30 Agosto 2020, 07.52
Gavardo Valsabbia
Blog - Maestro John

Alla ricerca del tempo passato

di Maestro John

Ognuno ha una passione: sport, arte, viaggi, cucina…C’è chi è appassionato di paleontologia e archeologia, e anche in vacanza dedica il proprio tempo a cercare tracce del lontano passato.

 
Ne ho avuto l’ennesima prova al sito palafitticolo di Lucone di Polpenazze, durante una passeggiata con alcuni amici.
Con Mauro Abastanotti e il fratello Aldo, tornato da Roma per qualche giorno, qualche giorno fa abbiamo pensato di fare una bella camminata nella splendida zona dei laghetti di Puegnago.

Si è aggregato l’amico Marco Piccoli (animatore del Progetto Saharawi, marito della entusiastica Roberta e padre di due ragazzi, Francesco e Matteo, simpatici juventini).
Mi son portato l’ombrello, perché le previsioni davano pioggia sicura. Così sicura che l’ho usato per proteggermi dai dardi solari.

Mentre camminiamo chiacchierando di tutto e di più, incrociamo un gruppo di ciclisti dell’Avis guidato da Mirko, mio omonimo, e chiuso dal mio grande nipote Sergio Avanzi. Mirko si ferma a salutare Aldo, che non vedeva da una vita.

Passiamo dalla zona del Lucone
. Nella tensostruttura che protegge gli scavi, vediamo numerose persone che lavorano. Mi colpiscono il silenzio, l’applicazione in ogni gesto, i dialoghi sussurrati. Mi sembrano strani sacerdoti intenti a decifrare i segni di antiche divinità.

Ci accoglie Angelo Lando, in maglietta e stivaloni. Lo conosco da quando insegnavo a Prevalle. Era passato nelle classi (introdotto dall’amico maestro Angelo Mora) a spiegare ai bambini i misteri e la bellezza dell’archeologia. Era accompagnato dal  maestro Piero Simoni, di cui Lando è stato studente. Con Angelo Lando abbiamo visitato il Buco del Frate, con il saggio Vincenzo Ondei, gli Alpini ed i Volontari della Protezione Civile.

C’era anche il leggendario Francesco Maioli, per tutti “Cecco”, col suo fedele cappello alpino compagno di tante avventure, uno dei primissimi “esploratori” del Gruppo Grotte Gavardo.
I bambini, con tanto di caschi, attraverso corde, scale ed illuminazione artificiale, erano scesi nelle profondità della grotta. La discesa sdrucciolevole, le stalattiti, il fango, l’argilla, hanno suscitato un’emozione intensa. E quando Angelo Lando ha mostrato, laggiù, nella grotta buia e fredda, la lampada al carburo che usavano i primi esploratori, dai bambini è partito un “oooh!” di meraviglia.
Molti bambini tornando a casa dopo una giornata di pioggia, sporchi e stanchissimi, hanno gridato: “È stata la più bella gita della mia vita!”

La passione, appunto.
Il maestro Piero, nella primavera del 1954, con gli amici Sandro Dusi, Alberto Grumi (mio maestro!), Alfredo Franzini e Silvio Venturelli decisero di curiosare nella grotta del “Büs del Frà”.
Lì, dopo varie ricerche, rinvennero una gran quantità di reperti ossei dell’ursus spelaeus. L’entusiasmo fu così contagioso che molte altre persone parteciparono a questa attività di ricerca, come il grande Giuseppe Lavo di Villanuova. 
E poi come Angelo Lando, che da studente incantato è diventato ricercatore appassionato.

Tornando al Lucone, Marco Piccoli ha incontrato il direttore del MAVS (Museo Archeologico della Valle Sabbia), il dott. Marco Baioni, che segue le ricerche con competenza e dedizione.
Lucone è il bacino di un lago, ora prosciugato. È uno dei ritrovamenti palafitticoli iscritto dal 2011 nella Lista del Patrimonio dell’Umanità, nell’ambito del sito Unesco seriale delle palafitte dell’arco alpino.

Il primo ritrovamento risale al 1963, grazie alla maestra Isa Marchiori.
La sovraintendenza affidava le ricerche al Gruppo Grotte Gavardo, che sotto la guida di Piero Simoni compì nel 1965 una prima campagna di scavi. Fra i tanti ritrovamenti vi fu l’eccezionale recupero di una piroga scavata in un tronco: una piroga di 4000 anni fa, ma ci pensate?
Esperti archeologi, volontari, studenti impegnati nell’alternanza scuola-lavoro hanno continuato a scavare, con ritrovamenti emozionanti.

Come la scoperta del cranio di «Gabri» (così ribattezzato dal volontario che lo scoprì, Gabriele Bocchio).
O come lo scheletro di un bambino, di circa tre anni, ritrovato nello strato più profondo dello scavo. O un forno di terracotta, ancora intatto, recuperato grazie alla collaborazione di una studentessa della Scuola di restauro di Venezia, con la quale il museo ha una convenzione.
Gli scavi al Lucone avvengono nel periodo estivo perché è quello, in genere, più secco.

La storia del Lucone inizia un giorno del 2034 a.C.
(età del bronzo), quando un gruppo di uomini scelse di abbattere querce centenarie per costruire un villaggio di palafitte. I pali vennero infissi nei limi lacustri per sorreggere gli impalcati lignei delle case, costruite direttamente sull’acqua.

Vent’anni dopo, purtroppo per quegli uomini (ma per la gioia degli archeologi) il villaggio subì un incendio devastante: tutto quel che c’era sulle palafitte finì in acqua. Ecco perché numerose travi sono rinvenute semicarbonizzate: una volta incendiatesi erano cadute nell’acqua, spegnendosi. Il simpatico popolo del Lucone decise di rifondare un nuovo villaggio, che visse ancora cinquant’anni per poi venire abbandonato.

Molto spesso si pensa all’archeologo come a un Indiana Jones, alla ricerca di reperti rari e preziosi in luoghi sperduti.
Essere archeologo significa invece combattere ogni giorno per la tutela dei beni archeologici, siano essi degli splendidi vasi o delle ordinarie stoviglie di terracotta.

Essere archeologo non è un mestiere, è una passione: anni e anni di incessante lavoro.
Non si può intraprendere questo tipo di studi se si cerca solo un guadagno economico. Proprio adesso leggo che al Lucone è stata scoperta una porta preistorica con chiavistello inserito! Che bellezza! Grazie, ragazzi! E grazie ai nostri antenati del lago Lucone.

Chissà che vita difficile avranno avuto. Quasi come quella degli automobilisti quando il sottopasso di Prevalle è allagato…
“Un archeologo è un marito ideale. Più invecchi e più si interessa a te.” (Agatha Christie)
 
Ci sentiamo la settimana prossima, a Dio piacendo,
maestro John

Nelle foto: 
1) Il maestro Simoni (con Angelo Lando) parla di archeologia ai ragazzi (foto dell’amico maestro Angelo Mora)
2) Angelo Lando ci spiega i lavori al Lucone
3) Foto d’archivio all’ingresso del Buco del Frate, con il mitico Cecco Maioli, l’indimenticabile Cesare Cavagnini e tanti amici intorno
4) L’avvocato Marco Piccoli, Mauro e Aldo Abastanotti con il sottoscritto sotto l’ombrello




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