Ripercussioni sull'edilizia e le casse comunali

La crisi che sta colpendo il settore produttivo di Casto, in buona parte impiegato nelle maniglieri e nella lavorazione dei metalli, ha ripercussioni sull’intero comparto economico del paese, dall’edilizia produttiva a quella privata, e conseguenze anche per le casse comunali.

Infatti, gli oneri di urbanizzazione che negli anni scorsi viaggiava attorno alla considerevole cifra di 100 mila euro si attesteranno per quest’anno a 30mila.

La stagnazione nel comparto industriale comporta anche meno denaro per i cittadini e meno richieste per costruire nuove abitazioni, nonostante a Casto lo spazio l’edilizia residenziale ci sia.

«Mancano le richieste dei cittadini – ha dichiarato Francesco Franzoni, vicesindaco del comune valsabbino -. L’economia del paese, dedita soprattutto alla lavorazione dei metalli, si è fermata. Per questo non si costruiscono più capannoni in un paese che, con Odolo, fino a ieri era esempio di produttività. Così come non si costruiscono più nuove case».

L’Ici infatti negli ultimi quattro anni ha avuto un costante incremento, nonostante le aliquote siano rimaste invariate da anni, passando dai 270.000 euro ai 370.000 euro.

«Sulla prima casa c’è il 5 per mille, che ora scomparirà, che garantiva 60mila euro (ripianato però dallo Stato). Sulle seconde case e sulle aree urbanizzate e produttive, c’è il 6 per mille, per un incasso oltre i 300mila euro: ma anche qui le prospettive non sono le migliori».
Ma la situazione economica non è delle migliori «La crisi, già in atto, interessa maniglierie, rubinetterie ed aziende del settore casalinghi, ma non risparmia le altre. E il tessuto produttivo di Casto, fatto soprattutto di piccole aziende, per uscire dalla crisi dovrebbe investire in macchinari. Ma la ridotta dimensione impedisce di avere la forza per farlo».

Ma quali potrebbero essere le soluzioni per uscire da questa situazione? «Non è solo questione di globalizzazione - osserva Franzoni - ma di una mutazione dei tempi. In passato, quando la Casto economica cresceva, la sua forza era l’enorme “capitale umano” , compresi i titolari che spesso lavoravano in azienda anche più dell’operaio, che pur ci rimaneva anche 12 ore».
Ora lavorare giorno e notte in fabbrica non basta: «Questo dovrebbero capire i molti piccoli artigiani di Casto; ma poi non hanno comunque la forza per reagire ed adeguarsi al nuovo, fatto non più di lavoro ma di investimento, formazione e modernizzazione. A predominare sono oggi macchine e scolarizzazione (per formare dirigenti moderni), mentre il costo della manodopera incide troppo».

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