderio di tornare a cantare

di Umberto Averoldi

«Ho una passione che da quarant’anni mi accompagna: faccio parte come corista nel Coro “La Faita” di Gavardo»

 
Un coro che prima di tutto si ritrova (si ritrovava) nell’incontro con gli amici cantori in sede per le prove, per una passione che si coltiva nello stare insieme durante lo studio del canto, mentre l’emozione sfocia nell’esecuzione del brano che il cantore, dopo varie prove, deve saper trasmettere al pubblico.

Ormai sono settimane che il coro non si incontra,
causa questa situazione che ci ha travolti e trasformati, e in questo tempo - vista anche la poca memoria ci sta portando via poesie, suoni e ricordi - è come se qualcuno abbia voluto farci uno sgambetto, a mio parere di pessimo gusto, togliendoci la possibilità di un incontro, di un concerto, di un saluto e un abbraccio tra noi e verso il nostro pubblico.

Persone vicine al coro sono venute a mancare, come l’amico Marco, e Pietro papà di Marcello, un nostro cantore.
In queste settimane siamo stati costretti a rimanere in casa e in tutto questo tempo ho potuto vedere e ascoltare diversi momenti canori-musicali di molte persone che dai balconi e dalle finestre suonavano, cantavano e applaudivano: certo un momento di condivisione di sostegno reciproco per i malati, e di ringraziamento a chi, in questi giorni, è stato in prima linea come i nostri medici e operatori sanitari.

In questo lungo periodo anche il mondo corale bresciano ha voluto essere vicino alle persone in difficoltà.
C’è stato chi, in modo bizzarro ed innovativo, ha cantato e trasmesso tramite social, chi con contributo a sostegno ad associazioni o ospedali, altri in modo silenzioso e privato.

Si parla tanto in questi giorni del fatto che da questa esperienza ne “verremo fuori “cambiati.

Che sia la volta buona! Dico io. Certo il non sapere quando tutto finirà è un rebus, anche per noi coristi esattamente non sappiamo come sarà possibile ritornare alla normalità, cantare spalla a spalla, creare insieme suoni ed armonie, proporre pubblici concerti: tutto questo ad oggi non è possibile e penso lo sarà per un lungo periodo.

E’ da tempo che il mondo corale non viene considerato e sta lentamente morendo.
Lo diceva tempo fa anche il nostro amico e compositore Bepi De Marzi: viviamo un disfacimento progressivo dei cori perché “si sta cantando per esibizionismo e soprattutto senza un perché” ; il concerto per il concerto, con motivazioni artistiche, poetiche e musicali è pressoché scomparso.
A mio parere da una parte è vero, ma non avrei mai pensato che il mondo dei cori finisse così drasticamente causa il coronavirus.

Nei giorni di auguri per la festività della Santa Pasqua, ho avuto l’occasione e il piacere di sentire telefonicamente l’amico Battista, presidente del Coro Monte Castello di Tignale e chiacchierando del più e del meno ci siamo soffermati al dopo pandemia, si diceva: quando sarà possibile riunire i nostri cori per le prove, in quale ambiente e quali distanze dovremmo tenere per salvaguardare la nostra sicurezza, se sarà mai possibile cantare entro tempi brevi, riusciremo a mantenere quella armonia vocale (timbro) che il coro sa diffondere e per il quale si distingue.

Qualcosa bisogna pur pensare e vi assicuro che un po’ di preoccupazione si sentiva anche dal tono di voce al di la del telefono, segno di condivisa tristezza.

Soluzioni naturalmente sono da ricercare.
Potremmo, per esempio, approfittare della ripresa per assecondare il bisogno di rinnovamento: servono cantori giovani, capaci di un impegno costante: troppi giovani cantano in solitario o sotto la doccia mentre sappiamo che i cori delle nostre zone sono in cerca di voci fresche, come il Coro “La Faita” che da anni si impegna nella ricerca di nuove leve.

Dobbiamo fare di tutto per mantenere questa importante realtà dei nostri paesi, mantenendo i ricordi e la storia del nostro passato ma pure aprendoci al nuovo.
Solo così, credo si potrà riprendere con rinnovato entusiasmo – fra mesi o fra un anno - e ripartire insieme a tutti gli amanti del canto.
E per “La Faita” sarà così possibile festeggiare cinquantacinque anni di vita corale popolare.

Umberto Averoldi



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