«La leonessa» in ricordo di Silvestro Cappa

Nel quarto anniversario della scomparsa dello scultore Silvestro Cappa, la moglie Matilde Bossini e i figli Gian Carlo, Caterina e Angela hanno voluto ricordare la figura e l’opera del proprio congiunto donando alla comunità vestonese la scultura dal titolo «La leonessa», un’opera lignea di grandi dimensioni che da alcuni giorni si può ammirare nel piccolo ma significativo spazio messo a disposizione dall’Amministrazione comunale nel centro storico di Vestone.

Nato a Vestone nel 1929, secondogenito di una numerosa famiglia, crebbe a contatto con la natura e maturò fin da ragazzo la passione per il legno, ereditata al nonno paterno. Anche le sue prime esperienze lavorative ebbero come filo conduttore l’ambiente naturale: fu boscaiolo, prima in Trentino, poi in Piemonte e successivamente in Svizzera.

Lasciata alle spalle la stagione dell’emigrazione, si avvicinò alla sua amata Valle Sabbia lavorando, sempre come boscaiolo, a Concesio, in Vaghezza e infine a Manerba del Garda.

Proprio in quegli anni cominciò ad intagliare piccoli animali. Smessi i panni del boscaiolo, si mise a coltivare un piccolo podere a Ronco di Gussago e proseguì nel suo percorso artistico. Incoraggiato dai lusinghieri riconoscimenti ottenuti nel corso delle mostre realizzate, tanto dalla critica quanto dagli appassionati d’arte, nei primi anni settanta si dedicò unicamente alla scultura, trasferendosi a Bedizzole. Nel 1977 rientrò nella sua Vestone dove, grazie al suo lavoro d’artista, aveva acquistato una casa con un po’ di campagna e un po’ di bosco. Nella Vestone degli anni settanta consolidò il profondo legame di amicizia che lo univa e Ottorino Garosio e iniziò un denso percorso espositivo che lo portò a realizzare mostre sia in Italia che all’estero.

Studiando un pezzo di legno era in grado di prevedere il prodotto finale, ma alle sculture lavorava anche 18 ore al giorno. Sia alzava molto presto il mattino e andava a dormire a mezzanotte. Nelle ore notturne sbozzava le opere, mentre di giorno si occupava delle finiture. L’amico e artista Eugenio Busi ricorda che «quando picchiava sugli scalpelli erano colpi di sapienza montanara». Una sapienza che Cappa ha saputo trasformare in arte.

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