23 Settembre 2008, 00.00
Valsabbia - C
Convegno

Le Comunità Montane contro l’estinzione

“Non siamo un costo ma rappresentiamo il 17% del Pil”. Lo ha ribadito il presidente dell’Uncem Borghi dopo l’annuncio del sottosegretario Molgora di un progetto governativo teso a cancellare gli organismi territoriali.

“Le Comunità Montane sono un organismo finito ormai fuori controllo. È necessario fare piazza pulita, sgomberare tutte le macerie e ripartire”. È con questo deciso intervento, che lascia pochi dubbi circa il futuro degli enti che dal 1971 ad oggi governano i territori montani d’Italia, che il sottosegretario al Ministero dell'Economia e Finanze Daniele Molgora ha aperto i lavori del convegno “Le Comunità Montane: una storia, un futuro”, svoltosi ieri mattina al polivalente di Idro.

Molgora, per altro, è stato l’unico rappresentante delle Istituzioni di alto livello ad avere il coraggio e il merito di comunicare non delle decisioni personali o del proprio partito, la Lega, ma della collegialità del Governo sul futuro delle comunità montane.
Gli ha risposto a stretto giro di tavolo Enrico Borghi presidente dell’Unione Nazionale Comuni, Comunità ed Enti Montani (Uncem), ricordando che: “La montagna che noi rappresentiamo da quasi quarant’anni produce il 17% del Pil italiano. Le Comunità Montane non sono solo carrozzoni dove vanno a sedersi i cosiddetti trombati della politica, ma rappresentano tutta la gente di montagna che vede il proprio territorio espropriato dei beni a vantaggio di altre aree più fortunate come collocazione geografica”. Borghi ha sottolineato anche l’esiguità degli stanziamenti riservati alla popolazione che abita in montagna, un territorio tutelato anche dall’articolo 44 della Costituzione Italiana.

E nonostante i ristretti finanziamenti ricevuti annualmente da Roma, 180 milioni di euro nel massimo storico destinati a diventare 30 milioni nel 2011, “gli interventi delle Comunità Montane hanno spesso un impatto economico pari o inferiore a quelli effettuati nelle grandi aree metropolitane e suppliscono a carenze del Governo centrale” ha ricordato Ermano Pasini, presidente della Comunità Valle Sabbia organizzatrice del convegno in collaborazione con la Provincia di Brescia, la Regione Lombardia e l’Uncem. “Abbiamo dimostrato come l’ente Comunità non sia necessariamente un costo” ha continuato Pasini. “Se c’è programmazione, una gestione politica intelligente, vocazione alla diversificazione degli investimenti, essa può trasformarsi in un volano di sviluppo per i comuni associati” ha concluso.

Gian Antonio Stella, co-autore del libro “La Casta” che ha portato alla ribalta il tema dello spreco delle Comunità Montane, è stato anche il più strenuo difensore del modello di gestione dei territori montuosi italiani avviato come noto dalla legge 1102 del 1971. “Anche le Comunità Montane dovrebbero fare come il Comune di Catania o la Regione Sicilia che rivendicano, come ricatto per l’accettazione del federalismo fiscale, l’acquisizione delle accise sulla raffinazione del gas che avviene sul territorio siciliano” ha dichiarato il giornalista. Per esempio, i comuni montani dovrebbero incominciare a rivendicare le stesse pretese sullo sfruttamento idrico, e a monte del processo industriale energetico che ne scaturisce.

La Regione Lombardia, rappresentata oggi dal consigliere Vanni Ligasacchi e dall’Assessore al Territorio Mario Scotti si è proclamata pronta a dare tutto il necessario sostegno affinché le Comunità Montane continuino ad esistere come strumento di governo di territori altrimenti destinati a restare ai margini della competizione e dello sviluppo. “La nostra Regione – ha ricordato Ligasacchi – ha modificato da poco la propria normativa, riducendo il numero delle comunità lombarde da 30 a 23”. Pur precisando funzioni e procedure e distinguendo le possibilità di scelta dei comuni fra l’adesione alla Comunità Montana del territorio di riferimento o la creazione di un’unione di comuni, la nuova legge regionale ha lasciato comunque un notevole margine d’incertezza sul futuro.

Alla vigilia del 30 settembre, termine ultimo imposto dalla Finanziaria per il riordino delle Comunità, la Valle Sabbia si fa dunque capofila per difendere il diritto alla crescita e allo sviluppo delle aree alpine del Paese. Pur riconoscendo che c’è forse anche un problema di aggiornamento, sia nella formazione del personale amministrativo che nella cultura politica degli organismi nel mirino dei tagli, il rischio è buttare via un know how e un presidio territoriale insostituibile, spesso con funzioni di supplenza del governo centrale, come nei servizi sociali, raccolta rifiuti, infrastrutture.

E se la Comunità valsabbina parla a nome di tutte le sorelle d’Italia, sa di poterlo fare perché forte di primati di eccellenza e virtuosità che la rendono un modello, come ha spiegato Giancarlo Moretti dell’Istituto di Ricerche “Il Poliedro” che ha presentato un accurato studio del modello Valle Sabbia, evidenziandone eccellenze e unicità.

I dati parlano chiaro: alle Comunità Montane lo Stato versa ogni anno 140 milioni di euro, meno di quella che è la perdita di Alitalia ogni giorno. E Comunità virtuose come la Valle Sabbia sono in grado di movimentare investimenti sul territorio per cifre doppie o triple rispetto al finanziamento pubblico ricevuto, dimostrando come i territori montuosi italiani, che sono anche i più deboli e marginali del Paese, siano degni di veder garantito, come prevede la nostra Costituzione, un modello di sviluppo, anche nella attuale complessa fase di competizione globale, pari a quello delle aree più importanti e geograficamente avvantaggiate.

La Comunità Valle Sabbia sin dall’inizio della sua esperienza si è dotata del Piano di Sviluppo Socio Economico, aggiornato nel 2000, che ha guidato le trasformazioni del territorio, soprattutto negli anni difficili della crisi delle grandi imprese siderurgiche. Inoltre la Comunità ha sempre agito in modo coerente su più fronti sviluppando piani organizzativi innovativi e flessibili della propria struttura amministrativa e sviluppando una programmazione articolata con progetti e azioni precise, puntuali sul territorio con particolare attenzione ai comuni minori e alle componenti più deboli della popolazione.

Il “modello” Valle Sabbia si concretizza nei risultati ottenuti sul territorio con una ricca e diversificata rete di progetti, fra i quali spiccano il polo catastale della Valle Sabbia Brescia Est, la realizzazione dell’Agenzia Territoriale per il Turismo, della rete di comunicazione a banda larga, del sistema integrato fra Lago d'Idro e fiume Chiese, della rete di servizi tecnici e amministrativi a favore dei Comuni. Particolarmente importante è stata infine la creazione della Secoval srl, dedicata alla gestione dei servizi comunali.

Fonte: comunicato stampa Peroni e Vitale Comunicazione


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