28 Giugno 2020, 09.05
Gavardo
Blog - Maestro John

Scarpe, scarpù e scarpulì

di Maestro John

Alcune settimane fa ci ha lasciati Aristide Fontana, che ha fatto il calzolaio per una vita. Lavorava in via Gosa con suo fratello “Giovannino” e Gianni Tebaldini, che abita a Prevalle ed è nipote della Gina Tortelli. Conosco la figlia Clara, una maestra simpatica e molto preparata

 
Gavardo vanta una tradizione di calzolai. C’è un fascino misterioso nella bottega del ciabattino: tutti quegli attrezzi sopra il tavolinetto, tutte quelle scarpe, scarponi, ciabatte (“söbre e saàte”), tutti quei movimenti precisi dello “scarpulì”, spesso illuminati da una luce tenue, quasi fiabesca. E quei suoni, che un’antica filastrocca onomatopeica ha racchiuso nel “Tic e tic tac, tachèm i tac…”

La mia amica Daniela mi ha detto: “Una volta c’erano molti calzolai e poche scarpe”.
E allora le si faceva risuolare molte volte, perché rappresentavano un bene prezioso, ed era fortunato chi ne aveva due paia: uno per tutti i giorni  ed uno per la festa.

Il lavoro del calzolaio era (ed è) un’arte di grande abilità e precisione. Nella sua bottega c’è un mondo: rivestito di un grembiule di cuoio, il calzolaio taglia, perfora, batte, cuce, gratta, incolla, e non mancano le conversazioni con i clienti che, mentre aspettano le proprie scarpe, trascorrono il tempo a parlare dei fatti della vita.

Qui citerò alcuni calzolai, e mi scuso se qualcuno non lo ricordo.
Quando mio papà aveva aperto il negozio di scarpe in via Quarena, in società con il Contarelli (molti lo chiamavano “el Contarell”) sopra abitava la famiglia di Mario Mabellini.
Il caro Mario aveva un laboratorio di calzolaio, era figlio di Andrea (il mitico “Dieci"), e con la cara moglie Anita aveva creato una bella famiglia, con i figli Angelo, Andreina ed Angelita.
Mario era una delle persone più buone e gentili che ho mai conosciuto.

È stato storico direttore della banda Viribus Unitis di Gavardo, di quella di Muscoline e per tanti anni della banda “Nestore Baronchelli” di Sopraponte, trasmettendo l’arte musicale a centinaia di giovani. Grande Mario!

Mio papà, oltre alle scarpe, vendeva anche cuoio e chiodi, che si pesavano sulla bilancia.
Per ingraziarsi i clienti, andava su e giù a Salò con il tram, per portare certificati e per far aggiustare le scarpe a Salò dal Tonèla. Inoltre riforniva alcuni calzolai della zona: Leni di Soprazzocco, Valmore di Gazzane di Roè Volciano e Ziliani di Villanuova (che aveva sposato la sorella della Carmela Maioli).

Pierangelo Goffi mi ha gentilmente scritto
(sentita anche sua cugina Ermelinda, sorella del mitico Cesare) che mio papà (insieme al Contarelli di Salò ed all’Abarabini Piero) è stato a bottega per un po’ di tempo da suo nonno Pietro, per imparare il mestiere.

Il nome del negozio di calzoleria era "Bue d’oro", si trovava in via Fratte, presso l’abitazione di famiglia (dove ora c’è il negozio di scarpe Bianchini) ed aveva una bellissima insegna in ferro battuto che raffigurava la testa di un bue.
Il negozio era il più importante della zona e nei momenti d’oro, tra le due guerre, vi lavoravano anche 6/7 persone.
Il negozio avrebbe dovuto essere preso in carico dai due figli Emilio e Ferruccio, che purtroppo morirono subito dopo la guerra. Il nonno Piero continuò per qualche tempo l’attività in tono minore, e si era specializzato nella produzione di calzature "su misura" e ciabatte, che esponeva sulla via il mercoledì mattina, giorno di mercato.
Goffi Piero era nonno di Ferruccio, Clara, Cesare, Pierangelo, Ermelinda e Diana.

L’Abarabini (papà del mio coscritto Osvaldo) a sua volta ha poi aperto una calzoleria in via Monte.
C’era Tebaldini Arturo, nonno dell’omonimo nipote (attuale presidente dell’Avis): si autodefiniva il tenente dei ciabattini.
Abitava in Via Mazzini, era un amante della lettura: la moglie Maria, mentre lui confezionava o risuolava scarpe, gli leggeva ad alta voce i libri (come racconta la nipote Simona).
Era stato combattente della Grande Guerra, un ardito fortunatamente tornato a casa sano e salvo.

Era un uomo intelligente ed istruito, sapeva fare delle bellissime scarpe da donna oltre che da uomo.
Spesso passeggiava verso il cimitero col suo fedele cagnolino. Quando morì, il suo cane compì lo stesso tragitto ogni giorno.

Queste cose le ha scritte il grande Antonio Abastanotti (che mi onora della sua amicizia).
Ricorda che nella piazzetta San Bernardino c’era la bottega di calzolaio del sig. Rivetta Luigi (nonno dell’indimenticata suor Rivetta): abitava con la sua famiglia sopra il negozio.
Al 1° piano sopra il negozio di macelleria, abitava il calzolaio Leni Serafino, detto “El Serafì”.

Un altro calzolaio era “il bersagliere”, aveva il botteghino, dove ora c’è l’ultima vetrina delle Vitton Mea.
Si racconta che un giorno la Guardia di Finanza ebbe ad interpellarlo poiché non pagava le tasse: lui, invalido di guerra, rispose di averle sempre pagate le tazze (intendendo i bicchieri).

Antonio ricorda il calzolaio Cargnoni, che ebbe la casa distrutta dal bombardamento.
Ricorda che, durante l’episodio del camion americano che travolse e uccise molte persone sul ponte, Tebaldini Giuseppe detto “il Gelsomino” rimase ferito gravemente, ma si riprese, potendo cosi continuare la sua attività di calzolaio.
Me lo ricordo, coi suoi baffetti ed il cappello, quando abitavo in Piazza De Medici. Nella via Mangano c’era il negozio di frutta, verdura e dolciumi della Copponi (paradiso di noi bambini): il papà faceva il calzolaio.
Il figlio Teodoro fu eroico partigiano nell’eccidio di Provaglio Valsabbia: non aveva ancora 19 anni.

A quel tempo i calzolai non facevano solo riparazioni
, confezionavano anche le scarpe. In Piazza della Chiesa c’era la casa di Andrea Cargnoni, fratello del sagrista, con un piccolo negozio di calzolaio: da lui Aristide Fontana imparò l’arte.

L’elenco non è finito
. Calzolaio era Angelo Cavagnini in via Fratte (ora via Quarena).
Il papà della Luciana Noci, il signor Romolo, anche lui faceva il calzolaio in una stanza della casa dove ora c’è la sede della Banda. Era nel corpo dei Bersaglieri ed era stato leso ad un occhio a causa degli eventi bellici.

Ho conosciuto molto bene il Battista Poletti, che lavorava in via dietro Chiesa e poi nella casa Poletti vicina all’Oratorio.
Era da quel terrazzo che mio papà mi chiamava per dare una mano in negozio.
Io giocavo felice, e se qualcuno avesse chiesto: “Chi è il re del balunsì?” La risposta non poteva essere che una sola: “Èl John Comini, el fiöl de chel dele scarpe.”

Ricordo di aver acquistato un paio di zoccoli dal signor Bortolotti,
padre di Gilberto, che metteva le tomaie con i colori delle squadre: io ovviamente acquistai degli splendidi zoccoli bianconeri… 
Ho avuto la fortuna di conoscere un bravo calzolaio: Vincenzo Mangiarini, marito di Agnese e simpatico padre dei miei amici Beppe, Marilena ed Elena. Aveva recitato con il Gruppo Teatrale Gavardese del grande Tano Mora, e nello spettacolo “W il parroco” interpretava magnificamente il sagrestano “Burtulì”.

Attualmente in piazza Zanardelli c’è Giuseppe Bignotti, mastro calzolaio 2.0, che ha un curriculum lavorativo di tutto rispetto.
Ha svolto approfondite esperienze professionali in Italia e all’estero, come modellista (anche in un laboratorio ortopedico, dove ha prodotto calzature su misura) sia come riparatore di calzature e articoli in pelle, realizzazione di articoli come borse, cinture, collari, prima a Toscolano ed oggi a Gavardo. Non va dimenticato che ha svolto 8 anni di servizio internazionale di cooperazione presso 3 progetti distinti in Brasile, lavorando anche in un laboratorio per la fabbricazione di calzature su misura per disabili, in collaborazione con persone in loco. 

Tornando al negozio di mio papà, nel 1958 da via Quarena si trasferì in piazza Marconi, dove venne gestito da mio fratello Franco (con mia zia Giulia, che tutti pensavano fosse mia mamma). Ora c’è il mio simpatico nipote Stefano.

Il 15 giugno 1965  venne aperto un nuovo negozio a Salò, in Via San Carlo, gestito da mio fratello Dino. Mio papà passava molto tempo sulla corriera da Gavardo a Salò con un pacco di scarpe legato con lo spago, per poi ritornare, sempre con il suo pacco di scarpe (in una scatola c’erano anche i soldi, ma questo non si doveva sapere…).

Nel febbraio del 1999 Dino cede il negozio al figlio Marco che circa un anno più tardi, il 12 marzo 2000, inaugura i nuovi locali elegantemente rinnovati.
Il sottoscritto ha lavorato nei due negozi, per parecchi anni.

La mia vita, prima di sposarmi, era invasa dalle scarpe.
C’erano scarpe da mettere in vetrina, scarpe da togliere dagli scatoloni, scarpe da portare dal calzolaio, scarpe scompaiate, scarpe d’occasione.
Avevo scarpe anche nella mia camera, sotto il letto.

Il cliente (che ha sempre ragione) di solito voleva “Un pér de scarpe bèle, che le dűre tant e che le coste pócc!”.
Se diceva: “Sono strette”, bisognava rispondere: “Poi camminando si allargano”.
Se il cliente diceva “Sono larghe” si rispondeva: “Poi con l’umidità si restringono”.
Certe notti mia zia Giulia in sogno vendeva le scarpe e diceva: “37, 37 e més”. Insomma, il motto della mia famiglia era “scarpe diem”.

C’è un detto che dice: “Ci sono due cose di cui non ne hai mai abbastanza: buoni amici e buone scarpe.”
Potrei scrivere un libro sul mondo del negozio, così farei contento quell’anonimo gavardese che, su sollecitazione di “una comune amica carissima”, mi ha gentilmente dedicato la gustosa lettera per il mio onomastico.
Perciò mi firmo, una tantum, San John (martire della mia attuale moglie)

Infine, vorrei ricordare Maria Ragnoli detta Gabriella,
di Serle, moglie di Giuseppe Bresciani.
L’ho conosciuta quando lavoravo presso la Rivista “Madre” di don Mario Pasini: era una persona stupenda, buonissima e sempre gentile con tutti.

Ciao, Gabriella!

Nelle foto:
1) Aristide Fontana con suo fratello “Giovannino” e Gianni Tebaldini
2) Vincenzo Mangiarini con il nipotino Francesco
3) Pietro Goffi
4) Davanti al negozio: mia zia Giulia, mio papà, un cliente e mia sorella Rita

Grazie ad Antonio Abastanotti, a Pierangelo Goffi ed a sua cugina Ermelinda per le preziose testimonianze.





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